La libertà è uno dei valori più importanti dell’uomo. Spesso ci si sente “incatenati” a causa delle regole imposte dalla società. Cosa fare, quindi, per liberarsi? Una soluzione è quella proposta da Paolo Crepet, sintetizzata all’interno della frase contenuta nel libro “La gioia di educare”.
“Senza cultura non c’è libertà, non c’è scelta. Non c’è crescita sociale, né reale benessere”.
La cultura come strumento per la libertà
Cosa significa, oggi, essere liberi? Come ci dice Crepet, la cultura, o semplicemente la consapevolezza di noi stessi e degli altri, contribuiscono alla libertà. Perché possiamo scegliere. Poter scegliere chi siamo e poter essere ciò che vogliamo: questo ci consente di essere liberi. In mondo in continua evoluzione, cambiamento, disfacimento e in un momento storico con così tanta esigenza di rinascita, essere consapevoli è la chiave per non essere schiavi.
Non essere schiavi di un sistema imposto dall’alto, schiavi delle opinioni di altri, delle esigenze. Leggere, aprire le porte della mente e utilizzare la cultura per questa impresa, è la formula per decodificare una realtà sempre più complessa, dove la nostra parola e il nostro pensiero, sono frutto dei nostri occhi aperti.
Così si ha il progresso, così si riesce ad andare avanti, quando riusciamo ad aprire gli occhi. Educare alla cultura significa educare a sapere guardare.
Dove non c’è cultura, non c’è libertà
Lo psichiatra, sociologo, saggista e opinionista Paolo Crepet con questa frase affronta il tema della cultura e della libertà, punti cardine su cui improntare l’educazione di ogni ragazzo. In un momento storico di così delicato, ricordare l’importanza della conoscenza e della cultura, come strumento di ogni scelta, risulta necessario.
Chi riceve un’adeguata istruzione fin da piccolo, ottiene di conseguenza anche “l’antidoto” per combattere l’ignoranza, la cattiveria, la schiavitù intellettuale ancor prima che fisica. Avere un buon grado di cultura non significa dimostrare di essere colti e intelligenti: essere acculturati significa saper interpretare cosa avviene nella società e capirne i pregi ed i difetti, in modo da non uniformarsi ma applicare la propria libertà di azione e di scelta, che ci rende capaci di poter essere protagonisti della propria vita, senza che nessuno guidi le nostre azioni o indirizzi la nostra volontà a suo piacimento.
La libertà culturale significa concedere alle persone la libertà di scegliere le proprie identità e di vivere la vita come meglio credono, senza essere escluse da altre scelte importanti per la propria persone. In alcune nazioni del mondo, purtroppo, questo diritto viene ancora negato, e conseguentemente non avviene quella crescita sociale che porta al benessere di una comunità.
La gioia di educare
Paolo Crepet, grazie agli incontri e alle conversazioni avute con insegnanti, genitori e bambini più o meno grandi, nel 2008 scrive un libro per sottolineare le fragilità ma anche i punti di forza di una nuova generazione di figli. La questione affrontata in questo libro, è quella educativa.
Da anni Paolo Crepet viaggia lungo l’Italia per comprendere i motivi della crisi silenziosa che attraversa la scuola e la famiglia. Da questo lavoro di ascolto sono nate le riflessioni contenute in “Non siamo capaci di ascoltarli”, “Voi, noi” e “I figli non crescono più”, qui riuniti in un unico volume come capitoli di una stessa opera che parla di una sola, grande e dimenticata questione: l’emergenza educativa.
Educazione ritenuta “urgente”, in un mondo fatto di ostacoli e scelte. Mai come oggi una generazione di giovani aveva vissuto altrettanto benessere e disarmante vulnerabilità. Ragazze e ragazzi cresciuti senza conoscere il senso della frustrazione e del dolore, che tentano di sopravvivere aggrappati a un presente imbalsamato di privilegi, terrorizzati da un futuro insicuro. Giovani che rischiano di invecchiare senza maturare. Identità fragili cresciute in famiglie fragili. Genitori eternamente indecisi tra il ruolo di amici o complici, fra severità e buonismo, controllo e fiducia.
Il rischio di cui parla lo psicologo è “che i nostri ragazzi siano costretti – come i trapezisti di un circo – ad attraversare la vita in equilibrio su una corda sospesa nel vuoto. Mentre gli adulti non sembrano piú in grado di alzare il loro sguardo al cielo”.