Una frase di Ovidio insegna una verità sul valore della vera amicizia

28 Ottobre 2025

Scopri cosa accade all’amicizia quando le cose non vanno nel verso giusto grazie a una frase di Ovidio tratta dai "Tristia".

Una frase di Ovidio insegna una profonda verità sulla vera amicizia

Ci sono frasi universali destinate a diventare proverbi che durano per sempre. Tra queste c’è una frase di Ovidio sull’amicizia che rivela purtroppo rivela una sgradita verità.

Finché sarai fortunato, conterai molti amici; se i tempi si faranno nuvolosi, sarai solo.

Donec eris sospes, multos numerabis amicos: tempora si fuerint nubila, solus eris.

Poche parole che contengono un mondo. Da questi versi emerge la fragilità dei rapporti umani, l’opportunismo, la paura di restare accanto a chi cade in disgrazia. Una lezione scritta duemila anni fa, ma che continua a descrivere l’uomo contemporaneo con precisione chirurgica.

Il Contesto della frase di Ovidio

La frase di Ovidio è tratta dal Libro I, elegia 9, verso 5 della sua opera Tristia (Tristezza) composta durante la sua relegatio, ovvero l’allontanamento da Roma dello scrittore latino, imposta dall’imperatore Augusto nell’ 8 d.C.. Il  poeta romano fu esiliato a Tomi, colonia romana sulle rive del Mar Nero (oggi in Romania) ai confini estremi del mondo civilizzato.

È proprio durante l’esilio Publio Ovidio Nasone scopre la distanza tra la gloria e l’oblio, tra l’amicizia apparente e la solitudine reale. Privato dei suoi affetti, del suo pubblico e della sua città, trova nella scrittura la sola ancora capace di salvarlo dalla disperazione.

Nei Tristia la poesia diventa la sua voce e la sua difesa, un modo per restare vivo nella memoria di Roma anche da lontano.

Per il timore che i suoi amici potessero essere compromessi politicamente, Ovidio non cita mai nomi diretti: le elegie sono rivolte “a nessuno e a tutti”, diventando così confessione e ammonimento universale.

In esse il poeta racconta la delusione di chi, perduta la Fortuna, perde anche gli amici. Scrive per ricordare, ma anche per comprendere, consapevole che la sventura non distrugge i legami, li rivela.

La lezione di Ovidio sul valore dell’amicizia

Publio Ovidio Nasone scopre il valore e la fragilità dell’amicizia nel momento più buio della sua vita: l’esilio.

Fino a quel giorno era stato un poeta amato, celebrato, circondato da amici e ammiratori. Ma quando l’imperatore Augusto lo condanna alla relegatio e la Fortuna gli volta le spalle, i molti che lo incensavano si dileguano.

Nel silenzio del Mar Nero, Ovidio comprende che chi un tempo gli stava accanto per vantaggio, successo o visibilità, ora lo evita per paura di essere coinvolto nella sua disgrazia.

Scrive allora parole che sono una constatazione amara, ma anche una rivelazione:

Donec eris sospes, multos numerabis amicos: tempora si fuerint nubila, solus eris.

Finché sarai fortunato, conterai molti amici; ma se i tempi si faranno nuvolosi, sarai solo.

In quell’esperienza personale, Ovidio capisce ciò che vale per ogni epoca: l’amicizia vera non nasce dalla convenienza, ma dalla presenza vera, quella che non chiede nulla in cambio e che è disposta a dare, a esserci qualunque sia la condizione e il contesto che si sta vivendo.

Il poeta romano aveva già anticipato questa dolorosa riflessione nelle elegia 5, sempre del libro I di Tistia, facendo emergere la ferita ancora aperta di questa scoperta.

È una lettera inviata a un amico rimasto fedele, che il poeta sceglie di non nominare per non metterlo in pericolo.

A lui Ovidio confida la propria delusione, ringraziandolo per non essersi allontanato quando tutti gli altri lo hanno abbandonato.

È qui che scrive:

Finché la Fortuna è propizia e sorride con volto sereno, tutto va dietro alla prosperità inespugnata:
ma, appena tuona, fuggono e nessuno riconosce più quello che poco prima era circondato da schiere di amici.

Poche righe dopo aggiunge:

Di tanti amici me ne restano a mala pena due o tre; tutti gli altri furono fedeli alla Fortuna, non a me.

Nell’elegia 5  è chiaro tutto il suo dolore, confessa la profonda delusione nel constatare che oltre al danno dell’esilio e di dover rinunciare alla vita che conduceva, vive la beffa di dover rimanere solo e allontanato da tutti coloro che prima si premuravano di far sentire la loro vicinanza.

In questi ultimi versi di Ovidio si avverte il poeta scrive con la voce di chi sanguina, di chi è sta vivendo una tragedia esistenziale e scoprire che non esiste quasi più nessuno con cui potere condividere le proprie emozioni.

La frase che si trasforma in proverbio dell’elegia 9 fa emergere invece che la ferita è diventata cicatrice, e la cicatrice proverbio. Ha preso consapevolezza che la natura umana dell’amicizia si fonda sul mero interesse.

Da uomo del suo tempo, Ovidio aveva vissuto l’amicizia come forma di appartenenza e di visibilità. Da esule, la riscopre come fedeltà silenziosa, come gesto che non cerca vantaggio. E quella scoperta non appartiene solo al passato.

Purtroppo, la massima di Ovidio riulta verità. In tutti i momenti in cui la vita cambia improvvisamente direzione, quando un errore, una perdita o una crisi spengono i riflettori, molti scompaiono.
Perché, spesso, i legami si fondano non sull’affetto, ma sull’interesse; non sulla verità del sentimento, ma sulla condivisione dei frutti del successo, della popolarità, della fortuna.

Ovidio lo ha vissuto sulla sua pelle, con la lucidità di chi ha toccato il fondo. Gli amici che restano nei giorni oscuri sono pochi, ma sono veri.

L’amicizia autentica non dipende dalla luce che proiettiamo sul mondo, ma dalla capacità di riconoscersi anche nell’ombra. Chi resta quando perdi tutto, è chi ti ama per quello che sei. Tutti gli altri, semplicemente, erano amici della Fortuna, non tuoi.

L’amicizia esiste ma non è per tutti

L’amicizia esiste ma non è per tutti. È una conquista dell’animo, una forma di amore che non si improvvisa e che richiede consapevolezza. Solo chi ha attraversato la delusione e ha visto svanire presenze che credeva eterne, può capire quanto sia raro trovare qualcuno che resti davvero. L’esperienza vissuta da Ovidio è eloquente riguardo all’argomento.

Molte relazioni nascono dalla luce del successo, dall’entusiasmo di condividere il benessere e la visibilità. Finché tutto procede senza ostacoli, sembra di avere intorno un mondo intero. Ma quando la vita cambia tono, quando l’imprevisto spegne i riflettori, la folla si dirada e resta solo chi sa amare anche nel silenzio.

La maturità di una persona si misura anche da questo. Imparare a vivere l’amicizia sapendo che non tutti resteranno è una forma di libertà. Significa non idealizzare, non aspettarsi perfezione, ma riconoscere il valore di chi sceglie di esserci anche quando non c’è nulla da offrire. Chi ha preso coscienza di questa verità non si chiude alla fiducia, ma la concede con misura, scegliendo con più verità, con più pace, con più cuore.

Publio Ovidio Nasone lo aveva capito nel momento più doloroso, quando l’esilio gli aveva portato via la città, la fama e quasi tutti gli amici. Eppure, in quella solitudine, aveva scoperto che la vera amicizia non ha bisogno della “fortuna” per esistere. È un legame silenzioso, discreto, forte come una radice che resiste al tempo.

L’amicizia autentica è per pochi, ma quando c’è illumina anche i giorni più bui. È il luogo dove non serve fingere, dove non conta vincere, dove basta esserci. E chi la trova, anche solo una volta, sa che in quel gesto di fedeltà c’è tutta la grandezza dell’essere umano.

Quindi, il modo più giusto d’interpretare la massima di Ovidio è che l’amicizia va scelta con cura proprio nei momenti in cui la luce non ha smesso di brillare, avendo chiaro che la vita può riservare degli imprevisti periodi di buio.

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