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La frase di David Foster Wallace che ci stimola a “guardare oltre”

Facciamo nostro l'insegnamento di David Foster Wallace che, attraverso la metafora dei pesci e dell'acqua, ci stimola a non cadere nella banalità.

David Foster Wallace ci dona una frase che dovrebbe diventare il manifesto esplicito dell’imparare a saper guardare oltre, a pensare con la propria testa e a non cadere nell’alienazione sociale e mediatica. 

La frase è un estratto di un discorso che lo scrittore e saggista americano tenne ai giovani laureati del Kenyon College, di Gambler in Ohio (USA) il 21 maggio 2005.

Il discorso poi è entrato a far parte di Questa è l’acqua (This is Water), una raccolta con cinque racconti, pubblicati tra il 1987 e il 1991.

Il titolo della raccolta, per l’appunto Questa è l’acqua è riferito proprio al testo del discorso tenuto dallo scrittore stesso. Negli anni, il discorso di Wallace è divenuto un manifesto di ciò che vuol dire avere una formazione umanistica nell’epoca contemporanea.

La frase di David Foster Wallace sui pesci e l’acqua

Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”

Il senso della storia dei pesci della frase di Wallace è abbastanza chiara. “Spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare.”

Quando si è troppo immersi in un contesto socio-culturale si finisce inevitabilmente per non accorgersi più di ciò che ci circonda. Diventiamo ciechi di fronte a stimoli che invece potrebbero insegnarci molte cose. 

Non ci si rende conto delle cose più ovvie. Si dà per scontato ciò che ci sta intorno, a patto di esserne coscienti. Molti aspetti del vivere quotidiano, proprio perché presenti da sempre sullo sfondo dell’esistenza, ci sono sconosciuti, diventano pressoché invisibili.

Eppure, il contesto che fa da sfondo a ogni esperienza umana agisce silenziosamente sul determinarsi di quel­l’espe­rienza.

Il punto è che non ne siamo pienamente consapevoli. L’acqua è tanta e ci siamo dentro da un bel po’ di tempo.

Anche Albert Einstein ebbe a dire un giorno: “Che ne sa un pesce dell’acqua in cui nuota per tutta la vita?“.

L’ordinario diventa invisibile ai nostri occhi, proprio perché ci siamo immersi dalla nascita, come i pesci nell’acqua. 

La frase di David Foster Wallace è diventata un’icona, al punto di ritrovarla leggermente reinterpretata nel film di animazione della Pixar Soul (2020), dove il personaggio femminile Dorothea Williams dice:

Ho sentito la storia di un pesce. Nuota fino a un pesce più grande e dice: “Sto cercando di trovare questa cosa che chiamano oceano”. “L’oceano?”, dice il pesce più grande, “è quello in cui ti trovi adesso”. “Questo?”, dice il pesce più giovane, “questa è acqua. Quello che voglio è l’oceano.

Bisogna saper uscire fuori dalla banalità

Nello stesso discorso del 2005 rivolto agli studenti del Kenyon College, David Foster Wallace precisa.

La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole.

Il significato è del pensiero di David Foster Wallace è chiaro. L’intento è quello di riscattare l’umanità dalla banalità di tutti i giorni.

È abbastanza comprensibile che agiamo spesso secondo precisi schemi di cui, per la maggior parte delle volte, non ce ne rendiamo neanche conto.

Gli esseri umani si lasciano molte volte trasportare dai modelli di pensiero rilevanti, che permettono quella sicurezza psico-sociale utile a non sentirsi “altro” rispetto al gruppo di appartenenza.  

La mediocrità diventa sopravvivenza e certezza. Ecco perché dalla frase di David Foster Wallace si può cogliere che conoscere, leggere, studiare possono essere le armi “per riuscire a scoprire l’acqua”.

Imparare a scoprire ciò che ci circonda

L’acqua che ci circonda va scoperta, conosciuta e vissuta con la massima consapevolezza. Bisogna saper creare gli anticorpi del pensiero dominante pere saper cogliere gli elementi che possono garantire la vera libertà di pensiero. 

Non importa quanti libri hai letto o leggerai, è la propensione a leggere, a studiare, ad imparare che è diversa. Non è utile ripetere ciò che dicono gli altri, ma intendere il pensiero degli altri. 

Questa si chiama apertura e David Foster Wallace, un genio della nostra epoca, purtroppo morto troppo presto, ci ha saputo lasciare, attraverso una semplice storiella, un messaggio di portata cosmica. 

Il senso del suo pensiero è che le realtà più ovvie spesso sono anche le più difficili da vedere, proprio perché ci siamo dentro dalla nascita.

Il fine ultimo di una buona educazione è quello di andare oltre la prima impressione, di insegnarci a prestare attenzione e a capire come pensare e soprattutto a cosa.

Uscire da una modalità standard di ragionamento e raggiungere la consapevolezza di ciò che è importante. Un altro frammento del suo discorso rende manifesto questo concetto. 

È sul valore reale di una vera istruzione, che non ha quasi nulla a che spartire con la conoscenza e molto a che fare con la semplice consapevolezza. Consapevolezza di cosa è reale ed essenziale, ben nascosto, ma in piena vista davanti a noi, in ogni momento. Per cui non dobbiamo smettere di ricordarci più e più volte: Questa è acqua, questa è acqua. È straordinariamente difficile da fare, rimanere coscienti e consapevoli nel mondo adulto, in ogni momento. Questo vuol dire che anche un altro dei grandi luoghi comuni finisce per rivelarsi vero: la vostra educazione è realmente un lavoro che dura tutta la vita.

Bisogna impegnarsi per rimanere liberi

Sebbene ci siano molti modi per sentirsi “liberi” (denaro, potere, successo, bellezza, ecc.), “il tipo di libertà veramente importante implica attenzione, consapevolezza, disciplina e impegno.

È la capacità di preoccuparsi veramente degli altri e di sacrificarsi per loro, continuamente, in una miriade di piccoli modi non sexy, ogni giorno. Questa è la vera libertà”.

È facile sottomettersi alla nostra “impostazione predefinita”, considerandoci inconsapevolmente il centro dell’universo, “signori dei nostri piccoli regni a forma di teschio, soli al centro di tutta la creazione”.

I nostri regni hanno bisogno di un po’ di attenzione, è necessario concentrarsi sui propri bisogni e sulle proprie ambizioni.

Vedere l'”acqua” intorno a voi come un fastidio o non vederla tutta, dimenticarsi dei miliardi di altri regni mentali che si aggirano intorno a voi, magari regni ansiosi o dislessici, forse alcuni sono molto simili al vostro, significa perdere una connessione che è unicamente umana e bella.

C’è ancora da dire che come esseri umani, ognuno di noi è predisposto ad essere egocentrico, perché i nostri pensieri e le nostre esigenze ci vengono incontro molto più urgentemente di quelli degli altri.

Nel tedio e nella banalità della vita “quotidiana”, iniziamo a vedere gli estranei che ci circondano nel traffico o al supermercato come ostacoli e fastidi, invece di riconoscerli come persone la cui realtà è altrettanto vivida e importante della nostra, con trionfi e tragedie di simile portata.

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