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Una frase di Anton Čechov sulla naturale capacità di amare

Scopri la frase di Anton Čechov che spiega come la capacità di amare sia una delle cose più spontanee che caratterizzano la persona, una condizione normale.

Cosa c’è di più bello e spontaneo dell’amore e della possibilità di amare un’altra persona? A questo irrazionale e stupendo sentimento sono stati dedicati libri, poemi e aforismi: tra le tante definizioni, approfondiamo quella proposta da Anton Čechov, scrittore e drammaturgo russo nato il 29 gennaio 1860 e scomparso il 15 luglio 1904.

La citazione è tratta dai Quaderni di Anton Čechov, ovvero quattro quaderni di appunti che si estendono cronologicamente dal 1891 al 1904 e contengono annotazioni e riflessioni dell’autore, prezioso riferimento per i biografi di Cechov.

Quel che proviamo quando siamo innamorati è forse la nostra condizione normale. L’amore mostra quale dovrebbe essere l’uomo.

La spontaneità di amare

Cosa sarebbe l’uomo senza la possibilità di amare? Provare un sentimento così nobile eleva la persona in un’altra dimensione, sollevandola dalle miserie e dalle cattiverie del mondo. Non c’è sentimento più puro e spontaneo dell’amore; una condizione normale ma allo stesso tempo straordinaria, capace di elevarci e di mostrarci la vera essenza dell’uomo: dare e ricevere amore in maniera disinteressata.

Purtroppo, questo sentimento spesso è costretto a lasciare spazio nell’animo umano ad altri sentimenti meno nobili come l’odio, l’invidia, la diffidenza, il rancore… Anche se può sembrare difficile, è indispensabile ritrovare la purezza della propria anima e cercare di ripulirla da ciò che ci porta a provare sentimenti diametralmente opposti a quello amoroso.

La natura dell’uomo è amore, quindi deve essere naturalmente spontaneo per ciascuna persona ritrovare la propria armonia interiore e dare spazio nel proprio cuore solo ed esclusivamente all’amore.

Quando si parla di amore non si intende esclusivamente quello che si prova nei confronti di un’altra persona: ci sono mille manifestazioni dell’arte di amare: si può amare una città, un paesaggio, un libro, un’opera d’arte, qualcosa di non tangibile come i sogni, i desideri da realizzare. In una sola frase: possiamo amare la vita in tutte le sue sfaccettature. Non c’è un sentimento più naturale e spontaneo dell’amare.

L’innamoramento come slancio vitale

Nel tentativo di afferrare l’amore, i personaggi di Anton Čechov finiscono spesso per mancarlo, sono personaggi che amano a metà, che si sottraggono all’assolutezza del sentimento per difendersi e rimanere nelle retrovie, al riparo dalla tempesta dell’amore. I suoi sono eroi arrendevoli, timidi, continuamente impegnati a contenere lo slancio vitale che ribolle dentro di loro.

Ma, riflette Čechov nei suoi quaderni, c’è una condizione che più di ogni altra ci incoraggia ad abbandonare la nostra zona di comfort per vivere pienamente il nostro essere uomini: si tratta dell’innamoramento.

L’innamoramento è, in questo senso, elettricità pura, in grado di scuoterci e destarci dal torpore in cui viviamo altrimenti. Dentro ogni donna o uomo innamorato, nasce spontaneamente un senso di ricerca. Una sete inappagabile che sospinge gli innamorati a esplorare territori sconosciuti. A spingersi al di là dei confini tracciati per scoprirsi vivi, incredibilmente vivi.

Anton Čechov, il pittore dell’animo umano

Di origini umili, Anton Čechov è stato uno degli autori russi più amati di sempre. Le sue opere teatrali, insieme alle centinaia di racconti scaturiti dalla sua penna, sono una vera e propria enciclopedia dell’animo umano, ma anche una rappresentazione perfetta della società russa di fine Ottocento. Infatti, dietro l’apparenza di una società conservatrice e monarchica, serpeggiava il fermento di un mondo in rapida evoluzione, costellato di nuove figure sociali, incapaci di comunicare fra loro.

Uno dei temi che segnano in modo significativo la poetica di Anton Čechov è, in effetti, l’incomunicabilità, di conseguenza il fraintendimento, dunque il comico. Ma ben presto nelle opere di Čechov all’umorismo si aggiunge un velo di tristezza e i suoi personaggi finiscono con il constatare il fallimento dei propri ideali e delle proprie aspirazioni. Sensibile ai mutamenti della epoca, Čechov ebbe la capacità di cogliere e immortalare quel nuovo mondo nelle sue opere teatrali.

Tra esse ricordiamo le più celebri come “Il giardino dei ciliegi”, “Il gabbiano” e “Lo zio Vanja”. Lev Tolstoj paragonò il suo teatro a un tipo di pittura in cui le pennellate sembrano messe a caso, «come se non avessero nessun rapporto tra loro», mentre, guardando da lontano si coglie «un quadro chiaro, indiscutibile».

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