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Una frase di Franco Battiato sul significato del futuro

Leggiamo assieme questa citazione tratta dal libro "All'essenza" che racchiude tutti gli insegnamenti che il maestro Franco Battiato ci ha lasciato.

In queste parole tratte dal libro All’essenza, Franco Battiato si rivela come artista ma, soprattutto, come uomo consapevole del proprio posto nel mondo. La citazione è una dichiarazione limpida di intenti: rifiuto dell’ambizione fine a sé stessa, riconoscimento del proprio ruolo nella società e dedizione alla dimensione spirituale dell’essere umano. Battiato, attraverso la musica, si fa tramite di un messaggio profondo che mira a risvegliare le coscienze, senza arroganze né desiderio di protagonismo, ma con un senso umile e alto di “servizio”.

“Non voglio mai pensare a cosa sarà del mio futuro… Io voglio servire e mi piace molto servire, ma ognuno deve stare al suo posto. Non voglio fare più di quello che sono. Il mio ruolo è questo. Attraverso la musica invio certi messaggi diretti alla vita interiore. Il mio compito è quello di stimolare e creare un interesse verso una certa ricerca.”

Il rifiuto dell’ambizione egocentrica: la via di Franco Battiato

“Non voglio mai pensare a cosa sarà del mio futuro”, afferma Battiato. In un’epoca in cui il futuro viene spesso mitizzato come luogo di realizzazione personale e successo, il cantautore siciliano prende le distanze da una visione utilitaristica del tempo. La sua è una scelta controcorrente: vivere il presente come dimensione assoluta, in cui la propria identità trova compimento nel fare ciò che si sente autenticamente chiamati a fare. In questa prospettiva, non c’è spazio per l’ansia del risultato o per il culto dell’immagine: c’è solo il desiderio di essere veri, coerenti con se stessi.

Il futuro, allora, smette di essere una proiezione narcisistica e si trasforma in un orizzonte di possibilità che si apre nel momento in cui si accetta il proprio compito nel presente. Per Battiato, questo compito è chiaro: non dominare, non primeggiare, ma servire.

Il verbo “servire” è al centro della dichiarazione di Battiato. Un verbo desueto nella cultura contemporanea, dove dominano parole come “emergere”, “ottenere”, “vincere”. Invece, servire implica un atteggiamento di umiltà, di disponibilità verso l’altro, di accoglienza della propria funzione. Nella visione di Battiato, l’artista non è un demiurgo, né un idolo, ma un tramite. Un mezzo tra il mondo visibile e quello invisibile, tra la superficie e la profondità.

Servire non significa annullarsi, ma saper riconoscere il proprio posto. “Ognuno deve stare al suo posto” non è un richiamo autoritario all’ordine, ma un’affermazione di equilibrio. La società, la vita stessa, funzionano solo se ogni elemento è al proprio posto: un concetto che richiama le visioni cosmiche dell’Oriente, dove l’armonia del tutto si fonda sul rispetto del Dharma, del proprio compito esistenziale.

L’arte come stimolo alla ricerca interiore

“Attraverso la musica invio certi messaggi diretti alla vita interiore”: qui si delinea il cuore della poetica battiatesca. La musica, per lui, non è intrattenimento, né ornamento. È uno strumento di esplorazione, un veicolo per avviare un viaggio nell’interiorità. Questo è forse il lascito più profondo del suo percorso artistico: l’aver concepito la canzone come forma di meditazione, come occasione di risveglio.

Brani come Centro di gravità permanente, L’era del cinghiale bianco, E ti vengo a cercare, sono esempi luminosi di questa tensione verso l’interiore. Le sue liriche sono costellate di riferimenti alla filosofia orientale, alla mistica cristiana, al sufismo, alla meditazione, all’esoterismo. Ma mai in modo erudito o elitario: i suoi messaggi sono accessibili, trasversali, capaci di parlare all’anima di chiunque abbia la disposizione all’ascolto.

“Non voglio fare più di quello che sono. Il mio ruolo è questo.” Anche in questa frase si respira un profondo senso di misura. In un’epoca in cui molti sono tentati di oltrepassare i propri limiti, di eccedere, di apparire oltre ciò che si è, Franco Battiato rivendica con fierezza i confini del proprio ruolo. È un atto di fedeltà a se stessi. Un invito a non tradirsi, a non cercare di essere altro da ciò che si è chiamati ad essere.

In questa adesione al proprio ruolo, si manifesta anche un’idea nobile della libertà. Non libertà come arbitrio, ma come capacità di accogliere la propria natura e metterla a frutto per il bene degli altri. Il ruolo dell’artista, per Battiato, non è quello di insegnare o giudicare, ma di aprire spazi interiori, di stimolare domande, di creare un interesse verso una certa ricerca.

Le parole di Franco Battiato contenute in questa citazione sono una dichiarazione poetica e filosofica. Egli non si pone come maestro o guru, ma come servitore silenzioso di una verità che lo attraversa. La sua musica, la sua arte, sono doni offerti con discrezione, senza mai pretendere di essere accolti come verità assolute.

Nel tempo della superficialità e dell’apparenza, Franco Battiato ci ricorda che il compito più alto è forse proprio questo: servire la vita interiore degli altri, stimolarla con rispetto, aprire varchi nell’anima e accendere, magari in silenzio, una piccola luce. Servire, e nel farlo, ritrovare se stessi.

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