I versi attribuiti a Federico II di Svevia, rappresentano un esempio raro e prezioso dell’animo lirico di una figura storica complessa. Federico, chiamato lo Stupor Mundi per la sua poliedrica personalità, univa al suo ruolo di imperatore un’intensa sensibilità artistica e intellettuale, che lo rese un protagonista della cultura medievale europea.
“che ciò ch’io più colio
è voi veder sovente,
la vostra dolze vista,
a chui sono ublicato, core e corpp’ò donato”
Federico II di Svevia: i versi d’amore dello Stupor Mundi
Questi versi si collocano in una tradizione poetica che risente dell’influenza provenzale e siciliana, ma che porta anche il segno distintivo della voce di un sovrano che seppe piegare il linguaggio della poesia alla propria visione del mondo. Federico II, infatti, non fu solo un uomo di potere, ma anche un promotore delle arti e un precursore della scuola poetica siciliana, che avrebbe avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della letteratura italiana.
I versi di Federico sono pervasi da un sentimento amoroso che si esprime con un’intensità sincera. L’imperatore non si limita a descrivere un’attrazione fisica o estetica, ma parla di un coinvolgimento totale: “core e corpp’ò donato”. Questa dichiarazione di amore totale, che coinvolge tanto il corpo quanto l’anima, è un tema tipico della poesia cortese, ma qui si carica di un tono personale e appassionato.
L’immagine della “dolze vista” evoca la bellezza dell’amata, una visione che non è soltanto esteriore, ma che rappresenta anche una fonte di conforto e di ispirazione. La dolcezza della vista non è solo fisica, ma diventa simbolo di un ideale che eleva e consola. L’amore, in questi versi, è un’aspirazione che non si limita al desiderio, ma si traduce in devozione e dedizione.
Linguaggio e stile
Il linguaggio utilizzato da Federico è ricco di dolcezza e musicalità. Termini come “dolze”, “ubblicato” e “donato” creano un ritmo che si adatta perfettamente al tema amoroso. Questa musicalità è una caratteristica distintiva della poesia cortese, ma nei versi di Federico si unisce a una semplicità che li rende immediatamente accessibili.
L’uso del volgare in questi versi è particolarmente significativo. Federico II fu uno dei primi a promuovere l’uso del volgare in ambito poetico, ponendo le basi per lo sviluppo della lingua italiana. Il suo incoraggiamento alla produzione letteraria in volgare, attraverso la Scuola Siciliana, contribuì a trasformare il volgare da lingua del popolo a strumento di espressione artistica.
Questi versi non possono essere letti solo come un esercizio letterario: sono anche un riflesso dell’esperienza personale di Federico. Uomo di potere, Federico fu anche un intellettuale curioso e un uomo capace di emozioni profonde. L’immagine dell’imperatore che si rivolge a un’amata con parole tanto delicate e appassionate ci offre uno scorcio dell’umanità di una figura spesso percepita come distante e inaccessibile.
L’amore, per Federico, non era solo un tema poetico, ma anche un’esperienza che lo arricchiva come individuo e come sovrano. In questi versi, possiamo vedere un uomo che, nonostante la sua posizione di potere, si rivela vulnerabile di fronte al sentimento amoroso. La dolcezza dell’amata diventa per lui una sorta di rifugio, un luogo in cui ritrovare se stesso al di là delle pressioni della vita politica e della guerra.
Il contributo alla poesia siciliana
Federico II non fu solo un poeta, ma anche un mecenate delle arti. Sotto il suo patrocinio, nacque e si sviluppò la Scuola Siciliana, il primo movimento letterario in volgare italiano. I poeti della sua corte, come Giacomo da Lentini, furono i primi a elaborare un linguaggio poetico raffinato e a introdurre temi e forme che avrebbero influenzato profondamente la letteratura italiana, da Dante a Petrarca.
I versi di Federico si inseriscono in questa tradizione, ma allo stesso tempo la superano, grazie alla loro intima connessione con l’esperienza personale dell’autore. La figura dell’amata, in questi versi, non è un’astrazione, ma una presenza viva e reale, capace di ispirare e trasformare l’animo del poeta.
I versi di Federico II di Svevia rappresentano un incontro unico tra potere e poesia, tra il ruolo pubblico di un imperatore e la sensibilità privata di un uomo innamorato. In poche righe, Federico riesce a esprimere una complessità di sentimenti che ancora oggi risuona con forza.
L’immagine dell’amata come “dolze vista” e la dichiarazione di devozione totale – “core e corpp’ò donato” – sono un inno alla forza dell’amore, capace di unire corpo e anima, di superare le barriere del tempo e di trasformare la vita in poesia. Federico II ci insegna che anche i grandi sovrani, spesso percepiti come distanti e invulnerabili, sono profondamente umani e che, nella loro umanità, trovano la forza di creare bellezza.