Eugenio montale e l’alienazione della società contemporanea
La poesia si apre con un atteggiamento di indifferenza e freddezza: il poeta osserva senza “sorpresa né odio” il flusso delle “mobili turbe” che popolano le vie cittadine. Questa “transumanza domenicale” evoca una routine ripetitiva e priva di significato profondo, una sorta di movimento meccanico e impersonale che coinvolge gli individui, i quali sembrano muoversi come in un gregge, guidati dalla consuetudine piuttosto che da un impulso interiore.
Montale rappresenta la folla che si riversa nelle strade, si siede nei caffè e riempie i marciapiedi, in un’immagine che ricorda una scena di alienazione urbana. Le “turbe”, le masse, sono viste in modo distaccato: il poeta non le critica, ma nemmeno le idealizza. C’è un desiderio implicito di mimetizzarsi, di diventare parte di quella massa anonima, di lasciarsi trasportare dalla corrente di un’onda lenta, ma che contiene in sé il seme della “catastrofica insicurezza”. Questa dicotomia tra lentezza e insicurezza crea un contrasto tra la calma apparente della scena e l’insicurezza esistenziale che la sottende.
Eugenio Montale adopera il termine “clinica imperturbabilità” per descrivere il suo stato d’animo, che sembra essere privo di emozioni, quasi freddo, come se osservasse il mondo attraverso uno schermo di indifferenza. Questa frase richiama un’idea di oggettività distaccata, come quella di un medico che esamina un paziente senza coinvolgimento emotivo. Il poeta si pone quindi in una posizione di osservatore distaccato del mondo che lo circonda, accettandone l’essenza caotica senza cercare di modificarla o di trovarvi un significato superiore.
La “catastrofica insicurezza” che accompagna questa transumanza della folla suggerisce che, nonostante la calma superficiale, esiste un’inquietudine profonda sotto la superficie. Montale coglie l’essenza di un’epoca caratterizzata da una crisi di valori e da una mancanza di certezze, un tema ricorrente nelle sue opere. Il poeta stesso, pur desiderando mimetizzarsi nella folla, è consapevole dell’ineluttabilità di questa insicurezza che permea ogni aspetto della vita moderna.
La Domenica e il rapporto massa-individuo
In questi versi, Eugenio Montale sembra fare eco a temi tipici della modernità, come l’alienazione dell’individuo nella società di massa. Le immagini della folla che si muove in modo meccanico e ripetitivo ricordano le riflessioni di filosofi come Walter Benjamin e sociologi come Georg Simmel, che hanno studiato il rapporto tra individuo e massa nella modernità urbana. Montale, tuttavia, non si limita a descrivere un fenomeno sociale: la sua riflessione si carica di un significato esistenziale più profondo, in cui la folla diventa metafora della condizione umana in un mondo privo di certezze.
L’assenza di un significato definito nella vita delle “turbe” domenicali è un riflesso della crisi spirituale e culturale del Novecento, un tema che attraversa gran parte della produzione poetica di Montale. Il desiderio di mimetizzarsi nella folla, di annullare la propria individualità, può essere interpretato come una risposta alla difficoltà di trovare un senso nella solitudine dell’esistenza moderna. Tuttavia, il poeta resta consapevole dell’inquietudine che pervade questo desiderio di fusione: l’onda che lo attira è al contempo sicura e catastrofica, segno di un equilibrio instabile tra conformismo e caos.
I versi di Senza sorpresa rappresentano un momento di riflessione sull’individuo e la società, in cui Montale riesce a cogliere l’essenza dell’alienazione moderna senza cedere al pessimismo totale. La sua “imperturbabilità clinica” è, in fondo, un modo per accettare il mondo così com’è, senza cercare di modificarlo o di trovarvi un ordine nascosto. È un atteggiamento che esprime una forma di saggezza stoica, una consapevolezza dell’impossibilità di sfuggire all’incertezza e al caos della vita, e al contempo una pacifica accettazione di questa realtà.