Con questa frase, Ennio Flaiano — scrittore, sceneggiatore e osservatore lucidissimo del costume italiano — anticipa un aspetto del mondo contemporaneo che, oggi più che mai, appare evidente: la stupidità non è più un semplice difetto umano, disperso e casuale, ma una forza organizzata, una presenza invasiva che cresce, si adatta, muta, proprio come un organismo vivente. La stupidità, per Flaiano, non è un’ingenuità. È un sistema.
“La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé.”
Il paragone con il sole, “che non si può più guardare fissamente”, è di enorme potenza metaforica. Il sole abbaglia, brucia, impone la sua presenza. Così è la stupidità contemporanea: onnipresente, accecante, quasi invincibile. Non la si può affrontare direttamente senza rimanerne ustionati, perché ha acquisito un potere che non deriva solo dalla quantità — i molti stupidi — ma dalla qualità sociale che ha assunto. La stupidità è diventata un discorso, un modo di stare nel mondo, una forma di comunicazione che produce effetti tangibili: paura, conformismo, ridicolizzazione del pensiero critico.
Ennio Flaiano anticipa i tempi
Quando Ennio Flaiano dice che “la stupidità ha fatto progressi enormi”, sembra parlare dello sviluppo di una tecnologia. E in un certo senso è proprio così. La stupidità si è evoluta: oggi è più sofisticata, più aggressiva, più seducente di quanto non fosse in passato. Non è più la banalità spontanea dell’individuo poco accorto, ma il risultato di una perfetta integrazione tra ignoranza volontaria, superficialità diffusa e consumo mediatico.
“Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa.”
Questa affermazione coglie il cuore del problema: i media — ieri la televisione, oggi i social network — hanno trasformato la stupidità in un formato esportabile, replicabile, monetizzabile. La stupidità non è più l’eccezione: è diventata uno standard di successo. Un contenuto funziona non quando è intelligente, ma quando è semplice, immediato, emotivo, divisivo. E la stupidità, in questo, è un prodotto perfetto.
I nuovi miti della stupidità
Flaiano aggiunge che “si nutre di altri miti”. Quali?
I miti moderni della stupidità sono molti, e tutti hanno la stessa caratteristica: semplificano la complessità del mondo.
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Il mito dell’opinione come verità: tutti credono di poter dire tutto, anche senza conoscere nulla.
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Il mito della viralità: se un’idea si diffonde rapidamente, deve essere giusta.
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Il mito dell’anti-competenza: chi studia, approfondisce e verifica è guardato con sospetto; chi improvvisa è applaudito.
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Il mito dell’emotività: ciò che provoca emozione sostituisce ciò che è vero.
Questi nuovi miti sostengono la stupidità come un pilastro culturale. Non sono segnali di innocenza: sono strumenti di potere, capaci di indirizzare comportamenti collettivi.
La stupidità come prodotto: “si vende moltissimo”
La frase di Ennio Flaiano è profetica: oggi la stupidità è un mercato. Si vende. Fa audience. Genera profitti. Programmi televisivi costruiti sul rumore, sulla lite, sull’umiliazione; influencer che prosperano sull’assenza di contenuto; narrazioni semplificate fino alla caricatura: tutto questo è il commercio della stupidità.
Il successo della stupidità risiede nella sua capacità di non chiedere nulla allo spettatore. Non richiede fatica, non richiede approfondimento, non richiede responsabilità. Si consuma facilmente, si digerisce senza sforzo, dà un’immediata sensazione di appartenenza. Per questo “si vende moltissimo”: perché è un intrattenimento senza costi cognitivi.
Il buon senso ridicolizzato
Ennio Flaiano nota che la stupidità “ha ridicolizzato il buon senso”.
È un punto essenziale: la stupidità non si limita a esistere, ma attacca la ragione, la prudenza, il dubbio. Il buon senso — che un tempo rappresentava la base della convivenza civile — oggi è percepito come debolezza, come noia, come moralismo. Chi usa il buon senso viene deriso come ingenuo, mentre chi agisce impulsivamente passa per autentico.
La stupidità, quindi, non teme il buon senso: lo neutralizza attraverso il sarcasmo e la superficialità. Lo rende obsoleto, fuori moda, “poco virale”.
La conclusione della citazione è forse la più inquietante: “spande il terrore intorno a sé”.
Come può la stupidità generare terrore? Ennio Flaiano qui anticipa qualcosa che oggi riconosciamo: una società dominata da semplificazioni pericolose e da opinioni incontrollate diventa fragile, aggressiva, polarizzata. Il terrore non è un terrore fisico: è un terrore culturale. È la paura del pensiero critico, della complessità, della diversità.
La stupidità genera un clima di intimidazione: chi prova a ragionare viene isolato, chi esprime un dubbio viene attaccato. Il conformismo diventa protezione. La massa sostituisce l’individuo.
Nelle parole di Ennio Flaiano risuona una visione lucidissima del presente. La stupidità non è più un accidente: è un sistema culturale articolato, incentivato e premiato. È un sole che domina il cielo sociale, abbaglia e spaventa. Ma la sua forza non è invincibile: illuminarla, analizzarla, smascherarla è il primo passo per indebolirla.
E forse proprio questo voleva suggerire Ennio Flaiano: che l’intelligenza, per sopravvivere, deve ritrovare il coraggio di guardare di nuovo quel sole, anche se è difficile, anche se brucia. Dove la stupidità si espande, il pensiero critico deve diventare resistenza.
