In questa appassionata dichiarazione tratta da Le tigri di Mompracem, Emilio Salgari dà voce al suo leggendario personaggio Sandokan, la “Tigre della Malesia”, incarnando non solo uno spirito indomito di ribellione, ma anche un ideale romantico di eroismo e libertà. Il passo scelto è una delle testimonianze più vibranti della poetica salgariana, in cui l’esotismo, la lotta contro l’oppressione coloniale e l’amore assoluto si fondono in un’unica, memorabile visione.
«Mi si venga a cercare qui, in mezzo alla natura selvaggia […] Incontreranno la Tigre libera, pronta a tutto, risoluta a tutto.
Solchino pure, i loro furfanti incrociatori, le acque dell’isola; lancino pure i loro soldati attraverso le boscaglie; chiamino pure in loro aiuto tutti gli abitanti di Vittoria, io passerò egualmente fra le loro baionette ed i loro cannoni. Ma ritornerò in breve, o fanciulla celeste, te lo giuro, ritornerò qui, alla testa dei miei valorosi, non da vinto, ma come vincitore e ti strapperò per sempre da questi luoghi esecrati!»
L’eroe romantico e ribelle creato dal genio di Emilio Salgari
Sandokan, protagonista di molte opere di Salgari, è un principe spodestato, divenuto pirata, in lotta contro l’Impero britannico che ha conquistato e colonizzato la sua terra. In questo brano, Sandokan si rivolge alla donna amata, Mariana, giurandole che tornerà per salvarla dalla prigionia e dalla minaccia coloniale. Il suo giuramento è tanto epico quanto personale, un misto di vendetta e amore, di orgoglio ferito e promessa di salvezza.
La figura di Sandokan si inserisce nel solco dell’eroe romantico, solitario e fiero, mosso da ideali assoluti: la giustizia, l’amore, l’onore. Ma è anche un ribelle anticolonialista, e in questo risiede parte della modernità di Salgari: nella creazione di un personaggio orientale che combatte contro l’arroganza occidentale, rompendo gli stereotipi dell’epoca e capovolgendo il punto di vista dominante.
Natura e libertà
Nel testo, la natura selvaggia non è solo un luogo fisico, ma diventa simbolo di libertà e autenticità. È nella giungla, nelle acque che circondano Mompracem, che Sandokan trova la sua forza, la sua identità. Mentre la civiltà coloniale rappresenta l’oppressione e la violenza, la natura rappresenta invece un ordine alternativo, selvaggio ma giusto, in cui l’eroe può esprimere la propria vera essenza.
La descrizione dei nemici – “furfanti incrociatori”, “baionette”, “cannoni” – è volutamente caricaturale, enfatizzata per creare contrasto tra l’uomo libero e l’ordinamento meccanico della potenza coloniale. L’eroe non si piega di fronte alla superiorità militare, anzi, si esalta nella sfida: “passerò egualmente”, dice, mettendo in primo piano la volontà individuale sopra ogni macchina da guerra.
Promessa d’amore
Ma accanto al combattente, in questo passo vive anche il Sandokan amante, devoto e passionale. Mariana, la “fanciulla celeste”, è il centro affettivo della sua esistenza. L’amore per lei non è mai secondario rispetto alla missione guerriera; è anzi il motore stesso dell’azione. L’intero discorso si configura come una promessa solenne, una sorta di voto cavalleresco che fonde il pathos personale e l’etica epica.
La tensione narrativa e poetica di Salgari nasce proprio da questa fusione di opposti: la violenza e la tenerezza, il sangue e la poesia. L’eroe che brandisce la spada è lo stesso che giura fedeltà a una donna amata. Questo dualismo, tipico del romanzo d’avventura ottocentesco, trova in Salgari una sua specifica originalità: la forza viene dalla terra, dal popolo, dalla giungla, non dalle corti europee o dalle leggi borghesi.
Lo stile di Salgari è intenso, ritmato, quasi teatrale. Le frasi sono scandite da paratassi marcate, esclamazioni, ripetizioni: “ritornerò… ritornerò…”, “solchino pure… lancino pure… chiamino pure…”. Queste anafore hanno una funzione musicale e retorica, avvicinando il tono dell’eroe a quello di un oratore classico, di un condottiero antico. Non è un discorso freddo o strategico, ma una proclamazione epica, un’esortazione a se stesso, alla sua ciurma, al destino stesso.
Il sogno dell’evasione
Per intere generazioni di lettori, Salgari è stato il portale verso l’esotico, verso l’avventura. In un’Italia ancora in larga parte rurale, segnata dalle difficoltà economiche e sociali, le storie della Tigre della Malesia offrivano un mondo alternativo in cui i deboli potevano vincere, in cui l’onore contava più del potere, e in cui i popoli colonizzati erano eroi, non comparse.
Il sogno dell’evasione, che anima tutta la letteratura d’avventura, si traduce qui in un ideale di riscatto. L’eroe, in mezzo alla giungla, sfida i dominatori non per ambizione, ma per amore e giustizia. E questo rende Salgari, autore popolare ma profondo, capace di scrivere avventure che sono anche miti morali.
Il passo di Salgari tratto da Le tigri di Mompracem ci mostra come l’avventura possa farsi poesia, come l’azione possa contenere la riflessione, e come il romanzo popolare possa nascondere sotto la superficie dell’intrattenimento un’intera visione del mondo. Nella voce di Sandokan, che sfida da solo un impero e promette alla donna amata un ritorno da vincitore, si avverte ancora oggi un’eco viva di coraggio, ribellione e passione. Una voce che ha parlato al cuore di intere generazioni, e che continua a farlo.