I versi di Emanuel Carnevali, tratti dalla poesia Certe cose ci puntano il dito e ridono, sono un esempio straordinario di sintesi poetica, in cui immagini potenti, topoi inusitati e simboli universali convergono per esplorare gli stati d’animo e le sfide umane. Carnevali, poeta visionario spesso associato alla difficoltà dell’esistenza e alla ricerca di senso, qui ci regala un testo denso di metafore che toccano il tema della trascendenza, della paura e della bellezza perduta.
Certe cose sono come le aquile.
Vivono in alto –
possono benissimo dimenticare la valle.
Certe cose sono come il terremoto:
utilizzano tutte le nostre paure.
Certe cose sono come la Bellezza che è morta da tempo:
solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.
Emanuel Carnevali è il suo bisogno di ridestare la bellezza
Con questi pochi versi, Carnevali riesce a racchiudere un’intera riflessione sull’essenza di ciò che definisce certe cose, un insieme indefinito di esperienze, emozioni e valori. Attraverso tre metafore principali – l’aquila, il terremoto e il pozzo – ci guida in un percorso che interroga il nostro rapporto con il mondo, con noi stessi e con ciò che è oltre.
La prima immagine evocata è quella dell’aquila, un simbolo universale di maestosità, potere e libertà. L’aquila vive e vola in alto, lontana dal caos della valle, distaccata e autonoma. Questa metafora può essere interpretata come un’allegoria di certi ideali elevati o esperienze sublimi che trascendono la banalità della quotidianità. Vivere “in alto” significa poter guardare il mondo con una prospettiva diversa, con un distacco che consente di osservare il tutto nella sua interezza.
Tuttavia, c’è anche un senso di solitudine e di distacco emotivo. Dimenticare la valle implica perdere il contatto con le radici, con ciò che è ordinario e umano. Carnevali sembra dirci che, sebbene alcune cose siano straordinarie e pure, rischiano di isolarsi in una sfera irraggiungibile, lasciandoci con un senso di estraneità. Questo dualismo tra altezza e abbandono riflette il dilemma dell’artista o del sognatore: come mantenere viva la connessione con la realtà pur inseguendo ideali superiori?
Con un cambio radicale di immagine, Carnevali introduce il terremoto, simbolo di distruzione improvvisa, caos e paura. Qui le certe cose diventano esperienze che scuotono le fondamenta della nostra esistenza, che ci mettono a nudo davanti alle nostre fragilità. Il terremoto, con la sua forza incontrollabile, evoca quelle situazioni o emozioni che non possiamo evitare, che arrivano senza preavviso e ci lasciano devastati, ma anche trasformati.
Il poeta suggerisce che queste esperienze hanno il potere di “utilizzare tutte le nostre paure”. Non sono dunque semplicemente distruttive, ma hanno la capacità di attingere a ciò che temiamo di più, facendoci affrontare il vuoto, l’incertezza e la perdita. Come il terremoto ridisegna il paesaggio, così queste esperienze ridefiniscono chi siamo, obbligandoci a riconsiderare le nostre priorità e il significato della nostra vita.
Certe cose sono come la bellezza che è morta da tempo
Il terzo e ultimo simbolo, quello della bellezza morta, introduce un elemento malinconico ma non privo di speranza. La bellezza che giace inerte sembra alludere a valori dimenticati, ideali perduti o momenti di gioia e purezza che non fanno più parte del nostro presente. Tuttavia, Carnevali ci lascia un indizio su come rivitalizzarla: solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.
L’acqua del pozzo, oscura e nascosta nel profondo, diventa il simbolo della ricerca interiore, della necessità di scavare dentro di sé per riscoprire ciò che è autentico e prezioso. Lavare e destare la bellezza significa riconnettersi con essa, riportandola alla luce attraverso uno sforzo consapevole e personale. È un invito a non accettare passivamente la morte della bellezza, ma a impegnarsi per riaccenderla nel mondo e nella propria vita.
La grandezza della poesia di Carnevali risiede nella sua capacità di trascendere le specificità del tempo e del luogo. Le immagini che utilizza – l’aquila, il terremoto, il pozzo – sono archetipi universali che parlano a ogni individuo, indipendentemente dal contesto culturale. Le sue certe cose diventano rappresentazioni dell’essenza stessa dell’esperienza umana: l’aspirazione alla trascendenza, la vulnerabilità di fronte alla paura, e la necessità di riscoprire la bellezza nelle profondità dell’esistenza.
In pochi versi, Carnevali riesce a intrecciare un discorso potente e complesso, invitandoci a riflettere sulle cose che contano davvero. La poesia diventa uno specchio in cui ognuno può riconoscere le proprie lotte, le proprie aspirazioni e i propri fallimenti. Ma, soprattutto, è un monito a non arrendersi mai: anche quando la bellezza sembra perduta, è possibile trovarla di nuovo, immergendoci nell’acqua profonda di quel pozzo interiore che ognuno di noi porta dentro. In questo viaggio, la poesia non è solo una guida, ma anche una compagna che ci ricorda che, tra aquile, terremoti e bellezze nascoste, l’essenza della vita risiede nel movimento costante verso l’alto, verso il profondo, verso ciò che rende l’esistenza degna di essere vissuta.
Ecco qua l’intera poesia, per carpirne nell’interezza la sua intensità:
Certe cose
si nascondono agli occhi della gente
e si odono
piangere sommessamente.
Certe cose cadono dal cielo:
cose nere informi, mostri
della notte e terrore
dei giorni.
Certe cose sembrano essere state predisposte
da Dio e dal Diavolo.
Certe cose sembrano nate in un abisso
e cresciute nelle tenebre.
Certe cose portano l’immagine della bontà
come se il fuoco
ve l’avesse scolpita in bassorilievo.
Certe cose ridono fino a divenire teschi
e poi continuano a ridere.
Certe cose sono come alberi di pesco,
portano a lungo frutti verdi.
Certe cose sono come il vino che uno beve
soltanto per ubriacarsi.
Certe cose colpiscono
il cuore come un colpo di gong,
così che poi risuona a lungo.
Certe cose schiacciano il cuore come se fosse
uno scarafaggio.
Ed è orribile, come spiaccicare
uno scarafaggio.
Certe cose sono come il fulmine:
possono essere guidate
anche se pericolose.
Certe cose sono come pensieri dal piede pesante,
hanno il piede pesante anche se abitano il cielo.
Certe cose sono come le aquile.
Vivono in alto –
possono benissimo dimenticare la valle.
Certe cose sono come il terremoto:
utilizzano tutte le nostre paure.
Certe cose sono come la Bellezza che è morta da tempo:
solo l’acqua profonda del pozzo può lavarle e destarle.