Una frase di Elias Canetti sul cogliere l’importanza delle cose

24 Luglio 2025

Leggiamo una citazione dell'intellettuale Premio Nobel per la Letteratura, Elias Canetti, sulla diversa percezione che gli individui hanno del mondo.

Una frase di Elias Canetti sul cogliere l'importanza delle cose

La citazione di Elias Canetti tratta dal suo libro Il cuore segreto dell’orologio racchiude in poche righe una profonda meditazione sull’esperienza umana della meraviglia, della percezione e del valore. In essa si confrontano due modi opposti di rapportarsi al mondo: uno aperto all’imprevedibile e all’umile, l’altro ossessionato da ciò che è ritenuto alto, nobile o “centrale”. E tra questi due atteggiamenti Elias Canetti non ha dubbi su quale sia il più autentico: a meritare la parola “meraviglioso” è chi riesce a essere colpito da ciò che la maggior parte degli uomini ignora.

“C’è chi si fa illuminare da cose di poco conto, all’improvviso: meraviglioso. C’è chi è incessantemente illuminato da cose ‘importanti’: tremendo.”

Elias Canetti un intellettuale di cui si sente la mancanza

Elias Canetti, premio Nobel per la Letteratura nel 1981, ha attraversato il Novecento da osservatore acuto, diffidente verso ogni forma di potere totalizzante, e profondamente consapevole della complessità dell’animo umano. Nei suoi scritti aforistici, come in Il cuore segreto dell’orologio, raccolta di riflessioni brevi ma densissime, egli indaga i meccanismi interiori che regolano il nostro rapporto con il tempo, la morte, la memoria, la folla, l’autorità e il pensiero. Questa citazione, in particolare, sembra svelare una poetica dell’attenzione minima, un’epistemologia dell’impercettibile, che invita a rivedere le gerarchie tradizionali del valore.

Che cosa vuol dire “essere illuminati da cose di poco conto”? Può essere uno sguardo sul volo casuale di un insetto, il gioco della luce su una tazza di caffè, una frase sentita per strada, o il movimento delle tende al vento. Si tratta di attimi microscopici, dettagli che spesso sfuggono alla coscienza ma che, se colti, possono aprire squarci improvvisi di senso. Per Canetti, chi sa lasciarsi attraversare da queste illuminazioni improvvise è dotato di una rara sensibilità, di un’apertura alla meraviglia che sfugge a ogni costruzione razionale.

Il “meraviglioso” non risiede nella cosa in sé, ma nello sguardo che la coglie. E questo sguardo è privo di presunzione, non cerca di piegare il mondo a un sistema, non pretende di avere già in mano le categorie per giudicare ciò che è “grande” o “decisivo”. È uno sguardo infantile nel senso più alto del termine: puro, ricettivo, disponibile. Perciò, per Canetti, questo tipo di illuminazione è profondamente umano e poetico, perché risponde a un impulso di verità che nasce dal basso, dall’imprevisto.

Il pericolo delle “cose importanti”

L’altra metà della citazione ha un tono ben più severo. Chi è “incessantemente illuminato da cose ‘importanti’”, dice Canetti, suscita inquietudine, persino timore: tremendo. La parola è pesante, carica di un giudizio morale e ontologico. Che cosa intende Canetti con “cose importanti”? Probabilmente fa riferimento a quelle idee, cause, ideologie o concetti che pretendono di spiegare tutto: la nazione, la religione, la storia, la giustizia astratta, il destino dell’umanità. Chi vive solo di queste illuminazioni “alte”, chi vede ovunque simboli della propria causa, finisce per perdere contatto con la realtà concreta, e si avvicina pericolosamente a una forma di fanatismo.

Elias Canetti ha sempre diffidato degli “illuminati permanenti”, di coloro che sembrano posseduti da una verità assoluta. In Massa e potere, sua opera più nota, ha descritto con lucidità i meccanismi psicologici che portano gli uomini a perdere il senso critico quando vengono attratti da un’idea dominante. L’illuminazione incessante da cose “importanti” è, in questa prospettiva, un sintomo di una patologia dell’intelligenza: quando tutto è segno di qualcosa di grande, nulla è più reale.

La sacralità del dettaglio contro il totalitarismo dell’ideale

La dicotomia proposta da Canetti mette in gioco non solo una visione del mondo, ma un’etica dell’attenzione. Chi si lascia illuminare dalle piccole cose si mantiene vigile, vivo, empatico. Chi è ossessionato dalle “grandi cose” rischia di diventare cieco ai particolari, insensibile al presente, incapace di relazioni umane autentiche. Questo secondo tipo di sguardo può portare all’estremismo, alla violenza in nome dell’idea, alla giustificazione del sacrificio di vite reali per una causa astratta.

La bellezza del pensiero di Elias Canetti sta nel suo riconoscimento della fragilità come valore. Egli non rifiuta l’intelligenza o la visione filosofica, ma la mette in guardia contro la sua tendenza al dominio. La vera sapienza non è quella che proclama certezze assolute, ma quella che sa stare in ascolto del banale, del trascurabile, del fuggevole. Nella misura in cui l’illuminazione si fa ossessione per l’importante, essa diventa pericolosa, perde la sua qualità spirituale e si trasforma in imposizione ideologica.

Una lezione per l’oggi

La riflessione di Canetti è straordinariamente attuale. Viviamo in un’epoca in cui le “grandi idee” — il progresso, l’identità, la sicurezza, l’efficienza — sembrano dominare ogni dibattito pubblico. Ma spesso questa sovrabbondanza di presunti ideali serve solo a mascherare il vuoto dell’esperienza concreta, l’incapacità di abitare il tempo nella sua quotidianità. In un mondo così orientato alla produttività e alla grandiosità, la capacità di fermarsi a osservare il dettaglio, di lasciarsi sorprendere da una piccola cosa senza utilità apparente, è un gesto rivoluzionario.

Elias Canetti ci invita a non trascurare la possibilità che la verità ci venga incontro proprio nei frammenti, nei margini, nei dettagli minimi. L’illuminazione più autentica non è quella che ci promette di cambiare il mondo intero, ma quella che ci cambia lo sguardo su un granello di realtà.

In conclusione, “C’è chi si fa illuminare da cose di poco conto, all’improvviso: meraviglioso. C’è chi è incessantemente illuminato da cose ‘importanti’: tremendo” è molto più di un aforisma: è un criterio critico, un invito a coltivare un’attenzione umile ma profonda. Solo così potremo salvarci dal delirio delle certezze assolute e tornare a vedere, davvero, ciò che ci circonda.

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