Edvard Munch, con il suo dipinto L’urlo, ha saputo rappresentare l’angoscia esistenziale in una delle immagini più iconiche della storia dell’arte. Ma oltre al quadro, Munch stesso ha lasciato testimonianza delle sensazioni e delle visioni che lo hanno portato a dipingere quest’opera.
Nei suoi versi, egli descrive un’esperienza di percezione alterata della realtà, un momento in cui le linee e i colori della natura sembrano rompersi e vibrare, traducendosi in un urlo interiore ed esteriore al tempo stesso. La sua poesia è un documento essenziale per comprendere il significato più profondo del dipinto, in cui il confine tra il visibile e l’invisibile, tra l’udibile e l’inudibile, si dissolve in un’esperienza totalizzante.
Ho avvertito
un grande urlo
ho udito,
realmente, un grande
urlo –
i colori della
natura – mandavano in pezzi
le sue linee
– le linee e i colori
risuonavano vibrando
– queste oscillazioni della vita
non solo costringevano
i miei occhi a oscillare
ma imprimevano altrettante oscillazioni alle orecchie –
perché io realmente ho udito
quell’urlo –
e poi ho dipinto
il quadro L’urlo.
La genesi de “L’urlo” di Edvard Munch
I versi di Munch descrivono un’esperienza vissuta realmente dall’artista: una sera, mentre passeggiava lungo un sentiero sopra un fiordo, si sentì improvvisamente sopraffatto da un senso di angoscia e disperazione. Il cielo si tinse di rosso fuoco, il paesaggio sembrava ondeggiare e vibrare, e un urlo immenso sembrò risuonare attraverso la natura. Quella sensazione travolgente non fu solo un’impressione visiva, ma un’esperienza fisica e auditiva. L’urlo che Munch “udì realmente” non apparteneva a un essere umano, ma alla natura stessa, che sembrava gridare nel suo sconvolgimento cromatico e formale.
La sua descrizione sottolinea un aspetto fondamentale dell’espressionismo: la realtà non viene riprodotta in modo oggettivo, ma filtrata attraverso le emozioni dell’artista. Munch non si limita a raffigurare un paesaggio, ma lo trasforma in un riflesso del suo stato d’animo. Le linee e i colori, nel suo racconto, non sono elementi inerti della natura, ma entità vibranti, cariche di tensione e significato. Questa visione sinestetica dell’arte – in cui le forme e i colori assumono qualità sonore – anticipa le ricerche delle avanguardie del Novecento, che esploreranno il rapporto tra le percezioni sensoriali e le emozioni profonde.
I versi di Munch rivelano come la creazione artistica sia il risultato di un’esperienza sensoriale e psicologica intensissima. L’artista non inventa L’urlo, ma lo trascrive fedelmente sulla tela dopo averlo vissuto sulla propria pelle. In questa prospettiva, il dipinto non è solo una rappresentazione dell’angoscia, ma la testimonianza diretta di un momento di crisi interiore. Il protagonista del quadro, con il volto deformato dalla paura, le mani sulle guance e la bocca spalancata, non è necessariamente una persona specifica, ma una figura universale, un simbolo dell’essere umano travolto dall’angoscia esistenziale.
Nel dipinto, il paesaggio si piega e si distorce come nei versi della poesia, suggerendo un mondo instabile, in cui le certezze si sgretolano e il caos prende il sopravvento. Il cielo rosso fuoco, il sentiero sinuoso e le figure sullo sfondo creano un’atmosfera surreale e inquietante, enfatizzando il senso di isolamento e terrore. Le linee curve e ondulate sembrano avvolgere il protagonista, quasi risucchiandolo in un vortice di disperazione. Tutto ciò corrisponde perfettamente alla descrizione che Munch fa nella sua poesia, in cui le linee si frantumano e i colori vibrano, creando un’esperienza visiva e auditiva unica.
L’urlo interiore ed esteriore
Uno degli aspetti più affascinanti della testimonianza di Munch è il rapporto tra l’urlo interiore e quello esteriore. L’artista non specifica se l’urlo che ha udito provenisse dall’esterno o fosse una sua allucinazione, ma il confine tra i due si annulla. L’angoscia personale diventa l’angoscia del mondo, e viceversa. Questa ambiguità è ciò che rende L’urlo un’opera così potente: non si tratta solo di un grido di paura individuale, ma di un sentimento universale che tutti, in un modo o nell’altro, hanno provato.
Il senso di precarietà, l’angoscia di fronte all’ignoto, il timore della solitudine e della morte sono temi centrali nell’arte di Munch e trovano la loro espressione più pura in questi versi. La poesia e il dipinto si completano a vicenda, offrendo una visione a tutto tondo della condizione esistenziale dell’uomo moderno.
L’eredità de “L’urlo”
L’impatto culturale de “L’urlo” è immenso: il dipinto è diventato un’icona della disperazione e dell’alienazione dell’uomo contemporaneo. La sua forza espressiva ha influenzato non solo la pittura, ma anche la letteratura, la musica e il cinema. Registi come Ingmar Bergman e David Lynch hanno ripreso nelle loro opere l’atmosfera inquietante e surreale evocata da Munch, mentre il famoso “emoji dell’urlo” testimonia la pervasività dell’immagine nella cultura popolare.
I versi di Munch ci offrono una chiave di lettura privilegiata per comprendere il quadro, mostrandoci il processo interiore che ha portato alla sua creazione. Non si tratta solo di un’opera d’arte, ma di una finestra aperta sulla mente di un artista tormentato, che ha saputo trasformare il proprio dolore in un’immagine immortale.
Edvard Munch oltre la pittura
La poesia di Munch ci permette di entrare nel cuore della sua visione artistica, offrendoci una prospettiva unica sul dipinto L’urlo. La sua esperienza di dissoluzione della realtà, il senso di smarrimento e il grido che risuona nell’universo trovano nella pittura una forma visiva di incredibile potenza. Questi versi confermano che l’arte non è solo rappresentazione, ma anche espressione di emozioni profonde e indescrivibili. L’urlo continua a parlarci attraverso il tempo, ricordandoci che, in un modo o nell’altro, tutti abbiamo udito quel grido dentro di noi.