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Il significato del verso “e il naufragar m’è dolce in questo mare” di Leopardi

L'ultimo verso de "L'infinito" di Leopardi rappresenta uno dei passi più belli e commoventi della letteratura italiana e mondiale. Scopriamo il fascino di questo verso senza tempo.

Giacomo Leopardi (1798-1837) è stato uno dei più grandi poeti e pensatori italiani del XIX secolo, nonché una delle figure più influenti nella letteratura italiana.

L’ultimo verso de “L’infinito” del poeta di Recanati rappresenta uno dei passi più belli e commoventi della letteratura italiana e mondiale:

“e il naufragar m’è dolce in questo mare”

Scopriamo a analizziamo il fascino di questo verso senza tempo.

Il significato dell’ultimo verso de “L’infinito”

Leopardi comincia la poesia col suo sguardo che si infrange sulla “siepe”, quindi, questo senso di “finito” spinge il poeta ad alzare lo sguardo verso l’indefinito degli “interminati spazi”, ma non è nemmeno l’indefinito che ricerca Leopardi, la sua meta vuole che sia l’infinito, ma quest’ultimo può solo crearlo dentro sé stesso.

Creare l’infinito in sé stessi è un’operazione estrema, terribile. Il poeta riesce nell’impresa, ma il momento dura poco perché l’infinito è un luogo “ove per poco il cor non si spaura”.

Però una volta tornato nel mondo sensibile resta a Leopardi il sentore di un altro tipo di infinito, l’infinito nel tempo: .’eterno:

“e mi sovvien l’eterno”.

Allora passano dentro lui tutte le epoche passate, l’epoca presente e le future, e lui, il poeta, si lascia annegare in loro come in un porto di profonda quiete: “e il naufragar m’è dolce in questo mare”

La poesia

La poesia può essere divisa in due sezioni principali: nella prima, vengono descritte la “collina solitaria” e la siepe, che rappresenta un ostacolo visivo che impedisce di vedere “gran parte dell’estrema linea dell’orizzonte”.

Questo ostacolo spinge il poeta a lasciare la dimensione reale per entrare in quella dell’immaginazione, dove egli immagina “spazi sterminati, e silenzi non concepibili dalla mente umana, e una quiete profondissima” che lo lasciano quasi sbigottito.

Nella seconda sezione, Leopardi viene riportato alla realtà dal rumore del vento tra le foglie degli alberi, un’esperienza sensoriale (questa volta acustica) che il poeta compara al silenzio sovraumano dell’infinito spaziale, arrivando a concepire anche un infinito temporale, l’eternità, composta dalle “epoche passate e ora scomparse” e dal “tempo attuale, presente, vivente”.

Fino a questo punto, i due piani (quello della realtà e quello dell’infinito) sono stati distinti e separati dall’uso degli aggettivi dimostrativi “questo” (riferito alla realtà vicina) e “quello” (riferito all’infinito lontano). Tuttavia, nell’ultimo verso, che è uno dei più celebri della storia della letteratura, si legge: “Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Alla fine della poesia, quindi, il poeta non solo si avvicina all’infinito, ma vi si abbandona dolcemente.

Leopardi costruisce con cura il suo componimento, con l’intento di evocare la sensazione di vastità che ha vissuto: sul piano lessicale utilizza termini vaghi e indefiniti come “ultimo orizzonte” e “interminati spazi”, mentre sul piano sintattico predilige il polisindeto e la coordinazione, che dilatano il ritmo della poesia. Inoltre, sul piano metrico, usa frequentemente l’enjambement, una figura retorica che, spezzando il verso, dà alla poesia un respiro più ampio.

Leggendo questa lirica, possiamo così rivivere le stesse emozioni provate dal poeta, anche a distanza di secoli. Riusciamo a percepire tutta la potenza dell’immaginazione, il piacere di questo dolce naufragio, ma anche lo sgomento suscitato dal pensiero di una realtà così vasta, di un’eternità che scorre senza interruzioni, collegando il passato al presente e il presente al futuro.

Giacomo Leopardi

Nato a Recanati, un piccolo paese delle Marche, Leopardi ha vissuto gran parte della sua vita nella casa paterna, un luogo che, seppur culturalmente stimolante grazie alla vasta biblioteca del padre, lo ha anche reso un prigioniero dell’isolamento e della malattia

Leopardi è conosciuto per la profondità del suo pensiero e per la sua riflessione sul dolore umano, la condizione esistenziale e il pessimismo cosmico. Le sue opere principali includono la raccolta di poesie “Canti”, che contiene capolavori come “L’infinito”, “A Silvia” e “La sera del dì di festa”, e il “Zibaldone di pensieri”, un vasto diario intellettuale che raccoglie le sue riflessioni su una vasta gamma di argomenti.

La sua vita è stata segnata da una salute fragile e da una visione profondamente pessimistica della realtà, che tuttavia non ha mai impedito alla sua poesia di brillare per bellezza, eleganza e una straordinaria capacità di indagare i misteri dell’esistenza umana. La sua opera continua ad essere studiata e apprezzata per la sua capacità di esprimere in modo sublime le più intime angosce e aspirazioni dell’uomo.

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