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I versi di Dino Campana sull’amore, viaggio dell’anima

Leggiamo questi versi scritti dal sublime e irrequieto poeta Dino Campana, dedicati alla donna che ha amato e da cui è stato enormemente amato.

Dino Campana e Sibilla Aleramo furono protagonisti di una delle storie d’amore più turbolente e appassionate della letteratura italiana. Nei versi di Campana dedicati all’amata, contenuti nel prosimetro “I canti orfici” testo con una genesi più che martoriata, passando dallo smarrimento del manoscritto da parte degli editori, alla riscrittura febbrile dei testi da parte del poeta solamente con l’ausilio della memoria, emerge tutta la forza e la disperazione di un sentimento vissuto con intensità assoluta.

Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

Il viaggio dell’amore nei versi di Dino Campana

“Questo viaggio chiamavamo amore” è l’incipit di un frammento poetico che esprime l’idea dell’amore come percorso, come cammino condiviso tra due anime alla ricerca di un senso. Il viaggio non è solo metaforico, ma richiama anche gli spostamenti reali e tormentati della coppia, segnata da momenti di passione e rottura. L’amore, per Campana, è esperienza totalizzante, fusione di anime che si nutre tanto della felicità quanto della sofferenza.

Le immagini del sangue e delle lacrime rimandano al sacrificio, alla passione vissuta senza riserve. La relazione tra Campana e Aleramo fu carica di tensioni emotive, fatta di momenti di estasi e di separazioni dolorose. Le rose create con sangue e lacrime rappresentano la bellezza effimera dell’amore, un qualcosa di tanto splendido quanto fragile, destinato a sfiorire nel tempo.

Il contrasto tra sogno e realtà

“Le rose che brillavano un momento al sole del mattino” evocano l’illusione di un amore perfetto, luminoso come il primo sole del giorno. Ma la realtà si impone con forza: le rose sfioriscono sotto il sole, tra i rovi, simbolo degli ostacoli e delle difficoltà che inevitabilmente segnano ogni relazione umana. L’amore idealizzato si scontra con la cruda verità della vita, con la sofferenza che ne consegue.

L’ultima immagine del verso è struggente: “Le rose che non erano le nostre rose, le mie rose le sue rose”. Qui emerge il dolore della separazione, il riconoscimento che ciò che poteva essere condiviso è andato perduto. Le rose personali, i sentimenti di ognuno, non coincidono più; l’amore, che sembrava unico e indivisibile, si è frantumato in esperienze individuali e irripetibili.

Campana e Aleramo furono due anime ardenti, unite da una passione che sfidava le convenzioni, ma che alla fine si rivelò insostenibile. Nei versi di Campana risuona il rimpianto per ciò che è stato e per ciò che avrebbe potuto essere. Tuttavia, proprio questa intensità e questo struggimento rendono immortale il loro amore, consegnandolo alla letteratura come una delle più affascinanti e dolorose storie d’amore del Novecento.

La poesia di Campana ci insegna che l’amore è un viaggio, spesso irto di difficoltà, e che la sua bellezza sta anche nella sua caducità. La relazione con Aleramo, sebbene tormentata e destinata al fallimento, ha lasciato un segno indelebile nella sua opera, trasformando il dolore e la passione in versi di straordinaria potenza evocativa.

Sibilla Aleramo: la grandezza umana e intellettuale

Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rina Faccio, fu una scrittrice e intellettuale che segnò profondamente la letteratura italiana del Novecento. Autrice del romanzo autobiografico “Una donna”, divenne una figura emblematica dell’emancipazione femminile, affrontando nei suoi scritti temi come l’indipendenza e la libertà individuale. La sua personalità forte e ribelle la portò a vivere relazioni intense e travagliate, tra cui quella con Dino Campana, che divenne una delle storie più appassionanti e distruttive della sua vita.

Il rapporto con Campana, caratterizzato da una forte attrazione e da continui scontri, fu per Aleramo una delle esperienze più totalizzanti. Se da un lato trovava in lui un’anima affine, dall’altro si scontrava con la sua instabilità e il suo tormento interiore. Dopo la fine della loro relazione, Aleramo continuò il suo percorso letterario e umano con grande determinazione, lasciando un segno indelebile nella cultura italiana.

 

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