Corrado Augias, nella sua opera Leggere, esprime una visione essenziale e profonda del ruolo della letteratura. La sua affermazione sfida un luogo comune radicato: quello che associa alla letteratura una funzione educativa o moralistica. Esploriamo questa prospettiva, analizzandone le implicazioni e le connessioni con il ruolo della letteratura nella comprensione della condizione umana.
La letteratura non ha messaggi né valori morali da proporre, e quando ne ha, si tratta di un genere di cattiva letteratura. Il suo solo compito è di rappresentare la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità.
La letteratura non è moralismo: la lezione di Corrado Augias
Secondo Augias, l’arte della letteratura non si identifica con la trasmissione di messaggi espliciti o valori morali. Quando la narrativa, la poesia o il teatro cercano deliberatamente di “insegnare” qualcosa o di veicolare una lezione morale, rischiano di cadere in un genere inferiore, il moralismo appunto, che riduce la letteratura a uno strumento pedagogico piuttosto che a un’esplorazione artistica della realtà.
Questa critica trova una chiara corrispondenza nella storia della letteratura. Grandi autori come Fëdor Dostoevskij, Franz Kafka e Virginia Woolf hanno creato opere che non impongono alcuna morale esplicita, ma interrogano il lettore, lasciandolo libero di riflettere e trovare risposte personali. Questo non significa che tali opere siano prive di profondità etica o significati universali, bensì che tali significati emergono spontaneamente, attraverso la rappresentazione della complessità dell’esperienza umana.
La letteratura, come suggerisce Augias, si occupa di rappresentare “la contraddittoria esperienza del tutto e del nulla della vita, del suo valore e della sua assurdità”. In questo risiede il suo autentico valore: descrivere la condizione umana nella sua pienezza e nelle sue contraddizioni.
Pensiamo a L’idiota di Dostoevskij, che esplora la possibilità di un amore cristiano e puro in un mondo corrotto e egoista, o a Il processo di Kafka, che rappresenta l’assurdità di una giustizia incomprensibile e disumana. Entrambi gli autori non offrono risposte definitive né giudizi morali; piuttosto, illustrano l’ambivalenza dell’esistenza, spingendo il lettore a confrontarsi con temi fondamentali come la libertà, la colpa, l’amore e la morte.
Il grande critico letterario Roland Barthes sottolineava che il testo letterario è plurale: non esiste un’unica interpretazione valida, né un solo significato nascosto da scoprire. Analogamente, per Augias, la letteratura rappresenta un’esperienza aperta, non finalizzata a impartire insegnamenti o verità definitive.
Un esempio eloquente di ciò è rappresentato dalle opere di Italo Calvino, che spesso interrogano i limiti stessi della narrazione. In Se una notte d’inverno un viaggiatore, il lettore viene portato a riflettere sul ruolo della lettura e della scrittura senza alcuna pretesa di dare risposte o imporre verità. Piuttosto, l’autore ci invita a perderci nei labirinti del testo, a vivere l’esperienza del tout e del rien, del tutto e del nulla.
Quando la letteratura si avvicina troppo all’intento morale, si corre il rischio di banalizzare i temi trattati e di appiattire la complessità della narrazione. Questo è ciò che distingue le grandi opere dai testi di propaganda o da quei romanzi progettati unicamente per veicolare un’ideologia. La letteratura, in quanto arte, deve necessariamente lasciare spazio alla libertà interpretativa del lettore.
Un esempio moderno è rappresentato da alcuni best-seller che costruiscono narrazioni accattivanti ma facilmente assimilabili, appoggiandosi a messaggi semplicistici che non stimolano una riflessione profonda. Sebbene tali opere possano intrattenere, raramente raggiungono il livello di quelle capaci di affrontare la contraddittorietà della condizione umana con complessità.
La letteratura come esperienza trasformativa
L’idea di Augias che la letteratura rappresenti il valore e l’assurdità della vita, senza necessariamente proporre risposte morali, ci invita a rivedere il ruolo del lettore. Più che un fruitore passivo, il lettore è un co-creatore di significato, chiamato a confrontarsi con le domande profonde poste dai testi letterari.
La lettura diventa quindi un’esperienza trasformativa, capace di ampliare gli orizzonti personali e di affinare la capacità di cogliere le sfumature della realtà. Attraverso le contraddizioni dei personaggi, le ambiguità delle trame e le infinite possibilità interpretative, la letteratura offre uno spazio in cui il lettore può rispecchiarsi, interrogarsi e crescere.
La riflessione di Corrado Augias ci invita a liberarci dell’idea che la letteratura debba “insegnare” qualcosa, abbracciando invece la sua capacità di rappresentare il tout e il rien della vita umana. In questa libertà espressiva risiede la sua forza: uno specchio che riflette, senza giudicare, la complessità del mondo e delle sue infinite contraddizioni. Così facendo, la letteratura non solo arricchisce chi la legge, ma celebra anche la bellezza e il mistero del vivere stesso.