Cecco Angiolieri, poeta senese vissuto tra il XIII e il XIV secolo, è noto per la sua poesia irriverente e per il tono spesso sarcastico con cui tratta temi amorosi e quotidiani. I versi proposti offrono un esempio significativo della sua poetica, caratterizzata da una visione disincantata dell’amore e della vita.
Ma quest’è la risposta c’ho da lei:
ched ella no mi vòl né mal né bene,
e ched i’ vad’ a far li fatti mei,
ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ e pene,
men ch’una paglia che le va tra’ piei.
Mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diène!
Cecco Angiolieri e la poesia comico-realistica
Il componimento si presenta come una riflessione amara sulla risposta ricevuta dall’amata, la quale afferma di non provare né amore né odio per il poeta e lo invita a badare ai propri affari. Il tono è profondamente ironico e rispecchia una visione dell’amore lontana dall’ideale stilnovista, ponendo invece l’accento su un realismo quasi brutale.
Nei primi versi, il poeta espone la dichiarazione della donna:
“Ma quest’è la risposta c’ho da lei:
ched ella no mi vòl né mal né bene,
e ched i’ vad’ a far li fatti mei.”
Questa indifferenza dell’amata rappresenta un tema frequente nella poesia medievale, ma Cecco Angiolieri lo tratta con una prospettiva diversa rispetto ai poeti suoi contemporanei. Mentre nella lirica stilnovista il rifiuto amoroso spesso si traduce in un’occasione di elevazione spirituale, qui si trasforma in un motivo di frustrazione e sarcasmo. Il poeta non idealizza l’amore, bensì lo descrive come un rapporto pratico, quasi economico, dove la donna non mostra alcun interesse per la condizione dell’amante.
Il verso successivo rafforza questo concetto:
“Ch’ella non cura s’i’ ho gioi’ e pene,
men ch’una paglia che le va tra’ piei.”
Qui si accentua il senso di indifferenza assoluta della donna, la quale non si preoccupa minimamente dello stato emotivo del poeta, tanto che la sua sofferenza conta meno di un insignificante filo di paglia sotto i piedi. L’immagine è estremamente concreta e rimanda a un lessico quotidiano, quasi popolare, con cui Cecco Angiolieri si discosta ulteriormente dagli stilemi della poesia cortese.
Infine, l’ultimo verso:
“Mal grado n’abbi Amor, ch’a le’ mi diène!”
esprime un’imprecazione contro l’amore stesso, personificato come una forza avversa e beffarda, colpevole di averlo destinato a una donna tanto insensibile. Questa conclusione sottolinea l’atteggiamento cinico e disilluso del poeta nei confronti dei sentimenti, rovesciando il concetto dell’amore come forza nobilitante tipico della poesia del Duecento.
Il Linguaggio e le Scelte Stilistiche
Cecco Angiolieri utilizza un linguaggio diretto e accessibile, arricchito da espressioni colloquiali e immagini concrete. L’uso di termini come “paglia” e “piei” rafforza l’efficacia comunicativa del testo, creando un contrasto con la solennità tipica della tradizione poetica contemporanea. Inoltre, l’ironia è un elemento chiave della sua poetica: attraverso l’esasperazione delle situazioni e la scelta di parole semplici ma incisive, il poeta riesce a trasmettere un senso di scherno e amarezza al tempo stesso.
Cecco Angiolieri rappresenta una voce originale nella lirica medievale italiana. Sebbene si muova all’interno della tradizione stilnovista, il suo approccio è profondamente differente: laddove Dante e i suoi contemporanei celebrano la donna come simbolo di perfezione e strumento di elevazione spirituale, Cecco la descrive come una figura concreta, spesso indifferente o persino ostile. Questo atteggiamento anticipa in qualche modo il realismo della poesia burlesca e giocosa che si svilupperà nei secoli successivi.
Uno degli aspetti più innovativi della sua produzione è proprio il rovesciamento degli ideali cortesi: invece di un amore idealizzato e puro, troviamo passioni terrene e spesso frustranti; invece di un poeta innamorato e devoto, incontriamo un uomo disilluso e ironico. Questo lo rende un autore unico nel panorama della letteratura duecentesca, capace di offrire una prospettiva alternativa rispetto alla tradizione dominante.
I versi analizzati rappresentano un esempio emblematico dello stile e della poetica di Cecco Angiolieri. L’ironia, il realismo e il tono disincantato si combinano per offrire una visione dell’amore profondamente diversa da quella stilnovista, rendendo il poeta senese una figura peculiare nella letteratura italiana. Attraverso un linguaggio semplice ma efficace, Cecco riesce a trasmettere il senso di frustrazione e amarezza di fronte a un sentimento che, lungi dall’essere sublimato, diventa occasione di sarcasmo e disillusione.