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Una frase di Antonio Gramsci sul valore della cultura

Leggiamo la frase di uno degli intellettuali italiani più importanti del '900, Antonio Gramsci, le cui idee sono ancora fonte di salvezza e libertà.

Le parole qui riportate, di Antonio Gramsci (22 gennaio 1891 – 27 aprile 1937), non appartengono semplicemente a un’analisi teorica della cultura, ma si collocano in un progetto più ampio: quello dell’emancipazione individuale e collettiva attraverso la consapevolezza e l’educazione. Antonio Gramsci, intellettuale e militante, non concepisce la cultura come mero bagaglio di nozioni, né come passatempo erudito riservato a pochi. Egli la intende come forza interiore, come processo di trasformazione personale e sociale.

“La cultura […] è organizzazione, disciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri.”

Cultura come costruzione dell’io, nella citazione di Antonio Gramsci

Quando Gramsci parla di “organizzazione” e “disciplina del proprio io interiore”, si riferisce alla capacità dell’essere umano di dare un ordine alla propria esperienza. La cultura è, in questa prospettiva, uno strumento di elaborazione del sé, un processo che consente all’individuo di interpretare il mondo, ma anche di interpretare se stesso all’interno del mondo. È un’opera di architettura interiore: imparare a pensare, a distinguere, a giudicare, a dare un senso alle proprie emozioni e decisioni.

La cultura come organizzazione interiore implica dunque una responsabilità attiva. Non è cultura ciò che si accumula passivamente: è cultura solo ciò che si trasforma in coscienza critica, in capacità di scegliere con consapevolezza, in forza etica.

La cultura, continua Antonio Gramsci, è anche “presa di possesso della propria personalità”. In un mondo in cui le strutture sociali, economiche e mediatiche spesso agiscono per appiattire le individualità, l’acquisizione della propria voce autentica diventa un atto rivoluzionario. La personalità non è un dato naturale, bensì il frutto di un percorso di formazione. Solo attraverso la cultura possiamo comprendere chi siamo davvero, al di là dei ruoli imposti o delle aspettative sociali.

Questo processo richiede tempo, fatica e una continua disponibilità alla revisione. Significa fare i conti con la propria storia personale, ma anche con la storia collettiva di cui si è parte. Per Gramsci, infatti, la cultura è indissolubilmente legata alla storicità dell’essere umano.

Coscienza storica e funzione nella vita

“Conquista di coscienza superiore” significa innanzitutto presa di coscienza storica. Il soggetto culturalmente formato è colui che comprende di non essere un atomo isolato, ma una persona inserita in un processo, in una comunità, in una rete di relazioni. La cultura rende possibile questa comprensione, e con essa la consapevolezza del “proprio valore storico”.

Antonio Gramsci invita ogni individuo, specialmente coloro che vivono nelle classi subalterne, a riconoscersi come protagonisti della storia. Il sapere non è una prerogativa dell’élite: è un diritto di tutti. La cultura è ciò che consente anche ai più marginalizzati di scoprire la propria dignità e di esercitare un ruolo attivo nella trasformazione del mondo. Non è un caso che nei Quaderni del carcere, Gramsci insista tanto sulla formazione dell’“intellettuale organico”: figura che non è un erudito chiuso nella sua torre d’avorio, ma un soggetto immerso nella realtà sociale, capace di interpretarla e modificarla.

Diritti, doveri, cittadinanza

La cultura, quindi, non è mai neutra: porta con sé un’etica. “Comprendere i propri diritti e i propri doveri” significa diventare cittadini. La cultura non solo ci libera, ma ci responsabilizza. Essa ci chiama a esercitare i nostri diritti con intelligenza e a onorare i nostri doveri con coscienza. Senza cultura, la democrazia si svuota, diventa forma senza sostanza.

Per Antonio Gramsci, la cultura è dunque un fondamento politico e morale: è la base di una società giusta, consapevole, partecipativa. Dove non c’è cultura, regna la passività, il conformismo, l’alienazione. Dove la cultura è viva, si coltiva l’autonomia del pensiero, si alimenta il senso critico, si costruisce la libertà.

Oggi, in un’epoca in cui la parola “cultura” rischia di essere svilita, ridotta a prodotto da consumare o a status simbolo, il messaggio di Gramsci conserva un’urgenza straordinaria. In tempi di disinformazione, di appiattimento mediatico, di perdita di memoria storica, la sua visione ci ricorda che la cultura non è un lusso, ma una necessità vitale.

In un mondo dominato da algoritmi, da slogan e da narrazioni semplificate, coltivare la propria interiorità, riflettere sul senso della propria esistenza, riconoscere il proprio posto nella storia, sono gesti controcorrente. Ma sono anche gesti fondativi, capaci di restituire dignità all’essere umano.

La cultura, secondo Antonio Gramsci, è il terreno in cui si forma l’individuo libero e la società giusta. È lotta contro la superficialità, contro l’ignoranza indotta, contro l’individualismo egoista. È invece coscienza, responsabilità, solidarietà. Raccogliere l’invito di Gramsci significa accettare la sfida di vivere in modo autentico, consapevole, impegnato. Significa capire che la cultura non si eredita: si conquista. E che tale conquista è, forse, il senso più alto del nostro stare al mondo.

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