I versi di Anna Achmatova sull’amore e i suoi incanti

10 Agosto 2025

Leggiamo i versi tratti dalla chiusura della poesia "Amore" di Anna Achmatova, versi in cui la poetessa descrive l'amore e i suoi sortilegi al cuore.

I versi di Anna Achmatova sull'amore e i suoi incanti

Anna Achmatova, una delle voci più intense e riconoscibili della poesia russa del XX secolo, ha saputo trasformare l’esperienza individuale dell’amore, della perdita e della memoria in una dimensione universale, capace di parlare a lettori di ogni tempo e luogo. I versi da te citati, tratti dalla poesia “Amore”, condensano in poche immagini una riflessione complessa sul sentimento amoroso, inteso non come semplice gioia o idillio, ma come mistero che sfugge alla tranquillità, che abita la tensione fra bellezza e dolore, fra luce e ombra.

Riportiamoli nuovamente, come punto di partenza:

Ora sprizza nella brina,
visione nella violaciocca …
Ma evita – occulto mistero –
la gioia e la tranquillità.

Singhiozza così dolce che
violino angosciato che implora,
è dura scovarlo però
in un sorriso sconosciuto.

Anna Achmatova e un sorriso sconosciuto

Il componimento si apre con una contrapposizione immediata: “sprizza nella brina”. L’immagine della brina richiama il freddo, la rigidità, il silenzio invernale, ma il verbo “sprizza” introduce un elemento dinamico, quasi una scintilla di vita che irrompe in un contesto immobile. L’amore, per Anna Achmatova, non è mai del tutto quieto o pacificato: è una forza che irrompe anche nei luoghi o nei momenti più gelidi, portando con sé un fremito inatteso.

L’accostamento successivo, “visione nella violaciocca”, sposta l’attenzione su un’immagine floreale, delicata, intrisa di colore e profumo. La violaciocca, fiore che sboccia spesso nei periodi di transizione tra le stagioni, diventa simbolo di fragilità e resistenza insieme. La “visione” suggerisce un’apparizione quasi miracolosa, qualcosa che si manifesta e al tempo stesso resta inafferrabile.

L’amore come mistero inquieto

La seconda parte della prima strofa introduce un aspetto centrale della visione achmatoviana: l’amore “evita – occulto mistero – la gioia e la tranquillità”. Qui l’autrice sovverte l’idea comune del sentimento amoroso come fonte di appagamento e serenità. L’amore, per lei, è qualcosa di irregolare e perturbante, che non si lascia ridurre a uno stato di calma permanente.

Definendolo un “occulto mistero”, la poetessa ne sottolinea la natura insondabile: non si tratta di un enigma da risolvere, ma di una realtà interiore che resiste a ogni definizione, e che anzi sembra trovare la propria forza nel restare lontana dalla “gioia” intesa come piacere stabile e dalla “tranquillità” come quiete emotiva. L’amore, insomma, è movimento, tensione, un flusso che vive anche del suo stesso turbamento.

La dolcezza del dolore

La seconda strofa introduce una delle metafore più potenti: “Singhiozza così dolce che / violino angosciato che implora”. Qui Anna Achmatova utilizza un ossimoro apparente — la dolcezza del singhiozzo — per descrivere una dimensione in cui il dolore e la bellezza si intrecciano indissolubilmente. Il singhiozzo, espressione fisica della sofferenza o dell’emozione intensa, viene definito “dolce” perché è intriso di verità e autenticità.

Il paragone con il “violino angosciato” amplifica l’immagine: lo strumento musicale, simbolo di malinconia e struggimento, “implora” come un amante ferito. La musica, come l’amore, può essere dolce e dolorosa allo stesso tempo, capace di toccare corde emotive profonde che sfuggono alla razionalità.

Il sorriso sconosciuto

Gli ultimi due versi aggiungono un ulteriore livello di complessità: “è dura scovarlo però / in un sorriso sconosciuto”. Qui l’amore sembra sfuggire alle manifestazioni più immediate e riconoscibili, come il sorriso. Non si lascia catturare da segni esterni convenzionali, non si identifica con la semplice gioia visibile. Il sorriso è “sconosciuto” perché appartiene a un volto non familiare o, più simbolicamente, perché è una maschera dietro la quale non sempre si cela il sentimento vero.

In questo senso, la poetessa suggerisce che l’amore autentico non si mostra necessariamente nelle forme che ci aspettiamo: non sempre si riconosce nei gesti di felicità esplicita, ma può vivere nascosto, silenzioso, persino invisibile agli occhi degli altri.

Amore e condizione umana

Questi versi, pur brevi, racchiudono una riflessione universale: l’amore non è un semplice rifugio di pace, ma un’esperienza complessa che può essere luminosa e gelida, dolce e dolorosa, visibile e nascosta. Achmatova, con la sua sensibilità acuta, rifiuta di ridurre l’amore a un’immagine univoca: lo presenta come un fenomeno che sfugge alla classificazione, che vive di contraddizioni e si nutre tanto della vicinanza quanto dell’assenza.

Il richiamo costante a immagini naturali — la brina, il fiore, il violino come voce della natura umana — inserisce il sentimento in una dimensione più ampia, quasi cosmica. L’amore, così come lo descrive, è parte di un ciclo di apparizioni e nascondimenti, di fioriture e ritiri, un ritmo che non appartiene soltanto all’individuo ma all’esistenza stessa.

La poetica dell’inafferrabile

Uno degli aspetti più affascinanti della poesia di Anna Achmatova è la capacità di suggerire molto più di quanto dichiari esplicitamente. In questi versi, ogni immagine è al tempo stesso concreta e simbolica, ogni emozione è accennata più che descritta in modo diretto. Il lettore è chiamato a colmare i vuoti, a percepire i legami sottili tra le immagini, a riconoscere in sé quella stessa tensione tra desiderio e mistero.

La “dolcezza” che abita il singhiozzo, la “visione” che appare nella brina, il sorriso che resta sconosciuto: tutto concorre a creare un’atmosfera di sospensione, in cui l’amore è presente ma mai completamente posseduto.

In definitiva, questi versi di Anna Achmatova offrono una rappresentazione dell’amore che non indulge nei sentimentalismi, ma lo restituisce nella sua forma più vera: un’esperienza viva, contraddittoria, intrisa di bellezza e dolore, che esiste proprio perché non è mai del tutto compiuta o svelata. È un sentimento che si manifesta come scintilla nel gelo, come canto angosciato di violino, e che spesso, quando lo cerchiamo nei segni più ovvi, si è già nascosto altrove.

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