I versi di Amelia Rosselli sulla leggerezza dell’estate

11 Agosto 2025

In questi versi di Amelia Rosselli, la poetessa ci immerge in un'estate leggera, spensierata ma che, se non si fa attenzione, può divenire superflua.

I versi di Amelia Rosselli sulla leggerezza dell'estate

I versi di Amelia Rosselli si collocano perfettamente nel panorama poetico di un’autrice capace di intrecciare memoria personale, stratificazione simbolica e una tensione linguistica costante.

«Dentro della gloria scappava il fumo delle mie malinconie
d’estate, la mattina appena sveglia. Dentro l’estate scappava
la polvere da sparo delle invidie. Le donne, femmine come
me, scappavano per altre sostanze mentre giocavo con uomini
di cui avrei fatto volentieri a meno»

Amelia Rosselli e l’estate

Amelia Rosselli, tra le figure più originali della poesia italiana del secondo Novecento, riesce in pochi versi a concentrare immagini che oscillano tra il lirico e il crudo, tra il quotidiano e il visionario. Questa sezione, con la sua struttura in apparente flusso di coscienza, invita a un’interpretazione che tenga conto sia del piano autobiografico sia di quello metaforico, senza dimenticare la dimensione sperimentale della sua scrittura.

“Dentro della gloria scappava il fumo delle mie malinconie”

L’incipit apre con una contraddizione apparente: la “gloria”, parola dal forte valore positivo, associata alla riuscita, al riconoscimento o alla pienezza di vita, diventa un contenitore da cui “scappa il fumo” delle malinconie. L’immagine suggerisce che persino nei momenti di successo o apparente felicità, il dolore interiore trova vie di fuga, rivelandosi inevitabile e sotterraneo.

Il “fumo” è un elemento impalpabile e instabile, che sfugge al controllo e che, pur essendo immateriale, occupa lo spazio visivo e olfattivo. Associato alla malinconia, diventa simbolo di un’emozione che permea l’esperienza senza poter essere afferrata, un sentimento che filtra anche nei momenti di “gloria” personale o artistica.

“D’estate, la mattina appena sveglia”

La collocazione temporale “d’estate” e “la mattina appena sveglia” sembra portare un contrasto ulteriore: la stagione e l’ora del giorno evocano calore, luce, possibilità di rinascita; ma qui, piuttosto che gioia o slancio vitale, si percepisce un senso di pesantezza emotiva. È come se Amelia Rosselli volesse mostrare che la malinconia non obbedisce al calendario né alle condizioni esteriori: può abitare anche i giorni più luminosi.

Il dettaglio dell’“appena sveglia” aggiunge un tono di intimità e vulnerabilità. Il risveglio è il momento in cui la coscienza si affaccia lentamente al mondo, priva ancora delle difese e delle occupazioni quotidiane: la malinconia, in questa fase, appare pura e non mediata.

“Dentro l’estate scappava la polvere da sparo delle invidie”

Qui l’immagine si fa più aggressiva. La “polvere da sparo” porta con sé il senso di esplosione, di violenza latente, di pericolo pronto a manifestarsi. Associare questo elemento alle “invidie” significa dare loro un potere distruttivo e improvviso, capace di lacerare rapporti e stabilità emotiva.

Il fatto che questa polvere “scappi” suggerisce che l’invidia non è qualcosa che si manifesta sempre apertamente: può sfuggire da contesti apparentemente innocui, insinuandosi nell’atmosfera estiva, proprio quando ci si aspetterebbe leggerezza.

In questo modo, Amelia Rosselli accosta due elementi tipicamente contrapposti: la pienezza solare dell’estate e la carica oscura dell’invidia, producendo un cortocircuito emotivo che rafforza la tensione del testo.

L’autrice introduce qui una riflessione di genere, esplicitando un legame – e forse una rivalità – con altre donne. L’uso del termine “femmine” accentua una dimensione carnale e biologica, rispetto al più neutro “donne”, sottolineando una condizione condivisa ma anche segnata da competizioni, desideri e fragilità simili.

C’è un senso di comunità implicita (“come me”), ma anche di distanza: queste altre donne “scappavano per altre sostanze”, suggerendo che le loro fughe, i loro desideri o le loro evasioni seguivano direzioni diverse da quelle dell’io poetico.

“Scappavano per altre sostanze”

Il sintagma “altre sostanze” resta volutamente ambiguo. Può riferirsi a sostanze reali, materiali – come il denaro, i beni, o persino droghe – ma anche a “sostanze” simboliche, come esperienze, passioni, sogni. Questa vaghezza lessicale lascia spazio a un’interpretazione ampia, e nel contesto rosselliano potrebbe alludere tanto a elementi concreti quanto a motori interiori dell’azione umana.

La fuga verso “altre sostanze” crea una distanza esistenziale tra l’io e le altre figure femminili, come se i loro percorsi non potessero coincidere.

“Mentre giocavo con uomini di cui avrei fatto volentieri a meno”

Il verso finale è diretto, quasi privo di ornamenti, e chiude il passaggio con una nota amara. Il “giocare” introduce un’ironia amara: è un verbo che suggerisce leggerezza e svago, ma qui è usato per descrivere rapporti poco desiderati, forse dettati da necessità sociali, emotive o artistiche.

Il fatto che l’io poetico li avrebbe “fatti volentieri a meno” rafforza il senso di alienazione e di scollamento emotivo. Gli uomini, in questo scenario, appaiono come presenze con cui l’autrice interagisce senza vero coinvolgimento, forse come parte di un contesto mondano o artistico in cui le relazioni sono obbligate e prive di autenticità.

Questi versi di Amelia Rosselli, intensi e stratificati, intrecciano sensazioni di gloria e malinconia, calore estivo e tensioni sotterranee, rapporti femminili e maschili segnati da distanze e insoddisfazioni. Il linguaggio alterna immagini liriche (“fumo delle malinconie”) a espressioni quasi prosastiche (“di cui avrei fatto volentieri a meno”), mantenendo una tensione continua tra il poetico e il quotidiano.

La forza del testo risiede proprio in questa alternanza: non c’è mai una visione univoca, ma un movimento costante tra opposti che si contaminano. La poetessa mostra come, anche “dentro la gloria”, possano convivere malinconie, invidie e rapporti scomodi. La sua poesia diventa così un atto di sincerità, capace di rifiutare le narrazioni semplici per abbracciare la complessità dell’esperienza umana.

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