Tra i più grandi maestri della fotografia, Robert Capa ha fatto della guerra il suo soggetto prediletto
MILANO – Robert Capa è uno tra i maggiori fotoreporter della storia della fotografia. Fondatore della prestigiosa Agenzia Magnum, ha trascorso la sua seppur breve vita sugli scenari più terribili delle guerre in tutto il mondo, con un unico e preciso intento: imprimere sulla pellicola il dolore che si respirava, vedeva ed udiva nei campi di battaglia.
ROBERT CAPA – Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann, nacque a Budapest il 22 ottobre 1913 da una famiglia di origini ebraiche. A causa del suo coinvolgimento nelle proteste contro il governo di estrema destra, e in quanto militante del Partito Comunista, Capa fu costretto a lasciare ben presto l’Ungheria. Si trasferì in Germania, dove si iscrisse al corso di giornalismo della Deutsche Hochschule fur Politick. La sua originaria ambizione era quella di diventare scrittore, ma il suo impiego presso uno studio fotografico a Berlino, preso per potersi pagare gli studi, lo avvicinò molto al mondo della fotografia. Nel 1933, a causa dell’avvento del nazismo, fu costretto a trasferirsi in Francia. La Parigi degli anni Trenta era una città dinamica, colta e cosmopolita, che lo stimolò ad intraprendere una vera carriera da fotografo. Fu in questo periodo che la compagna di allora lo convinse a mutare il nome in Capa, per il suono più familiare all’estero e per l’assonanza con il nome del popolare regista Frank Capra.
I PRIMI PASSI NEL MONDO DEL FOTOGIORNALISMO – Di lì a poco venne inviato in Spagna per documentare la guerra civile spagnola. Anche grazie a Capa, la guerra civile divenne uno dei primi conflitti con una grande copertura mediatica. Nessun altro fotoreporter come lui riuscì a fermare nelle foto la morte. L’esempio più celebre è quello della fotografia scattata a Cordova nel 1936, che ritrae un soldato appartenente all’esercito repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dall’esercito franchista. Lo scatto apparve per la prima volta su VU, poi su Life ed in seguito sul Picture Post. Per la sua grande notorietà, la fotografia fu oggetto di numerosi ed approfonditi studi, che fecero emergere l’autenticità dello scatto. Solo a metà degli anni Novanta si diffuse la notizia che il miliziano ritratto era un anarchico, morto in un combattimento, ma non in campo aperto come la fotografia voleva far intendere. Le eventuali incongruenze storico geografiche nulla tolgono tuttavia all’inestimabile valore che lo scatto acquisì come simbolo di tutti i soldati lealisti morti durante la guerra civile spagnola. A tutti coloro che ponevano domande riguardo l’autenticità di quella fotografia, Capa rispondeva con queste parole: “Per scattare foto in Spagna non servono trucchi, non occorre mettere in posa. Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità”. Numerosissimi scatti del fotoreporter risalenti alla Guerra civile spagnola furono ritenuti per decenni perduti. Riemersero fortunatamente a Città del Messico negli anni Novanta.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE – Dopo l’esperienza spagnola, decise di partire alla volta della Cina per documentare la resistenza contro l’invasione giapponese. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale Capa era a New York, per lavoro e al sicuro dalle persecuzioni anti ebraiche. Nel 1943 raggiunse la Sicilia, dove documentò con un preziosissimo reportage lo sbarco Anglo – Americano. Oltre al materiale iconografico, Capa ha lasciato anche memorie di questo periodo in un diario, pubblicato nel 1947 con il titolo “Slightly out of focus”. Qui sono riportati in modo dettagliato tutti gli avvenimenti cruenti a cui assiste mentre è al seguito dell’esercito americano in veste di fotoreporter. Descrive in particolar modo le settimane dell’Operazione Husky in Sicilia e della ritirata dei militari tedeschi.
LA POETICA DELL’ARTISTA – Al termine della Seconda Guerra Mondiale Capa divenne cittadino americano e nel 1947 insieme ad Henry Cartier Bresson fondò la famosissima agenzia fotografica Magnum. La sua grandissima passione per la fotografia portò Capa ad intraprendere il suo ultimo viaggio, con l’intento di documentare la prima Guerra d’Indocina in veste di inviato della rivista “Live”. Il fotogiornalista si imbarcò insieme ad una squadra di truppe francesi ma, dopo essersi inoltrato in un campo minato, morì, a soli 40 anni. L’intento di Capa era quello di catturare l’attimo per eccellenza, cogliere quell’istante nella frenesia della guerra che nessuno era ancora mai riuscito a riportare in uno scatto. E tutto ciò valeva il forte rischio di esporsi in prima persona ai combattimenti. Osservando i suoi scatti, ciò che traspare è proprio l’immediatezza delle immagini, l’intimità instaurata con il soggetto, il dolore delle persona impresso sulla pellicola.
11 luglio 2013
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