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Nelle fotografie e nei film di Bas Jan Ader, il fallimento del sogno moderno raccontato per immagini

Un'opportunità per conoscere e approfondire l'opera di una tra le più singolari personalità creative degli anni Sessanta e Settanta e di evidenziarne la forte influenza sugli artisti delle generazioni successive, grazie all'attualità della sua ricerca: ''Bas Jan Ader. Tra due mondi'' è la prima retrospettiva dedicata a Bas Jan Ader in Italia, a cura di Javier Hontoria. Promossa da MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna (Istituzione Bologna Musei), la mostra è allestita presso Villa delle Rose fino al 17 marzo...
Allestita a Villa delle Rose a Bologna fino al 17 marzo e promossa da MAMbo, “Bas Jan Ader. Tra due mondi”, la prima retrospettiva dedicata all’artista olandese che usò il linguaggio fotografico e cinematografico per rappresentare la fine della modernità e dei suoi eroi

MILANO – Un’opportunità per conoscere e approfondire l’opera di una tra le più singolari personalità creative degli anni Sessanta e Settanta e di evidenziarne la forte influenza sugli artisti delle generazioni successive, grazie all’attualità della sua ricerca: “Bas Jan Ader. Tra due mondi” è la prima retrospettiva dedicata a Bas Jan Ader in Italia, a cura di Javier Hontoria. Promossa da MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna (Istituzione Bologna Musei), la mostra è allestita presso Villa delle Rose fino al 17 marzo, ed è realizzata grazie al prezioso contributo della collezione del Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e di Patrick Painter Editions.

L’ARTISTA
– Il titolo allude alla condizione di essere costantemente “in transito” che l’artista stesso sperimentò vivendo tra Europa e Stati Uniti, tra il Vecchio e  il Nuovo mondo, tra la soggettività romantica e la fredda oggettività dell’arte concettuale, tra l’estremo razionalismo di Mondrian e l’assurdo della slapstick comedy – quel genere di comicità da film  muto basata sul linguaggio del corpo. Il carattere leggendario della sua vita e della sua opera lo hanno reso, a oggi, una figura chiave nello scenario dell’arte contemporanea. Nato nel 1942 vicino a Groninga, nei Paesi Bassi, frequentò la Rietveld Academy ad Amsterdam: l’amico Ger van Elk raccontò che per tutto un semestre Ader utilizzò lo stesso foglio di carta, cancellando ogni volta i suoi disegni non appena li aveva finiti. Studente ribelle, a diciannove anni  partì in autostop alla volta del Marocco, da dove si imbarcò per gli Stati Uniti: la nave fece naufragio davanti alle coste della California, e lui si stabilì a Los Angeles. Qui frequentò l’Otis Art Institute, dove si laureò e conobbe la sua futura moglie, Mary Sue Andersen, figlia del direttore dellOtis: i due si sposarono a Las Vegas, e durante la cerimonia Ader usò due stampelle per sorreggersi simbolicamente. Negli anni Settanta entò nella fase più produttiva della sua carriera: nel 1970 realizzò la prima delle sue “cadute”, filmati delle sue cadute, intitolata “Fall 1”, in cui lui cade dal tetto della sua casa. Nel 1975 risulta disperso in mare mentre stava tentando di raggiungere l’Irlanda a bordo di una piccola imbarcazione di 4 metri di lunghezza. Era partito dalle coste del Massachussets per un viaggio che doveva fare parte del suo progetto “In search of the miraculous”.

L’UOMO E LA NATURA – Il percorso espositivo a Villa delle Rose comprende una selezione delle opere più significative di Bas Jan Ader, fotografie e filmati, e si articola in sei aree che riprendono i temi ricorrenti della sua ricerca. Si inizia con “Melanconia e Romanticismo”, sezione in cui si evidenzia l’adesione di Bas Jan Ader ad alcuni dei temi della tradizione romantica, che affiora nel corso di tutta la sua carriera. Per esempio, il senso di solitaria soggettività dell’individuo di fronte a una natura incommensurabile e incomprensibile, perfettamente espresso in “Farewell to faraway friends” che ricorda l’opera “Monaco in riva al mare”, quadro del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich. Ader amava esaltare la sensazione di inferiorità che l’essere umano vive nel rapporto col paesaggio. Un atteggiamento affine alla melanconia, stato mentale accuratamente studiato dai neoplatonici e dal pensiero umanista del Quattrocento fiorentino, che emerge palesemente in “The artist as consumer of extreme comfort” per i suoi evidenti riferimenti alla famosa incisione “Melanconia I” di Albrecht Dürer, pittore e incisore tedesco vissuto nel Quttrocento. Entrambi i lavori alludono alla condizione di estraniamento dei nati sotto Saturno, dio dei malinconici.

ESERCIZI DI EVANESCENZA – L’area tematica successiva è “Come scomparire completamente”, ed esemplifica con i lavori esposti il gioco di presenza/assenza, in cui l’artista è destinato a scomparire, motivo ricorrente nella sua ricerca. Bas Jan Ader ha sempre lavorato in solitudine. Tuttavia, pur essendo un personaggio riservato e sfuggente, non ha rinunciato a diventare spesso il centro visivo delle sue opere, come in questo esercizio evanescente che prefigura le “cadute” in mostra al piano superiore. Il filmato “Nightfall”  e la serie di scatti “(Untitled) Tea Party” ne sono un esempio significativo.

IL CONFRONTO CON L’EREDITÀ DI MONDRIAN – A seguire, in “L’eredità di Mondrian” viene analizzato il rapporto di Ader con il maestro suo compatriota. Da giovane Bas Jan Ader studiò in maniera approfondita Piet Mondrian, esponente di spicco del movimento artistico olandese De Stijl, attratto dal suo estremo rigore nell’uso ossessivo di linee orizzontali e verticali in un radicale tentativo di razionalizzazione delle forme e della rappresentazione della realtà, che rifiutava completamente la linea diagonale. Questo tema viene ripreso da Ader in alcune delle sue più celebri “cadute”: “Broken fall (geometric), Westkapelle, Holland” mostra l’artista che cade seguendo una traiettoria perfettamente diagonale, con il faro di Westkapelle sullo sfondo. Il faro, dipinto da Mondrian nel 1910, è un elemento ricorrente nelle opere che Ader dedica alla revisione dell’eredità modernista. Attraverso le sue “cadute”, l’artista esplora il fallimento di tale progetto e la sua illusione di rendere il mondo migliore, ambizione di cui Mondrian si fece portavoce.

LA TEATRALIZZAZIONE DEL LINGUAGGIO – “Linguaggio e teatro” è l’area tematica successiva del percorso espositivo. Il linguaggio fu uno degli strumenti più importanti e più utilizzati dagli artisti degli anni Sessanta sia in Europa sia negli Stati Uniti. Bas Jan Ader lo ha utilizzato il linguaggio per trasmettere attraverso di esso le sue personali inquietudini, teatralizzandole nello spazio. Il risultato più conosciuto è l’opera “Please don’t leave me”, una frase che dopo essere stata scritta su un muro, fu fotografata e più tardi cancellata. La registrazione fotografica diviene così impronta di quell’esperienza effimera vissuta dal linguaggio, un’espressione personale e soggettiva che si converte, momentaneamente, in un “evento” pubblico.

LA VISIONE DI ADER DELL’ARTE CONCETTUALE – La sezione seguente della mostra prende il nome da uno dei lavori più conosciuti ed emblematici di Ader: “I’m too sad to tell you”. Il film è tanto magnetico quanto enigmatico: mostra l’artista in primo piano, mentre piange di fronte alla macchina da presa. Non conosciamo le sue ragioni, non sappiamo perché stia piangendo e il titolo stesso del lavoro esprime con chiarezza la sua volontà di non comunicarci le sue motivazioni. “I’m too sad to tell you” è l’opera di Ader che meglio esprime la sua particolare e personale visione dell’arte concettuale. Si tratta di una sequenza di immagini che, facendosi segno visivo significante, rappresenta il concetto stesso di melanconia: “questo è piangere.”

LE “CADUTE” – La parte finale della mostra – “Falling” – è incentrata sulle celebri “cadute”, dove lo stato d’animo esistenzialista e allo stesso tempo comico che caratterizza lo spirito di Bas Jan Ader si esprime al meglio. I tre film qui proiettati – “Broken fall (organic), Amsterdamse Bos, Holland”; “Fall I, Los Angeles”; “Fall II Amsterdam” – sono stati girati su un canale di Amsterdam,  nella casa dell’artista a Claremont (California) e vicino a un ruscello in Olanda. Sono sequenze di immagini che riprendono semplicemente una persona che cade, divenendo rappresentazioni visive del concetto stesso di caduta, senza alcun riferimento a cause e conseguenze. I film, girati dalla moglie dell’artista Mary Sue Ader in bianco e nero e senza sonoro, evocano la caduta dell’eroe nella tragedia greca e, allo stesso tempo, ricordano le comiche di Keaton e Chaplin così come i personaggi di Albert Camus e del Teatro dell’Assurdo di Samuel Beckett. Ancora una volta, Bas Jan Ader mette in scena l’epilogo del sogno moderno e il fallimento dei suoi eroi.

IL DOCUMENTARIO – Concludono il percorso il documentario “Here is Always Somewhere Else” diretto da Rene Daalder e una selezione di libri e cataloghi dedicati all’opera dell’artista. Il film è la versione unica e originale girata dal regista olandese nel 2007 sulla vita e il destino Bas Jan Ader, che esplora il concetto di gravità e l’attaccamento all’estetica romantica come tematiche essenziali della sua opera. Daalder porta come testimoni artisti importanti che sono stati vicini ad Ader durante la sua vita o che sono stati influenzati dal suo approccio unico all’arte, come Ger van Elk, amico di lunga data, e Tacita Dean, eccezionale artista dei nostri giorni.

IL CATALOGO DELLA MOSTRA
– In occasione dell’esposizione viene pubblicata l’edizione italiana del catalogo “Bas Jan Ader. Please don’t leave me” (Edizioni MAMbo in collaborazione con Museum Boijmans Van Beuningen), con testi di Erik Beenker, Tacita Dean, Elbrig de Groot, Doede Hardeman, Jörg Heiser, Javier Hontoria e Gianfranco Maraniello.

29 gennaio 2013

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