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Le fotografie ritrovate di Vivian Maier in mostra a Roma

Dal 17 marzo fino al 18 giugno, al Museo di Roma in Trastevere la mostra "Vivian Maier. Una fotografa ritrovata"

MILANO – L’ingresso della produzione fotografica Vivian Maier  nel mondo dell’arte e nella storia della street photograpy è stato repentino quanto inatteso. Un evento che raramente accade nel panorama artistico, una scoperta improvvisa quanto fortuita che da subito ha meravigliato. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, Vivien Maier passò la sua vita accompagnata da una macchina fotografica, custodendo i suoi oltre 150.000 negativi dietro una vita riservata e modesta. Da quando, nel 2007, John Maloof, all’epoca agente immobiliare, oggi curatore del’archivio Maier, acquistò casualmente durante un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento, il mondo della fotografia ha scoperto una maestra. E da allora i suoi scatti stanno compiendo il giro del mondo, fra mostre e approfondimenti postumi.

LA MOSTRA – Dal 17 marzo fino al 18 giugno, 120 fotografie ed filmati in super 8 della Maier approderanno al Museo di Roma in Trastevere con la mostra “Vivian Maier. Una fotografa ritrovata” a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro.

La mostra presenta scatti in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta. Le sue fotografie non sono mai state esposte né pubblicate mentre lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati, Vivian Maier sembrava fotografare per se stessa. Osservando il suo corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzanghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi a questa misteriosa fotografa.

VIVIAN – Vivian Maier nasce nel 1926 a New York da padre austriaco e madre francese. All’inizio degli anni Trenta si trasferisce con la madre a Champsaur in Francia. Nel 1938 rientra negli Stati Uniti e torna in Francia soltanto nel 1950-1951 per mettere all’asta una proprietà di famiglia che le era stata lasciata in eredità. Nel corso di questo soggiorno scatta le sue prime fotografie “francesi”: percorrendo la regione in bicicletta cattura l’anima delle persone che la abitano, i contadini, i bambini, gli anziani con la stessa ossessione per la documentazione e l’accumulo che caratterizza la sua successiva produzione americana e rappresenta una delle chiavi principali della sua poetica.
Tornata a New York, con i soldi ricavati dalla vendita compra una Rolleifleix con la quale viaggiò negli Stati Uniti prima di stabilirsi a Chicago. Qui viene assunta come bambinaia dalla famiglia Ginsburg e dà libero sfogo alla sua passione per la fotografia, sviluppando alcuni i negativi e film nel bagno privato che ha a disposizione, lasciandone però diverse centinaia non sviluppati. Riservata e discreta, Maier scattava principalmente per sé stessa.
Tra il 1959 e il 1960 compie un lungo viaggio intorno al mondo e come ultima tappa sceglie Champsaur dove continua la documentazione della regione e dei suoi abitanti spostandosi in bicicletta e scattando moltissime fotografie. Negli anni successivi continua a lavorare come bambinaia e a scattare moltissimo, anche a colori. Ormai anziana, viene ricoverata per un banale incidente, quel ricovero, che doveva essere passeggero, si rivela fatale. Muore il 21 aprile 2009. Nell’arco della sua vita realizza oltre centomila fotografie, alcuni filmati amatoriali e registrazioni audio, ma il suo lavoro rimane sconosciuto fino a quando John Maloof, impegnato nella stesura di un libro sulla storia degli abitanti di Portage Park lo scopre per puro caso, nel 2007.

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