MILANO – Dal 9 febbraio al 5 maggio, le Scuderie del Castello Visconteo di Pavia ospiteranno la rassegna dedicata alla grande fotografa Vivian Maier, una delle massime esponenti dello street photography da poco riscoperta. Questa grande mostra racconta con più di 100 fotografie in bianco e nero gli aspetti più intimi e personali della vita dell’artista e uno spaccato della società americana della metà del ‘900.
La riscoperta di Vivian Maier
Dal 9 febbraio al 5 maggio, le Scuderie del Castello Visconteo di Pavia ospiteranno la rassegna dedicata alla grande fotografa Vivian Maier, una delle massime esponenti dello street photography da poco riscoperta. Questa grande mostra, curata da Anne Morin e Piero Francesco Pozzi, racconta con pellicole super 8mm e con più di 100 fotografie in bianco e nero gli aspetti più intimi e personali della vita dell’artista; si capiranno anche molti aspetti della sua personalità, originale e unica, che delineano quello strano rapporto che la Maier aveva con la fotografia, in quanto tenne sempre nascosti i suoi scatti, come se volesse conservarli solo per sé.

L’ossessione della fotografia
Nata a New York da madre francese e padre austriaco, la Maier trascorre gran parte della usa giovinezza in Francia dove, con la sua Kodak, inizia a scattare le sue prime fotografie. Negli anni ’50 torna poi a vivere negli Stati Uniti dove lavora come bambinaia per diverse famiglie. Questa professione la manterrà per tutta la sua vita e la sua precaria condizione di instabilità economica e abitativa condizionerà fortemente la sua produzione fotografica, incentrata oltre che sugli autoritratti, sui ritratti delle strade di New York e di Chicago, dove si impegna ad immortalarne la vita che le popolano, dai bambini, ai suoi abitanti, agli oggetti abbandonati, ai graffiti, ai giornali e in generale a qualsiasi cosa catturi la sua attenzione. Pur lavorando nei quartieri borghesi, dai suoi scatti emerge un certo fascino verso ciò che è lasciato da parte, essere umano o no, e un’affinità emotiva nei confronti di chi lotta per rimanere a galla; il suo lavoro mostra quindi il bisogno di salvare la “realtà” delle cose trovate nei bidoni della spazzatura o buttate sul marciapiede. Così facendo la Maier ha restituito non solo un grande patrimonio fotografico, ma uno spaccato originale della vita americana della seconda metà del XX secolo.

Uno spaccato di società
Tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio, cercando di sopravvivere senza fissa dimora e in gravi difficoltà economiche, Vivian vede i suoi negativi andare all’asta a causa di un mancato pagamento alla compagnia dove li aveva immagazzinati. Parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che, affascinato da questa misteriosa fotografa, inizia a cercare i suoi lavori dando vita a un archivio di oltre 120.000 negativi. Un vero e proprio tesoro che ha permesso al grande pubblico di scoprire in seguito la sua affascinante vicenda. Il lavoro della Maier, quindi, non è solo una testimonianza della storia fotografia e di una fotografa, ma è un esempio di come tramite l’arte (in questo caso la fotografia) si possa giungere ad un racconto non finalizzato a sé stesso, ma che restituisce uno spaccato della nostra società contemporanea.
