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Alec Soth, la fotografia come aiuto contro la timidezza

Alec Soth, nella giuria per i Magnum Awards di quest'anno, racconta di come la timidezza gli ha permesso di catturare i suoi straordinari ritratti

MILANO – Il fotografo Alec Scoth racconta a distanza di anni di come la fotografia sia stata di fondamentale importanza per affrontrare la sua timidezza. A scuoterlo da questa condizione, sono stati di forte aiuto gli studi intrapresi all’università, che sono stati affrontati dall’artista proprio come una sorta di terapia per imparare a relazionarsi con gli altri e ad affrontare nel modo migliore questa paura. La reticenza, così, è stata ripagata. Nell’arco di cinque anni, Soth ha affrontato diversi viaggi lungo la  strada che va dal Mississippi fino alla sua città natale nel Minnesota. I suoi scatti non sono altro che una raccolta di paesaggi e ritratti che sono stati confrontati con il lavoro di Robert Frank. I lavori di Soth sono poi stati riportati in un libro auto-stampato che è stato incluso nella Biennale di Whitney del 2004 e ha ricevuto assegnazioni che gli hanno portato a partecipare a Magnum Photos. Le sue immagini del Mississippi sono popolate da sognatori. Ne è esempio lo scatto intitolato Charles, che è allo stesso tempo disarmante e misterioso. Un momento catturato in parte a causa della timidezza di Soth che ama lavorare con una macchina fotografica di grandi dimensioni e treppiede, che gli permette di osservare il suo soggetto mentre sta impostando la fotocamera. BBC Culture spiega a proposito, il singolare lavoro dell’artista.

L’ INQUIETUDINETra il 2006 e il 2010, Soth ha avuto la possibilità di partecipare a un singolare progetto. Questo, intitolato Broken Manual, racchiudeva attraverso diversi scatti i profili di uomini che hanno scelto di nascondrsi dal mondo: eremiti, uomini selvaggi, monaci e sopravvissuti. Le immagini hanno lasciato spesso dell’inquietudine. In uno, appendiabiti vuoti sono lasciati penzolare da un palo attaccato a due lati di una grotta. Un altro mostra alcuni graffiti toccanti scritti su un muro: “Amo mio padre Tony. Vorrei che mi amasse”. Il lavoro intendeva mettere alla luce il senso della solitudine. “La gente che ho fotografato mi ha permesso di farlo perché non volevano essere soli. Nessuno vuole veramente essere solo. La gente ha bisogno delle persone”, ha affermato Soth in un’intervista. 

LA FOTOGRAFIA DOCUMENTARIA – Il lavoro di Soth ha indagato anche l’inquietudine e la solitudine di alcune donne che lavoravano in un bordello nel Mississipi. Un suo scatto immortala la figura di due prostitute, madre e figlia, sedute una accanto all’altra con le gambe che si sovrappongono. Per il suo progetto il fotografo aveva chiesto alle due donne di raccontare progetti e sogni della loro vita. La figlia ha affermato di avere il sogno nel cassetto di poter ambire a un lavoro dignitoso come infermiera in un ospedale, mentre, dalle parole della madre traspare ormai l’amarezza e la rassegnazione. “Non ho più sogni. Sono al di là di me”, dice. Questo lavoro di fotografia documentaria ha però sempre destato delle perplessità nel fotografo, in quanto ritiene problematico e delicato, chiedere l’autorizzazione prima di scattare. Allo stesso tempo riconosce il valore della fotografia, come mezzo per dare voce a chi non ha possibilità di potersi esprimere. Per Soth è importante dedicare il tempo necessario a chi ha qualcosa da raccontare, così da immortalare la vera essenza delle persone che si intende fotografare. Questo perchè, secondo l’artista, ognuno ha qualcosa da raccontare e che merita la nostra attenzione.

 

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