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Addio a Paolo Pedrizzetti, il fotografo che immortalò gli anni di piombo in uno scatto

Può bastare un solo scatto a immortalare, e a fare, la Storia. È quanto accaduto con la fotografia diventata il simbolo degli anni di piombo: un ragazzo con il passamontagna fermo a gambe larghe in via De Amicis a Milano, che impugna una pistola puntandola ad altezza uomo. L'autore di quell'iconico ritratto, Paolo Pedrizzetti, è morto ieri in un tragico incidente...

La foto scattata in via De Amicis a Milano, durante la manifestazione del 14 dicembre 1977 in cui fu ucciso un giovane vicebrigadiere, è diventata il simbolo del terrorismo di quegli anni. L’autore di quell’immagine-icona è precipitato ieri dal balcone di casa mentre montava le luminarie natalizie

MILANO – Può bastare un solo scatto a immortalare, e a fare, la Storia. È quanto accaduto con la fotografia diventata il simbolo degli anni di piombo: un ragazzo con il passamontagna fermo a gambe larghe in via De Amicis a Milano, che impugna una pistola puntandola ad altezza uomo. L’autore di quell’iconico ritratto, Paolo Pedrizzetti, è morto ieri in un tragico incidente, cadendo dal balcone di casa sua ad Arona, in provincia di Novara, mentre stava montando le luminarie per Natale. Insieme a lui è morta la moglie, sua coteanea – sessantasei anni –, precipitata nel tentativo di trattenere il marito.

IL GIORNO DELLO SCATTO – Era il 14 maggio 1977 quando venne realizzato quello scatto che ha fatto il giro del mondo. A Milano si stava svolgendo una manifestazione di protesta contro l’arresto di due avvocati che facevano parte di Soccorso Rosso, l’associazione che forniva aiuto legale ai militanti della sinistra extraparlamentare in carcere. Fu il giorno in cui venne ucciso Antonio Custra, giovane vicebrigadiere poco più che ventenne, che sarebbe presto diventato padre. All’epoca di quei fatti Paolo Pedirzzetti era fotografo dilettante e quel 14 maggio era presente in via De Amicis insieme ad altri quattro colleghi: Antonio Conti, che compare nella fotografia di Pedrizzetti appoggiato a un albero sull’altro lato della strada, Dino Fracchia, Marco Bini e Paola Sarcini.

FOTOGRAFIE CHE HANNO IMMORTALATO LA STORIA – Quando il ragazzo di Autonomia Operaia, movimento militante di quegli anni, allargò le gambe per prendere la mira, Pedrizzetti ebbe la freddezza di scattare la sua foto prima di scappare e rifugiarsi in un palazzo lì accanto. Non fu però Giuseppe Memeo, l’allora diciottenne immortalato nel ritratto, a uccidere Antonio Custra. Il colpevole sarebbe stato scoperto 12 anni dopo grazie ad altre fotografie, scattate  da quell’Antonio Conti che compare qui. Quest’ultimo le aveva tenute nascoste per paura di quello che avrebbero potuto fargli: tutti e cinque i fotografi presenti sul campo quel giorno vennero infatti individuati da Autonomia Operaia e minacciati. Pedrizzetti decise di sviluppare lo stesso il suo rullino e consegnare le foto ai giornali e alla polizia: l’immagine fece cadere la trita retorica di certa stampa secondo cui i manifestanti erano bravi ragazzi e i poliziotti assassini. Anche Dino Fracchia sviluppò il suo rullino, che conteneva la serie di fotografie dei tre studenti del Cattaneo armati di pistola: il suo studio venne incendiato per vendetta.

L’ADDIO A PEDRIZZETTI – Dopo la breve esperienza giovanile nelle vesti di fotoreporter, Pedrizzetti aveva intrapreso la carriera di designer nel 1978. Negli ultimi tempi era molto partecipe della vita pubblica e culturale della sua città – è stato anche tra i fondatori di un’Associazione Culturale, ABC – e impegnato politicamente. Nel congedarsi da lui, la stampa lo ricorda attraverso lo scatto di quel 14 maggio, che ha fissato l’immagine degli anni del terrorismo nella memoria collettiva.

17 dicembre 2013

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