Sei qui: Home » Arte » Rembrandt, 2 tappe italiane per scoprire il maestro del Seicento

Rembrandt, 2 tappe italiane per scoprire il maestro del Seicento

Curiosi di scoprire i due luoghi italiani che ospitano in collezione permanente le opere del maestro olandese Rembrandt?

C’è un artista che ha dipinto il silenzio. Che ha scavato nell’ombra non per nascondere, ma per rivelare. Che ha usato la luce come un sussurro e non come un grido. Rembrandt van Rijn, nato ad Amsterdam nel 1606, non è stato solo uno dei massimi esponenti del Seicento europeo: è stato un pellegrino dell’anima. Nei suoi volti c’è il peso della vita, negli sguardi l’inquietudine della coscienza, nei panneggi la carezza della luce che scivola sui giorni.

La sua pittura – densa, carnale, a volte drammatica – non si lascia catturare facilmente. Non conquista per eccesso, ma per intensità. E le sue incisioni, così piccole eppure vertiginose, sono come porte socchiuse verso l’invisibile.

In Italia, la sua presenza è discreta, quasi timida. Ma chi sa osservare con occhi profondi, può trovare – tra corridoi ovattati e sale silenziose – due gioielli rari: una tela avvolta nel mistero, custodita alla Pinacoteca di Brera, e un gruppo di incisioni straordinarie, celate nel cuore delle Gallerie degli Uffizi.

Ammirare Rembrandt in Italia

Ritratto di giovane donna, alla Pinacoteca di Brera

Nella quiete raccolta della Pinacoteca di Brera, lontano dai clamori del centro milanese, si trova un’opera che sembra voler restare in disparte: Ritratto di giovane donna. Una tela attribuita a Rembrandt – anche se la paternità è discussa – che racchiude in sé tutto il senso della sua arte.

La donna ritratta emerge lentamente dal fondo scuro, come una figura ricordata in sogno. Non ha ornamenti vistosi, né atteggiamenti teatrali. Indossa abiti semplici, forse un mantello, forse una veste pesante. La luce, come in un racconto sospeso, accarezza appena il viso, lasciando che l’ombra racconti il resto.

È nello sguardo che si concentra tutta la forza del dipinto: occhi grandi, appena abbassati, che sembrano pensare più che vedere. Il volto è dolce, ma trattenuto. Non sorride, non parla, non chiama: resta lì, in un equilibrio misterioso tra presenza e assenza.

Rembrandt – o chi ne ha appreso la lezione da vicino – dipinge qui non una figura ideale, ma una creatura vera, con le sue esitazioni, la sua grazia sobria, la sua profondità silenziosa. Ogni pennellata sembra cercare non la perfezione estetica, ma la verità emotiva.

Davanti a questa tela non si può che rallentare. Guardare a lungo. Lasciare che la luce si depositi dentro lo sguardo, come fa su quel volto che pare ogni volta diverso, ogni volta più vicino.

Le incisioni di Rembrandt alle Gallerie degli Uffizi di Firenze

Al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi, in un luogo dove la fragilità diventa tesoro, sono conservate alcune tra le più preziose incisioni originali di Rembrandt.

Non sempre esposte – per ragioni conservative – ma accessibili su richiesta o visibili in occasione di mostre tematiche, queste opere su carta sono tra le vette più alte dell’arte grafica europea.

Qui Rembrandt non usa il colore, ma il segno. Non costruisce con pennellate, ma con linee sottili, nervose, a volte quasi tremanti. Eppure, è proprio in questa essenzialità che si compie la magia.

In Cristo predica ai malati – conosciuta anche come “l’acquaforte dei cento fiorini” – l’umanità si raccoglie intorno a una figura centrale che irradia tenerezza.

Ciechi, storpi, madri e bambini si accalcano nel buio, eppure ognuno ha il suo spazio, la sua dignità. L’incisione sembra respirare, trattenere la vita in pochi centimetri.

Ne I tre alberi, un paesaggio attraversato da luce e tempesta, il cielo si carica d’elettricità, le nuvole si accalcano come pensieri, il vento si insinua tra i rami. È natura, ma è anche stato d’animo.

Poi ci sono i ritratti: Saskia addormentata, Autoritratto con cappello di feltro, Un vecchio con la barba riccia. In pochi tratti, Rembrandt cattura lo scorrere del tempo, la malinconia, la fragilità. Persino quando incide se stesso, non si idealizza: si guarda con ironia, con tenerezza, con una verità disarmante.

Le incisioni agli Uffizi sono come pagine di un diario notturno. Parlano sottovoce, ma restano impresse. Osservarle è come ascoltare un racconto attorno al fuoco: bisogna avvicinarsi, farsi piccoli, stare in silenzio.

© Riproduzione Riservata