Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia, lungo il confine orientale, si stendono le Valli del Natisone, punteggiate da piccoli e suggestivi borghi, abitati da poche persone. Ed è in uno di questi paesi che si trova un piccolo gioiello: lo SMO – museo interattivo di paesaggi e narrazioni, a San Pietro al Natisone, (Udine) dedicato al paesaggio culturale che corre dalle Alpi Giulie al mare, dal Mangart al Golfo di Trieste.
SMO – museo
Il museo si presenta come uno spazio attivo trasformando il visitatore da spettatore a protagonista del percorso concepito con rigore scientifico e pensato come macchina comunicativa che mette al centro la dimensione sensoriale. Ed ecco che il visitatore è invitato a toccare e a scegliere, stimolato dalle installazioni multimediali che dispiegano il racconto di un territorio remoto e di un paesaggio umano soprattutto da ascoltare: è la riflessione sull’identità linguistica infatti il connettivo di una cultura ricca di varianti, di microcosmi, di piccole e grandi storie.
Cosa visitare al museo: un’esperienza mutisensoriale
Ci troviamo all’estremo nord-est dell’Italia lungo il confine italo-sloveno attraversato dagli scontri e dalla violenze di un secolo di guerre: qui sono sopravvissute le radici slovene e Mi SMO TU ( noi siamo qui) è il nome e lo spirito della rete museale, gratuita, che ha il proposito di raccontare e di valorizzare gli aspetti caratteristici della vita degli Sloveni in Italia nella regione detta Beneĉija. A partire dalla sopravvivenza di racconti mitologici come le Krivapete, misteriose e sagge donne dai piedi rivolti all’indietro, trasgressive o selvagge.
O il carnevale, il Pust, identificato nella maschera che annuncia il corteo, con un costume colorato, campanacci e il viso annerito da fuliggine e in mano le tenaglie kliešĉe, tenaglie retrattili in legno che servono per acchiappare bambini e ragazze, ma anche per fare ogni sorta di scherzi. Una fotografia dei campanacci si può staccare dalle pareti dello SMO, basato appunto su un approccio esperienziale e sensoriale: al posto delle bacheche tradizionali ci sono appunto oggetti da spostare, bottoni da pigiare, libri da porre su schermi per ascoltarne il contenuto: è la biblioteca parlante che prende vita su un tavolo interattivo dove voci, storie, personaggi e autori ci raccontano il loro confine, fisico e linguistico.
Atlas invece è grande proiezione a parete, gestibile da una postazione Touchscreen, che consente di esplorare e conoscere tutte le località del territorio muovendosi liberamente sulla mappa interattiva. Ci sono poi le cartoline sonore, un progetto audio‐video che descrive il paesaggio sonoro, ovvero lo spazio come lo percepiamo con i suoni e i rumori, restituendo sensazioni audio tridimensionali. Il lavoro è concepito come una serie di vere e proprie cartoline sonore in cui, a un’immagine abbastanza statica, si affianca un panorama sonoro dinamico e di grande profondità che permette attraverso l’ascolto di scoprire aspetti inconsueti del paesaggio.
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Dalle cartoline si passa poi allo scrigno delle memorie della voce, dove sono riposte voci e memorie, racconti e testimonianze in una lingua che si declina in varianti dialettali straordinariamente ricche. Il senso dell’udito è sollecitato ancora da il paesaggio musicale, una sinestesia interattiva per conoscere le musiche e i canti dalle Alpi Giulie al mare ovvero un radiolone con il quale sintonizzarsi, ruotando la manopola, sulle frequenze dei paesaggi delle sette valli del Natisone.
Le installazioni sono molte e definirne la continuità è Meja, la parola chiave, ovvero confine che, attraverso una scultura multimediale, narra la storia, dal VI sec ad oggi, di questa parte remota d’Italia, su un modello tridimensionale che riproduce l’orografia del territorio. Sono riconoscibili le cime delle montagne, le valli e i fiumi che le percorrono, il mare e la costa.
Questo tavolo di contenuti con il quale il visitatore interagisce per esplorare le trasformazioni nel tempo, è uno strumento utile a comprendere la storia d’Europa e la multiculturalità del Friuli Venezia Giulia. Il confine non è solo una linea che definisce una separazione ma un luogo, in cui si intrecciano storia e cultura: a declinarne le diverse narrazioni è lo Smo, un piccolo e originale museo. Un vero gioiello.