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Leonardo da Vinci, l’autoritratto del genio in mostra a Torino

Dal 28 marzo al 30 giugno 2024, la mostra "A tu per tu con Leonardo" alla Biblioteca Reale di Torino per ammirare da vicino le opere del genio Leonardo da Vinci

Dal 28 marzo al 30 giugno 2024, nell’ambito dell’iniziativa A tu per tu con Leonardo, la Biblioteca Reale di Torino propone un’occasione eccezionale per conoscere ed esplorare da vicino l’opera di Leonardo da Vinci e ammirare alcuni dei suoi capolavori conservati nel patrimonio dei Musei Reali.

La mostra L’Autoritratto di Leonardo. Storia e contemporaneità di un capolavoro è allestita nelle due sale-caveau della Biblioteca Reale, realizzate nel 1998 e nel 2014 con il sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino.

A tu per tu con Leonardo

La mostra, in una versione totalmente inedita curata dalla Professoressa Paola Salvi, docente all’Accademia di Belle Arti di Brera, si propone di inquadrare storicamente il celeberrimo Autoritratto di Leonardo da Vinci a partire dagli anni della sua realizzazione, seguendo le tracce che ne documentano la conoscenza nel secondo Cinquecento e nel primo Ottocento, prima del suo arrivo alla Biblioteca Reale di Torino, e la successiva consacrazione e divulgazione.

Sulla scorta dei più recenti studi della curatrice, che sostengono l’esecuzione del disegno tra il 1517 e il 1518, negli ultimi anni di vita di Leonardo ad Amboise alla corte del re Francesco I di Francia, la mostra ricostruisce idealmente il contesto e il lavoro dell’artista, come se si fosse nel suo studio.

Il percorso espositivo

La mostra su Leonardo da Vinci nel primo caveau

Nel primo caveau, per la prima volta accanto all’Autoritratto di Leonardo, è esposto il prezioso manoscritto proveniente dalla Biblioteca Nazionale di Napoli contenente il Diario dell’Itinerario del Cardinale Luigi d’Aragona scritto da Antonio de Beatis.

Il manoscritto accompagnava il cardinale nel suo viaggio attraverso l’Italia settentrionale la Germania, la Francia e i Paesi Bassi e che con lui visitò Leonardo nel Castello di Clos Lucé il 10 ottobre del 1517.

Da questa dettagliata cronaca ricaviamo una preziosa testimonianza di prima mano dell’aspetto di Leonardo a quella data, degli studi che stava conducendo, dei dipinti a lui più cari ancora nel suo atelier, della enorme mole delle carte su materie artistiche e scientifiche che avevano impegnato la sua vita, sulle quali l’artista, provato dall’età, ma ancora estremamente attivo, continuava a lavorare.

La contestualizzazione al periodo francese è resa possibile dall’eccezionale prestito di sei fogli del Codice Atlantico provenienti dalla Veneranda Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana di Milano, realizzati tra il 1517 e il 1518: si tratta di un nucleo di disegni, per la prima volta esposti insieme all’Autoritratto , dai quali ricaviamo una inestimabile prova della sua capacità di disegnare e scrivere in modo fermo e preciso, dei progetti e delle ricerche che l’artista continuava incessantemente a perseguire negli ultimi tempi della sua vita e del costante rapporto di scambio e di intima condivisione con Francesco Melzi, l’allievo che erediterà il suo immenso lascito di fogli che l’artista-scienziato avrebbe voluto che diventassero libri sulle materie che lo avevano impegnato nella vita.

Tra i fogli esposti, il 770v del Codice Atlantico, nel quale, insieme ad alcuni schizzi di mano di Leonardo, è presente lo studio di un allievo che raffigura una mano sinistra – si ritiene quella di Leonardo – che abbozza l’ondulazione dei capelli con un tratto assimilabile a quello dell’Autoritratto ; il foglio 920r che contiene gli studi sulle opere di canalizzazione della Loira e il ricordo della visita a Romorentin, in compagnia del re di Francia; il 309v in cui Leonardo annota una fondamentale riflessione sui princìpi della rappresentazione di un volto: “Quel volto che in pittura riguardò in viso al maestro che lo fa, riguarda sempre tutti quelli che lo veggano”. 

Nel caso di un autoritratto, il volto che guarda il maestro che lo fa è l’artista stesso: Leonardo ci ricorda che il maestro ha voluto lasciare di sé un’immagine non solo da guardare, ma che continua a guardarci. È esposto il foglio 307v, uno dei più spettacolari del Codice Atlantico , con studi sulla quadratura di elementi curvilinei e sull’equivalenza geometrica, argomenti che hanno quasi ossessionato Leonardo dagli anni romani sino alla fine della sua vita. E ancora il 673r, doppio foglio con l’ultima data annotata da Leonardo: “A 24 giugno, il dì di San Giovanni 1518 in Ambosa nel palazzo del Clu”.

Per illustrare al meglio il metodo di lavoro di Leonardo, che aveva portato in Francia i suoi manoscritti e i disegni che utilizzava e riprendeva per nuovi progetti, sono esposti altri importanti fogli della collezione della Biblioteca Reale.

Troviamo il Codice sul volo degli uccelli , non solo con gli studi che danno il titolo al volume, ma anche con uno schizzo ingegneristico per la canalizzazione dell’Arno e, alla carta 10v, un piccolo volto abbozzato a pietra rossa, nel quale Carlo Pedretti nel 1975 aveva notato la somiglianza con l’Autoritratto.

Inoltre, se gli Studi di insetti testimoniano l’inesausto e continuo interesse per il mondo naturale, lo Studio di proporzioni di volto e occhio è parte di una serie di fogli dedicati alle teorie proporzionali che verranno riprese nel Novecento per trovare le misure adeguate per una traduzione tridimensionale dell’Autoritratto.

Importanza e rilievo continuano ad avere gli studi sui cavalli, sia in relazione all’anatomia di quello che lo stesso Leonardo considerava il più nobile tra gli animali, sia in rapporto ai progetti di statue equestri per Francesco Sforza e Gian Giacomo Trivulzio, mai realizzati: si tratta degli Studi di zampe anteriori del cavallo su carta preparata verde oliva, degli Studi di zampe anteriori del cavallo su carta preparata indaco e degli Studi di zampe posteriori del cavallo a pietra rossa.

In Francia Leonardo ritorna a indagare l’anatomia equina con l’intento di realizzare un monumento equestre per Francesco I: è ipotizzabile che riprendesse in considerazione i fogli torinesi, insieme ad altri conservati a Windsor, come dimostra la copia del disegno a pietra rossa con zampe posteriori, realizzata da Francesco Melzi nel 1517-1518, conservata nella collezione della Corona britannica.

L’assiduo interesse di Leonardo per l’anatomia umana, attestato dalla cronaca di Antonio De Beatis e dai disegni ora a Windsor, è testimoniato in mostra anche da due fogli della Biblioteca Reale: il disegno a penna e inchiostro con i Nudi per la Battaglia di Anghiari e il foglio con Ercole e il leone Nemeo , realizzato a carboncino, la tecnica che Leonardo riprende nell’ultimo periodo della sua vita e con cui sono realizzati moltissimi dei disegni francesi.

La mostra su Leonardo da Vinci nel secondo caveau

Nel secondo caveau l’esposizione prosegue con opere che attestano la fortuna di Leonardo a partire dal secondo Cinquecento: a testimoniare la conoscenza dell’Autoritratto prima dell’acquisto da parte del re Carlo Alberto di Savoia Carignano nel 1839, sono esposti due fogli conservati nel Gabinetto dei Disegni e Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, parte della collezione di Giuseppe Bossi, poliedrico artista neoclassico e segretario dell’Accademia di Brera: Studio per Eraclito , attribuito a Giovan Ambrogio Figino (1570 circa), e la copia dall’Autoritratto realizzata da Raffaele Albertolli (1808-1809 circa), come attestato dallo stesso Bossi.

La sezione dedicata alla fortuna dell’Autoritratto prosegue con disegni, dipinti, incisioni, libri e un’erma in marmo di Pompeo Marchesi (1808), in prestito dall’Accademia di Belle Arti di Brera . Quest’ultima Istituzione ha avuto un ruolo fondamentale nel rendere possibile questa sezione della mostra, non solo per i materiali e i documenti prestati, ma anche per gli studi condotti in occasione della pubblicazione del volume Leonardo da Vinci e l’Accademia di Brera, 2020, a cura di Paola Salvi, con Anna Mariani e Valter Rosa.

Intorno a queste opere si addensa la misteriosa vicenda dell’Autoritratto di Leonardo nel primo Ottocento, evidentemente conosciuto in ambito milanese e braidense, come dimostra il disegno veneziano dal quale Giuseppe Benaglia ricava l’incisione in antiporta al volume Del Cenacolo di Leonardo da Vinci, Libri IV di Giuseppe Bossi, esposto in mostra anche nella rarissima tiratura su carta turchina (due sole copie tirate), proveniente dalla Biblioteca Trivulziana.

Di notevole interesse è il disegno del volto di Leonardo dello stesso Giuseppe Bossi per la sua Vita di Leonardo da Vinci (1812), modello per l’incisione di Pietro Anderloni, con il quale si consolida l’iconografia del maestro rinascimentale. Mai esposto prima, è conservato nell’album Bettoni nel Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano.

La mostra si completa con l’analisi della divulgazione dell’Autoritratto di Leonardo nell’era della riproducibilità tecnica, attraverso le figure di Carlo Felice Biscarra, segretario dell’Accademia Albertina di Torino che, nel 1870, incise ad acquaforte l’Autoritratto poi pubblicato nella rivista L’Arte in Italia, e del fotografo Angelo della Croce, che raggiunse Torino per fotografare l’Autoritratto e riprodurlo in fotolitografia per il celebre Saggio delle opere di Leonardo da Vinci, edito in occasione delle Celebrazioni leonardesche del 1872 a Milano, anno in cui fu eretto anche il monumento dedicato all’artista in piazza della Scala. Si aggiungono le riproduzioni storiche di Pietro Carlevaris (Torino 1888), Domenico Anderson (1896) e l’edizione in facsimile dei Fratelli Alinari (Firenze 1898).

Il percorso nel secondo caveau comprende anche un dipinto di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, un intensissimo Ecce homo di collezione privata, che si potrà ammirare a distanza di otto anni dall’ultima esposizione pubblica. In esso, il volto con turbante dietro a Cristo, che raffigura forse un sapiente antico, ricorda le sembianze di Leonardo.

LenL’occasione espositiva si arricchisce, per la prima volta, di una sezione pittorica a cura di Annamaria Bava all’interno della Galleria Sabauda: Con Leonardo negli occhi. Un percorso nelle collezioni della Galleria Sabauda intende evocare le diverse modalità di relazionarsi con le novità leonardesche attraverso venti opere , eseguite da compagni degli anni di formazione, allievi diretti e intelligenti assimilatori della lezione e dello stile di Leonardo, da Lorenzo di Credi a Andrea Solario, dal Bergognone a Gaudenzio Ferrari.

Leonardo da Vinci nelle opere dei suoi allievi

Inoltre, nell’ambito della raffigurazione del volto, dal primo piano della Pinacoteca Sabauda fino al Giardino Ducale, viene proposta una selezionata rassegna di sculture di Giuliano Vangi (Barberino del Mugello, Firenze, 1931), quindici opere segnate da una peculiare intensità espressiva , pur nella solennità del portamento.

Realizzate tra il 1964 e il 2022 nei materiali assai diversi – marmo, legno, bronzo, pietra, vetro – con i quali lo scultore ama cimentarsi, ripercorrono il cammino di un artista noto e celebrato a livello internazionale, che ha raccolto il testimone della grande scultura italiana nei secoli. L’esposizione Giuliano Vangi. Volti contemporanei conferma quanto la libertà espressiva possa fondarsi sull’amore per la tradizione e sulla capacità di catturare i palpiti di un mistero, che arresta il movimento e sospende lo scorrere del tempo, abbracciando idealmente la perentorietà del volto di Leonardo.

La collezione di grafica della Biblioteca Reale e l’approdo a Leonardo da Vinci 

La ricca collezione di grafica della Biblioteca Reale conta oltre 2500 disegni , tra i quali un importante nucleo di 1585 fogli di antichi maestri italiani ed europei, venduti nel 1839 al re Carlo Alberto dal chierese Giovanni Volpato , personaggio particolarmente interessante che, dopo aver lasciato il suo paese, si era costruito  una brillante carriera all’estero come mercante d’arte, lavorando tra Francia e Inghilterra, ed era rientrato in Piemonte nel 1837, portando con sé una ricchissima collezione.

Proprio in quegli anni, re Carlo Alberto era impegnato nella realizzazione della sua collezionepensata e voluta come raccolta di meraviglie, nel solco di una tradizione di famiglia: strumento di prestigio personale e celebrazione della dinastia Savoia, per la cui realizzazione aveva incaricato l’architetto bolognese Pelagio Palagi e una folta schiera di intellettuali guidati da Domenico Promis .

Grazie all’intermediazione di Promis, vengono avviate le trattative con Volpato per la conclusione dell’accordo di vendita della collezione di disegni al re: il contratto viene siglato nel settembre del 1839 e, nel gennaio del 1840, 1585 disegni arrivano in biblioteca.

Al cuore del fortunato acquisto, in cui sono presenti anche fogli di Michelangelo, di Rembrandt, dei Carracci, di Guercino, di Canova e di molti altri, è il nucleo di tredici disegni autografi di Leonardo da Vinci che documentano l’attività e gli interessi del Genio del Rinascimento dalla giovinezza alla piena maturità.

Alcuni rimandano a celebri capolavori del maestro, come i nudi per la Battaglia d’Anghiari , i cavalli per i monumenti Sforza e Trivulzio, lo studio per l’angelo della Vergine delle Rocce, noto come Volto di fanciulla; altri, come le Proporzioni del volto e dell’occhio, testimoniano le sue ricerche sull’anatomia e sui “moti dell’animo”, di cui Leonardo è stato maestro indiscusso.

Fino all’unicuml’Autoritratto, una delle icone più celebri della storia dell’arte. Infine, il Codice sul volo degli uccelli, donato da Teodoro Sabachnikoff al re Umberto I nel 1893: un taccuino redatto tra il 1505 e il 1506 che raccoglie in maniera organica le riflessioni di Leonardo per la realizzazione della macchina volante, oltre a pensieri in materia di meccanica, idraulica, architettura, disegno di figura, intersecando questioni cruciali dei suoi studi.

L’intervista alla curatrice della mostra

Ad accompagnare la mostra, il catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, a cura della Professoressa Paola Salvi, docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera e curatrice della mostra con la quale abbiamo parlato della mostra d’arte dedicata al genio Leonardo da Vinci.

Cosa rende questa mostra diversa dalle altre che sono state allestite su Leonardo Da Vinci?

Innanzitutto è una mostra che si concentra su un disegno, l’Autoritratto di Leonardo, che è un unicum nel mondo. Non un disegno di Leonardo tra tanti, che è sempre un evento poter vedere, ma in questo caso il disegno che rappresenta il suo volto ed una testimonianza visiva della sua figura, del suo mondo proprio perché lo raffigura ormai anziano e carico dell’esperienza su cui ha fondato i suoi pensieri, i suoi studi e la sua arte.

La mostra intende inoltre contestualizzare questo affascinante disegno nell’epoca in cui fu realizzato attraverso la testimonianza di Antonio De Beatis, che al seguito del cardinale d’Aragona visitò Leonardo in Francia il 10 ottobre del 1517, ricordando l’incontro in un diario manoscritto che sarà in mostra vicino all’Autoritratto.

Saranno inoltre esposti 6 fogli dal Codice Atlantico della Veneranda Biblioteca Ambrosiana realizzati in Francia, con temi cui si dedicò al tempo. Insieme a questi pezzi eccezionali, mai riuniti prima, troviamo il Codice sul volo degli uccelli e altri 7 originali della Collezione della Biblioteca Reale che, anche se anteriori al periodo francese, erano nel suo studio in Francia in uso per i nuovi progetti di quel periodo, dalla canalizzazione della Loira, al progettato monumento equestre per il re Francesco I. Ma la mostra prosegue alla ricerca delle tracce storiche lasciate da questo meraviglioso disegno fino all’arrivo nel 1839 alla Biblioteca di Carlo Alberto Re di Savoia.

Questa storia si snoda a Milano, dove il disegno è certo rimasto, viste le copie, esposte in mostra, del Figino (1570 circa) e di Raffaele Albertolli (1808-1809 circa), ora conservate presso il Gabinetto dei Disegni e Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Dalle più importanti istituzioni milanesi arrivano quindi documenti inediti, disegni, libri, insieme ad altri conservati presso la Biblioteca Reale di Torino. E ancora un disegno del Sodoma, in cui un volto di contorno è stato avvicinato al volto di Leonardo e il tema ricorrente nei secoli di Leonardo visto come un pensatore e filosofo.

Quanto lavoro ha richiesto l’organizzazione di questa mostra, considerando l’immensa eredità e produzione artistica leonardesca oltre al fatto che i suoi disegni sono in possesso di enti pubblici ma anche di molti privati?

La mostra è stata realizzata in tempi record, a dire il vero, ma questo è stato possibile per anni di miei studi sull’Autoritratto e per il lavoro svolto con i colleghi dell’Accademia di Brera nel 2020 per la pubblicazione del volume Leonardo da Vinci e l’Accademia di Brera. Inoltre i rapporti con le Istituzioni che conservano opere di Leonardo sono di grande disponibilità per gli studiosi di Leonardo.

Sembrerebbe che Leonardo non abbia mai vissuto a Torino, come mai il suo autoritratto si trovi proprio a Torino?

Semplicemente per l’acquisto che il re Carlo Alberto fece nel 1839 da Giovanni Volpato di Riva di Chieri di un ingente numero di disegni, tra cui erano i 13 autografi di Leonardo, compreso l’Autoritratto. Come Volpato fosse entrato in possesso di questo prezioso nucleo di disegni è ancora un mistero.

Tra i massimi esperti d’arte non sempre si assiste a un’unicità di pareri quando si tratta di attribuire un’opera d’arte e acclarato che l’autoritratto sia attribuito a Leonardo da Vinci, molti studiosi però non concordano sul fatto che si tratti di un suo autoritratto. Cosa ne pensa?

Si sono fatte tante ipotesi, ma nessuna regge o porta ad un progresso negli studi. Nel volume che ho prima citato, “Leonardo da Vinci e l’Accademia di Brera” ho cercato di confutarle tutte. Quando invece si lavora su questo disegno considerandolo, come secondo me è, un autoritratto, le nebbie si dipanano e si cominciano a trovare segnali importanti, che vanno correttamente interpretati.

Si è creato inoltre un fraintendimento riguardo al disegno di profilo conservato a Windsor, ritenuto del periodo francese. Cosa che io condivido pienamente, solo che quel disegno è una copia dell’allievo Francesco Melzi da un perduto autoritratto in profilo di oltre dieci anni prima della sua copia.

Questo non lo dico solo io, lo aveva detto ben prima di me il conservatore della Collezione Reale di Windsor Kenneth Clark. Questi due disegni, quello di Melzi di Windsor e l’Autoritratto di Leonardo di Torino, sono entrambi i capisaldi dell’iconografia leonardiana, guidata dallo stesso Leonardo negli ultimi anni della sua vita. Bisogna cessare di pensare questi due fogli in contrapposizione, ma come due testimonianze che si integrano, come probabilmente li ha pensati proprio Leonardo quando era in vita.

La scrittura speculare, dipinge, scolpisce, studia tecniche di rappresentazione, si interessa di anatomia, proporzioni, ingegneria, architettura, scienza… sono solo alcuni degli affascinanti aspetti che ritraggono il poliedrico genio artistico di Leonardo da Vinci.  Come ci si pone di fronte ad un cervello unico, privo di un emisfero dominante, come quello di il sui?

Con atteggiamento e competenze multidisciplinari, senza dare spazio alla tendenza dominante dalla sua riscoperta di vederlo come il precursore di ogni cosa l’uomo abbia inventato fino ad oggi, quindi storicizzando la sua opera artistica e teorica, ma anche riconoscendogli le intuizioni e il desiderio di conoscenza che hanno guidato la sua vita, nonché le numerose novità che ha apportato in ambiti come la raffigurazione anatomica, le scoperte botaniche ecc.

Più in generale, credo che abbia felicemente indicato la via per accostarsi a lui Cesare Luporini nel 1957 quando ha scritto che “i problemi che egli investiva e intorno a cui si affaticò – la natura, la scienza e il suo metodo, l’esperimento, la macchina, il lavoro, l’utilità a pro’ di tutti gli uomini, il carattere conoscitivo e realistico dell’arte, il rapporto tra arte e scienza – rispetto al suo tempo sono problemi carichi di avvenire, e fra quelli che saranno poi decisivi nella formazione del mondo moderno”.

 Cosa rimane oggi di quel formidabile laboratorio che erano le botteghe rinascimentali, scuola di tecnica ma anche di sperimentazione e di stimolo espressivo?

Il nostro mondo non è più quello, il nostro immaginario è cambiato e così le modalità e le tecniche per dargli forma. È giusto e auspicabile conservare i saperi tradizionali e le manualità del fare arte, ma il nostro è il mondo della concettualità e della valorizzazione dei processi artistici. Le botteghe non sono più ripetibili oggi se non in contesti conservativi.

Venendo all’ autoritratto, ho letto che Leonardo teorizzava che il volto dipinto dapprima guarda il pittore che lo viene componendo e in seguito, forse per l’eternità, aggiungo, guarderà coloro che verranno ad ammirarlo, in una sorta di perpetua osmosi di emozioni e sentimenti: tutto ciò è impressionante se si pensa, facciamo un esempio comprensibile, al volto enigmatico più famoso dell’arte: la Gioconda…

Mi riallaccio a quel che ho detto sopra: Leonardo scrive un precetto di pittura in un foglio del Codice Atlantico, uno di quelli esposti e datato 1517-1518. Insieme a questo precetto formula un’osservazione che è quella a cui lei si riferisce: “Quel volto che in pittura riguardò in viso al maestro che lo fa, riguarda sempre tutti quelli che lo veggano”.

Questo principio è alla base di un’opera famosa di Giulio Paolini del 1967, “Giovane che guarda Lorenzo Lotto”, che si basa proprio sul fatto che colui che è ritratto ha guardato il pittore e ora guarda noi che ammiriamo il dipinto. Nel caso di un autoritratto chi ci guarda è l’artista stesso, quindi in questo caso Leonardo.

Come vede Leonardo è carico di quei problemi fini del fare arte che lo rendono ancora oggi avvicinabile ad artisti non certo appartenenti ad un modo tradizionale di dipingere. In questo senso credo che l’autoritratto odierno più vicino a quello di Leonardo sia quello recentissimo di Michelangelo Pistoletto, “QR-Code possession – Autoritratto 2019-2023” recentemente esposto al Castello di Rivoli: un uomo che si mostra esibendo la sua senilità e insieme ci rammenta la densità del suo lavoro artistico di una vita.

Nel caso di Leonardo con un disegno concentrato sullo sguardo e realizzato con la varietà e appropriatezza segnica che ha contraddistinto tutta la sua produzione grafica, ricordandoci anche il valore che per lui ha avuto il disegno come mezzo conoscitivo. In modo assai simile, questo autoritratto di Pistoletto ci richiama il suo lavoro non solo attraverso l’essere un quadro specchiane, ma anche con i QR-code attraverso i quali ci si può ricollegare alle sue opere. Su questa via, la Gioconda continua a guardarci mentre ne catturiamo milioni e milioni di volte l’effige con i cellulari, forse senza ormai più vederla.

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