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“La chiaroveggenza” di René Magritte, un quadro nel quadro che parla di rinascita

Oggi esploriamo insieme "La chiaroveggenza", una straordinaria opera di René Magritte che ci induce a riflettere sulla concezione della vita, sull'idea di tempo e su ciò che significa rinascita: perfettamente in tema con l'arrivo della primavera!

Chiaroveggenza: s. f. [der. di chiaroveggente]. – Qualità di chi è chiaroveggente; capacità di vedere con l’intelletto ciò che gli altri non vedono o di prevedere gli svolgimenti futuri delle cose: ebbi paura di quel lampo quasi sovrumano di ch. (I. Nievo). In parapsicologia, la facoltà di percezione a distanza nello spazio e nel tempo, che si eserciterebbe attraverso la rabdomanzia, la telepatia, la psicometria, la cristalloscopia, ecc.*

Si intitola “La chiaroveggenza”, in francese “La clairvoyance”, il dipinto ad olio realizzato dal pittore surrealista René Magritte negli anni ’30. Vogliamo farvelo conoscere perché, nonostante non sia annoverato fra le opere più celebri ed amate del genio belga, questo dipinto rappresenta un tassello fondamentale nella produzione di Magritte ed è pregno di significati importanti, che ben si legano alla stagione primaverile a cui andiamo speditamente incontro.

“La chiaroveggenza”

“La chiaroveggenza” è un autoritratto ad olio su tela realizzato da René Magritte nel 1936. L’opera, un vero e proprio quadro nel quadro, raffigura lo stesso autore, René Magritte, seduto dinanzi al cavalletto ed intento nell’atto di dipingere mentre osserva con cura il soggetto del suo lavoro. L’occhio dello spettatore è subito attratto dall’autoritratto di Magritte e dalla tela che raffigura un grande uccello dal piumaggio scuro.

Soltanto dopo un secondo sguardo ci si rende conto di un dettaglio di non poco conto: l’autore “auto-disegnato” sta osservando attentamente un uovo, che troneggia in solitudine sul suo tavolo di lavoro. Guardando quell’uovo, il pittore sta realizzando sulla tela l’uccello, ben formato, adulto, imponente.

Eccola, la “chiaroveggenza” che ha dato il titolo all’opera surrealista: il pittore osserva l’oggetto del suo studio, il soggetto del suo dipinto, quel semplice uovo candido che si riflette sulla superficie specchiata del tavolo, ma nel suo dipinto lo vede con occhi diversi, già in divenire, frutto di un’evoluzione immaginata e prevista dall’estro dell’artista. Un dipinto a dir poco raffinato, a dir poco meraviglioso, che ci fa riflettere sul nostro modo di concepire la realtà, spesso troppo ottuso, e su cosa voglia dire osservare con sguardo attento.

Solo chi è ben disposto nei confronti della vita può avere un pizzico di chiaroveggenza: solo chi è allenato può trovare lo straordinario dentro l’ordinario e trovare la scintilla della rinascita nel buio della notte.

Il quadro nel quadro

“La chiaroveggenza” è un esempio di quel topos che attraversa tutta la storia dell’arte e non solo: in questo caso parliamo di quadro nel quadro, ma in letteratura è il libro nel libro, così come nel cinema è il film nel film e nel teatro la pièce nella pièce: la mise en abyme è un mezzo che funge da amplificatore ai temi fondamentali dell’opera ed infonde un forte effetto di straniamento nel fruitore dell’opera.

Nulla di strano, dunque, che René Magritte abbia scelto di servirsi di tale tecnica all’interno de “La chiaroveggenza”: quale migliore occasione di utilizzare un quadro nel quadro con l’aggiunta di un suo autoritratto? Nulla di più straniante, nulla di più surrealista.

Lo stile di René Magritte

Con un repertorio che conta più di 800 opere, tra tele e disegni, René Magritte è uno dei capostipiti del Surrealismo. L’artista dipinge con una tecnica che potremmo definire “illusionismo onirico”, volta a creare nell’osservatore un “cortocircuito” visivo. Le sue opere infatti contengono una forte componente legata ai sogni, così come la contrapposizione di elementi reali che però, affiancati, creano immagini totalmente assurde.

Magritte è l’artista surrealista che, più di ogni altro, gioca con spostamenti del senso utilizzando sia accostamenti inconsueti che deformazioni irreali, proprio come abbiamo visto ne “La chiaroveggenza”.

Con la scoperta delle opere di Giorgio de Chirico e della pittura Metafisica, René Magritte sente il bisogno di creare universi fantastici e misteriosi, immagini naturalistiche basate su elementi apparentemente indecifrabili ed enigmatici, come ne “La Trahison des images (Ceci n’est pas une pipe)” del 1928. Un altro dei suoi quadri icona è il grande occhio spalancato nel cielo, o al contrario il cielo che si specchia nell’occhio, intitolato “Faux miroir”, piaciuto talmente tanto a Luis Buñuel da riprenderlo come scena madre nel suo film “Un chien andalou”.

*Lemma tratto dal Vocabolario Treccani online

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