Dopo il grande successo registrato, la mostra Caravaggio 2025 a Roma al Palazzo Barberini dal 29 maggio ha ampliato i suoi orari nella fascia serale, prolungando l’apertura fino a mezzanotte dal giovedì alla domenica.
La rassegna, inaugurata il 7 marzo e aperta fino al 6 luglio 2025, in collaborazione con la Galleria Borghese, con il supporto della Direzione Generale Musei, Ministero della Cultura e col sostegno del Main Partner Intesa Sanpaolo, rappresenta uno tra i più importanti e ambiziosi progetti dedicati a Michelangelo Merisi detto Caravaggio (1571-1610), con un eccezionale numero di dipinti autografi e un percorso tra opere difficilmente visibili e nuove scoperte in uno dei luoghi simbolo della connessione tra l’artista e i suoi mecenati.
Il percorso, articolato in quattro sezioni, guida il pubblico alla scoperta dell’intera parabola artistica del Merisi, coprendo un arco cronologico di circa quindici anni, dall’arrivo a Roma intorno al 1595 alla morte a Porto Ercole nel 1610 attraverso 24 dipinti che difficilmente si possono vedere contemporaneamente.
Il difficile esordio a Roma di Caravaggio
Le prime stanze sono dedicate al debutto romano dell’artista, arrivato nella capitale verosimilmente nel 1595: nonostante fosse un pittore già formato – cresciuto nella bottega milanese di Simone Peterzano, allievo di Tiziano – i biografi concordano nell’affermare che Caravaggio fu inizialmente costretto a vivere di espedienti. La prima produzione è caratterizzata da soggetti naturali: l’artista infatti transitò anche nella bottega del noto e ammirato pittore Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, dal quale venne impiegato per dipingere fiori e frutti. A Palazzo Barberini è possibile vedere Mondafrutto e del Bacchino malato, per la prima volta esposte insieme.
Alcuni fortunati incontri permisero in seguito a Caravaggio di entrare in contatto con il suo più prestigioso committente: il raffinato ed eclettico cardinaleFrancesco Maria del Monte, cui appartennero i Musici, la Buona Ventura e i Bari, capolavori di quella “pittura comica” che caratterizza la fase giovanile di Caravaggio, contraddistinta da un uso della luce ancora lontano dai poderosi chiaroscuri della fase della maturità.
Parallelamente, Caravaggio avviò anche il rapporto con il banchiere Ottavio Costa, proprietario del bellissimo San Francesco in estasi, primo esempio di opera sacra eseguita dall’artista a Roma. Finalmente mel 1600 arriva per Caravaggio il primo successo: gli viene affidato l’incarico di dipingere due tavole per la cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di san Pietro e la Conversione di Saulo, di cui viene ora esposta ora eccezionalmente a Palazzo Barberini la prima redazione, che si differenzia dalla versione finale per il supporto utilizzato, una tavola di legno cipresso di grandi dimensioni (237×189 cm), molto più preziosa della tela.
Una rarità alla mostra: i ritratti di Caravaggio
La seconda sezione Ingagliardire gli occhi introduce la rara produzione ritrattistica di Caravaggio, che, come dimostrano le fonti archivistiche e le stampe, dovette essere molto vasta e stimata, anche se pochissime sono le testimonianze arrivate fino a noi.
L’esposizione consente di vedere accostate per la prima volta due versioni del ritratto di Maffeo Barberini, provenienti entrambe da collezioni private.
Come attesta Giulio Mancini, il pittore ha ritratto Maffeo Barberini in più di un’occasione: qui abbiamo la nota versione “Corsini”, attribuita a Caravaggio da Lionello Venturi (1912), Gianni Papi e Keith Christiansen (2010), esposta accanto a quella recentemente presentata al pubblico a oltre sessant’anni dalla sua riscoperta e attribuzione di Roberto Longhi (1963) unanimemente condivisa da tutti gli studiosi. In quest’ultimo dipinto è evidente la rivoluzione naturalistica attuata dal Caravaggio nell’ambito della ritrattistica, un genere allora ritenuto minore.
L’artista non si limitò a ritrarre nobili prelati o illustri personaggi, ma usò, anche per i dipinti a soggetto religioso, persone appartenenti ai ceti sociali più umili, come la bellissima modella che presta la sua immagine per Marta e Maria Maddalena, Giuditta che decapita Oloferne e Santa Caterina d’Alessandria, forse identificabile con la celebre cortigiana Fillide Melandroni.
Tra questi dipinti la Santa Caterina riveste un ruolo particolarmente importante poiché a partire da esso, secondo il Bellori, biografo dell’artista, prende avvio quel modo di «ingagliardire gli oscuri» tipico della sua successiva produzione, giungendo a infine a maturazione nelle imponenti tele per la cappella Contarelli ancora oggi visibili nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Esposti i quadri più importanti del Caravaggio: lo stile tragico
La sezione espositiva Il dramma sacro tra Roma e Napoli parte idealmente dal primo incarico pubblico ottenuto da Caravaggio nel 1599 grazie all’intermediazione del cardinal del Monte: le tele della cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi. Il ciclo, dedicato a San Matteo, costituisce anche uno spartiacque nella sua produzione, perché da questo momento in poi l’artista si dedicherà quasi esclusivamente a temi sacri, dando avvio a quello stile tragico caratteristico della sua produzione.
In questa sezione sono esposte alcune tra le opere religiose più conosciute del Merisi, che annoverava tra i suoi committenti personaggi di spicco come Ciriaco Mattei e Ottavio Costa, per i quali realizzò rispettivamente La cattura di Cristo e il San Giovanni Battista dalla collezione del The Nelson-Atkins Museum of Art (Kansas City – Missouri), quest’ultimo affiancato al dipinto con lo stesso soggetto conservato alle Gallerie Nazionali di Arte Antica.
Nella tarda primavera del 1606 Il Merisi fu costretto a fuggire da una condanna alla pena capitale, rifugiandosi prima nei feudi laziali della famiglia Colonna, dove realizzò la Cena in Emmaus e – forse – il San Francesco in meditazione. Secondo alcuni studiosi a questi anni potrebbe risalire anche il David e Golia della Galleria Borghese, dipinto in cui, raffigurando sé stesso nei panni di Golia, l’artista mette in luce la sua esigenza di espiazione, dopo l’ omicidio commesso..
Pochi mesi dopo il pittore si trasferì a Napoli, città dove fu molto apprezzato e dipinse opere mirabili come l’Ecce Homo, recentemente rinvenuto in Spagna, e uno dei suoi capolavori, la Flagellazione, realizzata per la cappella di San Domenico Maggiore.
Il percorso tormentato degli ultimi anni
La parte conclusiva della mostra, raccolta sotto il titolo Finale di partita affronta la gli ultimi anni di vita dell’artista: animato dal costante desiderio di tornare a Roma, sua patria d’elezione, Caravaggio lasciò Napoli e partì per Malta, con la speranza di entrare nell’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani, per ottenere il perdono di Papa Paolo V Borghese. Grazie a opere come il Ritratto di cavaliere di Malta, il Merisi riuscì a ottenere il cavalierato ma venne nuovamente incarcerato.
Fuggito in modo rocambolesco, Caravaggio si diresse prima in Sicilia, a Siracusa e Messina, e poi nuovamente a Napoli, dove realizzò le ultime opere, tra le quali il San Giovanni Battista della Galleria Borghese e il Martirio di Sant’Orsola, dipinto per Marcantonio Doria pochi giorni prima del suo ultimo tragico viaggio.
Nel 1610 il Merisi salpò per Roma, probabilmente dopo aver ricevuto la notizia del perdono del papa, portando con sé alcuni dipinti da donare al cardinal Scipione Borghese, tra cui proprio il San Giovanni Battista. Purtroppo, Caravaggio non riuscì a coronare il suo sogno di tornare, e sebbene i suoi ultimi giorni siano avvolti nel mistero, è probabile che, sbarcato a Palo, sia stato trattenuto per alcuni controlli o arrestato. Una volta rilasciato, morì sulla via di Porto Ercole, a soli trentanove anni.
Venticinquesima opera della mostra – extra moenia ma eccezionalmente visitabile in occasione della mostra – è il Giove, Nettuno e Plutone, l’unico dipinto murale eseguito da Caravaggio all’interno del Casino dell’Aurora, a Villa Ludovisi (Porta Pinciana) su commissione del cardinale del Monte per il soffitto del camerino in cui quest’ultimo si dilettava nell’alchimia. L’opera, raramente accessibile, raffigura infatti un’allegoria della triade alchemica di Paracelso: Giove, personificazione dello zolfo e dell’aria, Nettuno del mercurio e dell’acqua, e Plutone del sale e della terra.
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Foto articolo: Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini. Installation view: Caravaggio 2025. Photo Alberto Novelli and Alessio Panunzi