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Biennale di Venezia 2024, 5 mostre e artisti da non perdere

Sabato 20 aprile parte la Biennale di Venezia 2024. Per l'occasione, vi suggeriamo 5 mostre da vedere e assolutamente da non perdere.

Al via da sabato 20 aprile e in programma fino a domenica 24 novembre 2024, è tutto pronto per la 60° Esposizione Internazionale de La Biennale Arte di Venezia.

Evento artistico molto atteso, che si tiene presso i Giardini e l’Arsenale, la 60. Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo “Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere”, è curata da Adriano Pedrosa e prodotta dalla Biennale di Venezia. 

Dal 2021, La Biennale ha avviato un percorso di rivisitazione di tutte le proprie attività secondo principi consolidati e riconosciuti di sostenibilità ambientale. Anche per il 2024 l’obiettivo è quello di ottenere la certificazione della “neutralità carbonica”, conseguita nel 2023 per tutte le attività programmate dalla Biennale: la 80. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, i Festival di Teatro, Musica e Danza e, in particolare, la 18. Mostra Internazionale di Architettura.

5 mostre da vedere alla Biennale di Venezia

In vista dell’apertura della Biennale, vi suggeriamo 5 mostre da vedere e assolutamente da non perdere.

Louis Fratino – padiglione centrale

Louis Fratino è un artista i cui dipinti e disegni del corpo maschile e degli spazi domestici catturano l’intimità e la tenerezza trovate nella vita quotidiana queer.

Per questa Biennale Arte Fratino presenta una serie di nuovi dipinti che esplorano i modi in cui le persone LGBTQ+ socializzano per sopravvivere nel mondo come “outsider”.

Questo nuovo corpus di opere critica la complessità delle dinamiche familiari che le persone queer devono affrontare, a partire dall’infanzia e fino all’età adulta.

Attingendo a fonti visive personali, Fratino contrappone l’immagine della famiglia a viscerali rappresentazioni omoerotiche come modo per rendere visivamente complesse le tensioni tra i due mondi.

Da decenni, le comunità queer sopportano il peso di essere “altro”, sottoposte a vari gradi di violenza, in ambito domestico e pubblico, permessi dai valori tradizionali della famiglia e persino dalla legge.

Il nuovo lavoro di Fratino – connotato da un urgente carico emotivo – svela un ulteriore livello di risposta politica al clima sociale che le persone queer si trovano ovunque a dover affrontare.

Roberto Huarcaya, Tracce cosmiche – padiglione Perù

Il progetto espositivo presenta un’installazione che unisce armoniosamente un insieme di opere notevoli.

Un fotogramma monumentale meticolosamente concepito dall’artista Roberto Huarcaya nel cuore della foresta amazzonica, all’interno del Parco Nazionale Bahuaja Sonene, immerso nella giungla peruviana della Riserva Nazionale di Tambopata.

Sullo sfondo di questo ambiente lussureggiante, Huarcaya ha dispiegato un rotolo di carta fotosensibile di 30 metri sotto una palma altissima durante un temporale, permettendo ai fulmini di impressionare con le loro tracce la pellicola durante la notte. Il fotogramma è stato svelato e fissato in situ in una camera oscura allestita nella giungla, utilizzando l’acqua dei fiumi vicini.

I residui liquidi del progetto sono stati trasportati a Lima, garantendo uno smaltimento responsabile dal punto di vista ambientale.

Completano questa straordinaria opera visiva, la scultura di una canoa dell’artista Antonio Pareja (1953 | Lima, Perù) e una composizione sonora per pianoforte ideata da Mariano Zuzunaga (1953 | Lima, Perù).

Dall’incontro tra fotografia, installazione e arte ambientale emerge l’opera Tracce Cosmiche che sfida il nostro approccio alla (rap)presentazione dell’ambiente.

Si tratta di un rifugio rituale immersivo e fugace, progettato per risvegliare la coscienza, accendere l’immaginazione e promuovere la riflessione. In questo modo, incoraggia gli spettatori a riconsiderare l’ambiente che li circonda con una prospettiva sensibile e non strumentale.

Etel Adnan, opera senza titolo – padiglione centrale

Interessata al contrasto tra i toni, molte delle sue opere rivelano diverse tradizioni di pittura paesaggistica e una marcata curiosità per il rapporto tra calligrafia, disegno e astrazione.

Adnan ha lavorato con materiali e scale diverse e il suo percorso è esemplificativo della prima generazione riconosciuta di artisti arabo-americani.

Questo dipinto senza titolo attira inizialmente l’attenzione per le sue piccole dimensioni. Benché le sue misure neghino ogni idea di monumentalità, in esso Adnan genera un contrasto di colori che pare superare i vincoli fisici dell’oggetto.

Attivamente impegnata nel corso della propria carriera di scrittrice e artista visiva, Adnan sembra sempre ricordarci che, anche in un mondo permeato di conflitti, il piacere che ci donano l’arte, il colore e la pittura è essenziale e ci radica nella nostra complessità di individui e di fautori della differenza.

Eliseu Visconti, Autorretrato – Arsenale

Eliseu Visconti è stato un immigrato italiano – un artista tra due continenti – che fuse l’accademismo brasiliano con il Modernismo parigino di fine secolo. In Autorretrato (1902).

Visconti fronteggia lo spettatore con uno sguardo di sfida. Il dipinto viene realizzato poco tempo dopo il suo ritorno in Brasile al termine di sette anni di formazione a Parigi, dove le sue opere sono ignorate dal pubblico ma acclamate dalla critica.

L’artista brandisce i pennelli come armi su uno sfondo vuoto, che fa eco alla tela grezza che sta trasformando.

Il lato sinistro è realistico, mentre il destro è abbozzato e post-impressionista. Sullo sfondo il cielo e le nuvole delineano un orizzonte – posizionato tra gli occhi e la sommità del capo – richiamando l’attenzione sulle forze che guidano l’artista fra tradizione e modernità: un occhio attento e la consapevolezza di sé.

Almeno quaranta autoritratti realizzati nell’arco di cinque decenni testimoniano l’orgoglio di Visconti nei confronti del proprio lavoro.

Come lettore di Goethe, rifletté sull’innovazione al di fuori della tradizione e costruì la propria immagine di artista.

Beatriz Milhazes, Pindorama – padiglione arti applicate

Beatriz Milhazes è oggi la più significativa artista brasiliana a indagare il colore nel campo allargato della pittura e nel suo lavoro infrange i confini tra astratto e figurativo, arte alta e bassa. I cinque dipinti di grandi dimensioni di Milhazes, creati appositamente per il Padiglione Arti Applicate, fanno riferimento alla tavolozza e ai motivi di una varietà di tessuti tradizionali di diverse culture, molti dei quali sono esposti all’interno del Victoria and Albert Museum.

Per Milhazes, le loro strutture complesse creano “un’incredibile fonte di motivi” basati sull’osservazione umana della regolarità intrinseca della natura. In Memórias do futuro I, il suo repertorio personale di bersagli, raggi, onde e motivi floreali si interseca con le tonalità e i pattern ricavati da questi tessuti.

Le sue incisive pennellate su campiture di colore mono-stampa danno vita a spettacolari aggregati cromatici.

Queste vibranti composizioni sono il risultato di una griglia sottostante e di decisioni calibrate, che rispecchiano la complessità dei nodi dell’arazzo monumentale presente nel padiglione.

Il titolo dell’opera Pindorama (2020- 2022) è il termine utilizzato dal popolo tupi-guaraní per indicare il territorio brasiliano prima della colonizzazione.

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