“Banksy è Robin Gunningham”. E’ questa la tesi portata avanti da Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, tra i maggiori esperti sullo street artist più famoso del mondo. La voce, che girava già da un po’ era stata lanciata dal quotidiano inglese “Daily Mail” ed è tornata di stretta attualità in questi giorni, alla vigilia di un processo che riguarda lo stesso Banksy per diffamazione e che porterà i lcelebre street artist a presentarsi in tribunale con i documenti d’identità.
Banksy è Robin Gunningham
Gianluca Marziani e Stefano Antonelli, che hanno appena chiuso una mostra sul celebre street artisti da loro curata a Lecce, hanno argomentato la loro tesi sulle pagine del Corriere della Sera. “Sappiamo tutto di Banksy e che il suo nome sia quello di Robin Gunningham lo possiamo affermare con sicurezza grazie a fonti più che certe”.
Non è la prima volta che l’identità di Banksy è associata a quella di Robin Gunningham: alla Queen Mary University di Londra, i criminologi hanno utilizzato una tecnica sofisticata chiamata profilazione geografica per identificare il celebre street artist. Secondo questi la sua identità sarebbe riconducibile a Robin Gunningham, residente a Bristol.
A sostenere a questa teoria ci sarebbe anche il fatto che nel suo primissimo esordio, si firmava Robin Banx. Ad oggi sarebbe in effetti la teoria più plausibile sull’identità di Banksy.
Cosa sappiamo di Banksy
In attesa di sapere se la tesi dei due curatori sia quella corretta circa la vera identità dell’artista, quel che di certo sappiamo di Banksy è che è nato a Bristol, in Inghilterra, dove faceva parte di una gang, la DryBreadZ Crew. Qui, annunciando il suo arrivo con una nuova opera per strava, l’artista vi torna regolarmente.
Il primo grande murale dell’artista è The Mild Mild West, dipinto nel 1997 per coprire una pubblicità nel quartiere di Stokes Croft. Questa raffigura un orsacchiotto che lancia un cocktail molotov a tre poliziotti in tenuta antisommossa, diventando il simbolo delle tante rivolte .
Nel 2011, ci fu persino una sommossa contro l’apertura di un supermercato nella zona di Stokes Croft, orgogliosa delle sue botteghe indipendenti non associate a nessuna catena. Banksy ha realizzato così un poster/manifesto di questa rivolta che, nel 1997, aveva quasi anticipato.
Con le sue opere di denuncia, il celebre street artist vuole far riflettere su temi di stretta attualità, mandando a volte messaggi anche politici e schierandosi sempre dalla parte dei più fragili e degli indifesi.
L’ultima opera
Nel frattempo, lo stesso Stefano Antonelli sulla sua pagina Facebook ha documentato l’ultima presunta opera di Banksy apparsa a Londra. “Questa volta l’artista se la prende con i robot rilanciando lo slogan dei movimenti del 2000 che animarono le proteste di Seattle e Genova. Nonostante sia stato rilanciato dall’account della sua mostra a Glasgow, il lavoro non è ancora stato confermato. Si trova in Old Marleybone road e il robot ritratto ricorda molto l’opera di Sun Yuan e Peng Yu ‘Can’t Help Myself’ (2016)”.
Appuntamento in tribunale
Robin Gunningham è quindi Banksy? Lo scopriremo presto in tribunale, dove il celebre artista è stato convocato non per le sue opere, bensì per diffamazione. A citarlo davanti alla giustizia di Londra Andrew Gallegher, un imprenditore musicale negli anni Novanta ex organizzatore di rave.