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Arcimboldo, il pittore famoso per i suoi ritratti di frutta e verdura

Oggi si ricorda l'anniversario di morte del pittore milanese Giuseppe Arcimboldo, noto per i suoi ritratti burleschi combinati con frutta e verdura...


MILANO – Oggi si ricorda l’anniversario di morte del pittore milanese Giuseppe Arcimboldo, divenuto metaforicamente la “mascotte” di Expo 2015 per l’attinenza della sua arte con i temi trattati nell’Esposizione Universale del prossimo anno in programma nella città meneghina. Il pittore è noto per i suoi ritratti burleschi eseguiti combinando tra loro, in una sorta di trompe-l’œil, oggetti o elementi dello stesso genere (frutta, verdura, pesci, uccelli, libri, ecc.) collegati metaforicamente al soggetto rappresentato, in modo da ridimensionare il ritratto stesso.

LA VITA

Giuseppe Arcimboldo o Arcimboldi, nacque a Milano il 5 aprile del 1526 e vi morì l’11 luglio del 1593. Come era usanza di quei tempi, cominciò la sua attività di apprendistato presso la bottega del padre Biagio, anche lui pittore, che lo impegnarono nel disegno di cartoni che dovevano servire per la costruzione delle Vetrate del Duomo di Milano (il padre infatti, erede di un’aristocratica famiglia milanese, era accreditato presso la Veneranda Fabbrica del Duomo. Giuseppe lavorò anche ad altre chiese, come il Duomo di Monza o quello di Como. Nel 1562, invitato a corte dal principe (e futuro imperatore) Massimiliano II d’Asburgo, partì alla volta di Vienna; per poi seguire il successivo erede al trono Rodolfo II, che qualche anno più tardi si trasferì a Praga. Qui Rodolfo vi stabilì la capitale dell’impero e nella ‘città magica’ l’Arcimboldo agì anche come consigliere per le molteplici acquisizioni che andarono via via ad arricchire la strepitosa Kunst und Wunderkammer dell’imperatore. Dopo esser stato nominato Conte Palatino, tornò a Milano verso la fine degli anni ’80 e nel 1593 morì assassinato misteriosamente.
LO STILE – Arcimboldo fu interprete della cultura magico-cabalistica del XVI secolo e secondo la critica del XX secolo, pare abbia anticipato le tendenze del surrealismo. Piuttosto evidente fu l’influenza di Leonardo, che conobbe di persona a Milano, ma ancor più evidente è il suo debito verso la straordinaria diffusione di enigmatiche decorazioni grottesche, tema principale delle sue tele.
Le sue opere più celebri sono in effetti le otto tavole di piccole dimensioni raffiguranti, in forma di ritratto allegorico, le quattro stagioni (Primavera, Estate, Autunno e Inverno) e i quattro elementi della cosmologia aristotelica (Aria, Fuoco, Terra, Acqua). Le otto Allegorie, degne di nota per la cura maniacale dei dettagli di matrice nordica e la varietà cromatica della tavolozza, furono pensate per fronteggiarsi a coppie sulle pareti della residenza imperiale, ogni stagione rivolta ad un elemento, secondo quelle corrispondenze tra microcosmo e macrocosmo care alla filosofia aristotelica. Ma il senso ludico della sua ricerca, quasi per effetto di quel sortilegio alchemico che troviamo spesso nella pittura surrealista, si trasforma nello sguardo del pubblico contemporaneo in profonda inquietudine, così come ha sottolineato anche Roland Barthes, semiologo francese.

11 luglio 2017
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