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Alessandro Boezio, “L’artista deve adattarsi al nuovo modo di comunicare”

Abbiamo intervistato Alessandro Boezio, artista e scultore, sul ruolo dei nuovi mezzi di comunicazione per avvicinare i giovani all'arte contemporanea

MILANO – Alessandro Boezio nasce a Foggia nel 1983, e oggi è un artista e scultore acclamato, che vanta esibizioni in tutta Italia, e in numerosi stati europei. La sua scultura sperimenta tra tradizione e arte concettuale, dando vita a bizzarre anatomie realizzate con i materiali più vari. Lo abbiamo intervistato per chiedergli qual è il  modo giusto, per un artista oggi, di utilizzare i mezzi di comunicazione per raccontare la propria arte.

 

Come nasce la tua passione per l’arte? A chi ti ispiri?
Non nasce come passione ma è un valore intrinseco presente in me fin da piccolo. Quando con i miei genitori giravamo per le bellezze dell’Italia mi incantavo spesso di fronte a opere scultoree e quell’approccio con l’arte mi faceva stare bene tanto da ispirarmi a disegnare per ore. La maestria della statuaria rinascimentale e il per il barocco suscitavano in me molto interesse contribuendo all’inconscia consapevolezza del mio amore per l’arte.

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Che considerazione hanno, secondo te, i giovani d’oggi nei confronti dell’arte?
La visione delle immagini e dell’arte oggi è globalmente filtrata dai supporti digitali. Ogni artista è figlio del suo tempo e non potremmo pensare che un Caravaggio oggi possa essere amato se non passando con successo mediante i social media e i nuovi mezzi di comunicazione.

 

Come pensi che si possano sensibilizzare i giovani nei confronti dell’arte e, in generale, della cultura?
Capita raramente di vedere influencer condividere sui social network opere d’arte o un selfie in un museo di spalle ad un’opera. In quei casi sarebbe bello notare se oltre alla quantità di like, nei commenti dei follower vi fossero apprezzamenti, giudizi positivi o negativi, e dibattiti che nel confronto portino gli interessati a ricercare informazioni veritiere altrove. I loro talk non saranno pur sempre costruttivi e puntualizzanti ma il “Purché se ne parli” provoca in qualche modo un’avvicinamento all’arte e alla cultura . Bisognerebbe adattarsi ai nuovi mezzi di comunicazione, avvalersi degli influencer per avvicinare dolcemente i giovani all’arte.

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Pensi che i social network siano un buono strumento per la diffusione dell’arte o, a tuo parere, bisogna agire diversamente?
Abbiamo la fortuna di vivere in un epoca in cui la conoscenza può avvenire in tempi rapidissimi, con un’impegno di forze minime e senza dispendi economici; questo rende l’informazione accessibile a tutti pertanto i social network aprono tante frontiere della cultura ma purtroppo ne chiudono delle altre. Se da un lato tutto deve essere istantaneo e colpire, dall’altro si genera una sorta di sterilità di sensazioni e emozioni.

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Secondo te, in Italia c’è abbastanza spazio per gli artisti emergenti? Cosa si potrebbe fare per dare loro più spazio?
Ciò che causa l’arretratezza dell’Italia è appunto la poca fiducia e sicurezza che si da al mondo dei giovani in tutti i campi. Si crede che un giovane sia l’ultimo anello di un mondo produttivo. Basterebbe invece pensare che a 17 anni Raffaello gestiva una bottega personale e all’età di 25 anni realizzò le stanze Vaticane contribuendo alla rivoluzione della pittura italiana. Bisognerebbe avere coraggio e investire credendo, proponendo e finanziando
svecchiando un sistema che pare più arretrato del rinascimento.

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