Sei qui: Home » Lingua Italiana » Bravo: storia e significato nel tempo della parola di origine latina

Bravo: storia e significato nel tempo della parola di origine latina

Bravo è una parola che oggi fa sempre piacere sentire perché la sua accezione è completamente positiva, ma è sempre stato così? No: scopriamo come nel corso dei secoli questa parola di uso comune abbia avuto un curiosissimo cambiamento di significato.

“Che Bravo!” Quante volte lo abbiamo detto o lo abbiamo sentito dire? Bravo è’ una parola che oggi fa sempre piacere sentire perché la sua accezione è positiva, ma è sempre stato così? No, anzi, proprio questa parola ha avuto nel corso dei secoli un curiosissimo cambiamento di significato, diremmo praticamente antitetico, perché se oggi è un complimento, già due secoli fa non lo era, come ricordano i “bravi” di Manzoni, ovvero degli sgherri al soldo di Don Rodrigo.

Andando ancora più indietro nel tempo, nella lingua latina, vediamo che il “pravus” era il gladiatore che sotto la sua forza sopprimeva più nemici durante le esibizioni nelle arene, ovvero il “pravus” “bravo” era il più cattivo, dunque era proprio quello che oggi  non designeremo mai come “bravo”.

Ma la storia di questa parola è ancora più curiosa e complessa e, grazie al volume di Giuseppe Patota “Bravo!” proviamo ad analizzarla brevemente, percorrendo i secoli e millenni, mostrando quanto può cambiare il significato di una parola nel corso del tempo e quanto curiose possano essere le sue modifiche, per non parlare della curiosità della radice etimologica, ma andiamo al sodo.

Origine e storia della parola “Bravo”

Nel suo primo secolo di vita nelle lingue italoromanze, dall’inizio del Trecento all’inizio del Quattrocento, l’aggettivo “bravo” aveva un significato complesso, composto da vari elementi difficili da isolare o considerare predominanti: la crudeltà, la ferocia, il coraggio che sfociava nella temerarietà e nella spavalderia, e un’indole selvaggia. Il più importante vocabolario storico italiano dell’Ottocento, il noto Tommaseo-Bellini, riassume bene questo significato composito: secondo Niccolò Tommaseo, “bravo” significa «Valente per forza fisica e d’animo, e quindi per ogni tipo di forza e coraggio, sia in senso positivo che negativo».

Quando “bravo” non si riferisce agli esseri umani, il significato è più limitato: per gli animali, significa selvaggio, non domato e anche feroce; riferito alle onde, significa agitato o selvaggio; riferito ai piaceri, significa sfrenato o vizioso. Un tratto comune a tutte queste accezioni potrebbe essere l’impossibilità di essere controllato o di controllarsi, sia in senso positivo (l’indomabilità) che negativo (la mancanza di controllo o autocontrollo).

A questo punto, possiamo rispondere facilmente alle tre domande precedenti. All’origine della parola “bravata” non c’è il “bravo” positivo dell’italiano moderno, ma quello negativo dell’italiano antico; la “notte brava” è sfrenata e senza controllo, proprio come i piaceri di Antonio da Ferrara; e la crudeltà, la temerarietà, la spavalderia e l’indole selvaggia (tutti tratti dell’antico significato di “bravo”) sono caratteristiche ampiamente presenti nei bravi al servizio di don Rodrigo, bravi nel peggior senso possibile.

Il cambio di significato

Queste risposte sollevano però almeno quattro nuove domande. La prima: perché “bravo” ha avuto originariamente significati negativi? La seconda, la terza e la quarta: quando, come e perché dai significati negativi si è passati a quelli positivi?

Per rispondere alla prima domanda, dobbiamo risalire all’etimologia di “bravo”. Il termine deriva dal latino “BARBARUS”, che riflette il greco “bàrbaros” (straniero, incivile), e che ha dato origine anche a “barbaro”. Il Lessico Etimologico Italiano ci informa che “barbaro” è attestato, sia come aggettivo che come nome, dalla seconda metà del Duecento in testi delle aree toscana, centrale (senza la Toscana) e meridionale, e dai primi del Trecento in testi dell’area settentrionale.

I dizionari storici e quelli dell’uso confermano la valenza generalmente negativa del termine negli usi antichi e moderni. Presso i Greci e poi i Romani, “barbaro” indicava lo straniero che non apparteneva alla loro stirpe e civiltà, e che, in quanto straniero, era sia rozzo e incivile, sia crudele e feroce. Entrambi questi significati dal greco e dal latino sono passati agli antichi volgari italiani ed europei.

“Bravo” e “barbaro” sono dunque parole affini: non sorprende quindi che “bravo”, nella sua storia antica, abbia condiviso con “barbaro” la valenza negativa dell’antenato greco e latino.

© Riproduzione Riservata