Trilussa è stato un grande poeta e scrittore che ha nutrito di nuova linfa vitale il romanesco con i suoi versi ironici, spiazzanti, crudi e teneri allo stesso tempo. Le sue opere hanno varcato i confini dello spazio e del tempo, diventando immortale testimonianza di quanto la poesia dialettale possa essere preziosa.
Trilussa, il cui pseudonimo deriva dall’anagramma del cognome Salustri, ci ha regalato versi incredibili che, con semplicità e immediatezza sorprendenti, raccontano il mondo e l’essere umano in tutta la loro complessità. Un esempio? Quanti componimenti sono stati concepiti per descrivere la felicità? Ecco il tentativo, stupefacente, di Trilussa:
C’è un’ape che se posa
su un bottone de rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa.
Attraverso un’immagine così quotidiana e impercettibile agli occhi degli uomini, intenti nelle loro rapide faccende, il poeta romanesco rintraccia la natura effimera, e perciò preziosa, della felicità: uno stato passeggero, fragile, che tuttavia conserviamo nel cuore sotto forma di ricordo per molto tempo.
Per ricordare questo grande autore in occasione del centocinquantatreesimo anniversario della sua nascita, scopriamo alcuni luoghi di Roma che recano ancora le tracce del suo passaggio.
Itinerario romano alla scoperta di Trilussa
Via del Babuino, la casa natale
In molti pensano erroneamente che visitando Trastevere si ripercorrano i passi di Trilussa. In realtà, il poeta romanesco era originario del Tridente, ed è qui che si possono trovare alcuni dei luoghi cardine della vita dell’autore. Il primo è, senza ombra di dubbio, la sua casa natale, sita in via del Babuino.
Al numero civico 114, vi accorgerete della presenza di un bel palazzo signorile restaurato che reca anche una targa commemorativa. È qui che nacque Trilussa, il 26 ottobre 1871, da Vincenzo Salustri, cameriere originario di Albano Laziale, e da Carlotta Poldi, una sarta.
Piazza Montecitorio, l’infanzia di Trilussa
Quando il piccolo Carlo Alberto perde il padre non ha nemmeno compiuto tre anni. L’infanzia, già segnata dalla perdita della sorella maggiore, Elisabetta, viene contrassegnata anche da questo grave lutto, che condiziona il futuro della famiglia. Carlotta, la madre, non ha altra scelta che trovare rifugio presso un amico di famiglia.
Si tratta del Marchese Ermenegildo Del Cinque, padrino del piccolo, che vive in un palazzo visibile ancora oggi, in Piazza Montecitorio. L’ingresso è situato in via della Colonna Antonina. È in questo luogo che Trilussa vive fino all’età di ventiquattro anni. Qui il giovane si forma e, probabilmente, viene iniziato alla poesia romanesca dal padrino e dal suo conoscente Filippo Chiappini.
Non è difficile immaginare, facendo una passeggiata in quella che è una delle piazze più famose di Roma, come il poeta traesse ispirazione per i suoi versi sagaci e satirici guardando dai balconi di casa i personaggi politici del tempo affaccendarsi in quelle zone.
Casa Trilussa, un mondo in una stanza
Dopo aver vagato in cerca della sistemazione giusta, Trilussa trova il suo posto nel mondo in una modesta abitazione sita in via Maria Adelaide, una zona in via di espansione che si sviluppa attorno a Piazza del Popolo.
Qui, il poeta prende in affitto i locali di un palazzetto umbertino, che ospitano un atelier di artisti. Riesce nell’impresa affermando di essere un pittore – in effetti, Trilussa con matita e bozzetti non se la cava male, le sue illustrazioni lo confermano -.
In questo edificio, caratterizzato da ampie porte finestre e da soffitti altissimi, il poeta sistema tutta la sua vita: su un soppalco colloca la sua camera personale. Negli spazi sottostanti, invece, crea il suo studio.
Questa sarà l’ultima sistemazione del poeta, che lo ospiterà fino alla morte, avvenuta nel 1950. Tutti gli oggetti qui accumulati negli anni, sono adesso visionabili presso il Museo di Roma in Trastevere, dove è stata allestita una Stanza Trilussa che contiene tutto il mondo del poeta in pochi metri quadrati.
Un ultimo saluto a Trilussa, al Verano
Carlo Alberto Mariano Salustri è sepolto all’interno dello storico cimitero del Verano, alle spalle del muro del Pincetto. Il sarcofago che ospita i resti del poeta è stato donato dal Comune di Roma e proviene direttamente dall’Antiquarium comunale.
Si tratta di un prezioso sarcofago paleocristiano strigilato con al centro la figura del Buon pastore. Davanti alla tomba, inoltre, è stata posizionata una scultura in marmo che raffigura un libro che reca l’incisione della meravigliosa poesia con cui abbiamo aperto il nostro articolo: “Felicità”.