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Marc Augé, addio al filosofo dei “nonluoghi”

Marc Augé ha sempre cercato, in tutti i modi, di capire l’uomo contemporaneo e il suo mondo. È morto all’età di 87 anni a Poitiers, in Francia.

Direttore dell’Ècole des Hautes Ètudes en Sciences Sociales di Parigi, di cui è stato anche Presidente per lungo tempo, Marc Augé è stato un grande antropologo, etnologo e scrittore. È stato lui a dare la definizione dei “nonluoghi” per descrivere i nuovi spazi abitati e vissuti dall’uomo contemporaneo. Si riferiva agli spazi commerciali, alle periferie urbane, agli aeroporti vissuti come le nuove porte d’ingresso delle città moderne, alle autostrade. Filosofo, dunque, oltre che antropologo, così capace di leggere le sottili trasformazioni in atto.

Marc Augé, l’amore per l’Italia e il Festivalfilosofia

Il filosofo ha sempre amato la nostra Penisola e faceva parte anche del Comitato scientifico del Festivalfilosofia di Modena, la manifestazione culturale che ogni anno dal 2001 arricchisce le città di Modena, Carpi e Sassuolo durante un fine settimana di metà settembre con mostre, concerti e lezioni di filosofia. E proprio dal questo Festival arriva una nota a lui dedicata: “le pratiche culturali sono immerse in sistemi simbolici che è indispensabile studiare con gli strumenti dell’antropologia: una disciplina che Augé, grande specialista del terreno africano, ha praticato anche rivolgendo quel particolare tipo di sguardo alle nostre società, nella convinzione che, per essere intelligibili, i processi culturali implichino che, nella loro analisi, ci rendiamo ‘stranieri a noi stessi’”. Una visione moderna e sottile, capace di analizzare nel profondo il nostro ‘essere occidentali’.

Le opere di Marc Augé

Marc Augé ha lavorato ininterrottamente, lasciandoci opere straordinarie. Ne sono un esempio “Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità” del 1993; “Il mestiere dell’antropologo” del 2007; “Straniero a me stesso” del 2011; “I paradossi dell’amore e della solitudine” del 2013; “Un altro mondo è possibile” del 2017. Già soltanto da questi titoli è possibile calarsi nell’idea che Marc Augé aveva dell’uomo moderno e della società in cui vive.

La modernità di Marc Augé: “internet è diventata la nostra divinità”

“L’universo delle nuove tecnologie rischia di somigliare molto alle illusioni che si facevano le popolazioni primitive”, con questa frase contenuta nel libro “Straniero a me stesso”, il filosofo ha riassunto perfettamente ciò che sta accadendo alla nostra società. Ed è proprio in questo libro che il filosofo parla, forse per la prima volta, di se stesso narrando l’esperienza professionale di antropologo svolta studiando le popolazioni primitive dell’Africa per arrivare ai nonluoghi delle metropoli occidentali.

L’autore e la “sua Africa”

Sempre in questo testo, forse il più autobiografico della sua ampia produzione, Marc Augé racconta oltre cinquant’anni di esperienze vissute sul campo, di ricerche, di studi, di osservazioni. E proprio della sua professione e delle sue esperienze, Augé ha scritto: “L’etnologo viaggia lontano e visita popolazioni diverse da quelle occidentali per studiarne la cultura e le relazioni sociali, educando così il proprio sguardo alla distanza critica. Io l’ho fatto per molti anni all’inizio della mia carriera. In Africa ho imparato ad analizzare la realtà simbolica delle relazioni sociali, la maniera in cui queste vengono concepite, interpretate e messe in opera in un dato contesto”.

L’antropologia e la sua dimensione critica

Per spiegare l’uomo moderno e le trappole in cui è caduto, Augé ha scritto per: “Nell’antropologia c’è sempre una dimensione critica, giacché essa c’insegna che tutto è cultura. Anche ciò che ci appare come naturale, in realtà, è sempre una costruzione culturale, quindi variabile a seconda dei contesti, delle epoche e delle tradizioni. Questo modo di pensare è evidentemente sovversivo rispetto all’ordine costituito, qualunque esso sia, dato che nega l’esistenza delle verità assolute. La forza critica dell’antropologia relativizza ad esempio la legittimità di tutte le forme di potere. E di quest’opera di demistificazione oggi abbiamo più che mai bisogno” (Fonte la Repubblica – R2 Cultura, da ilmiolibro.it).

Photo di Charles Mallison – Opera propria, per Wikimedia Commons

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