Sei qui: Home » Società » Marco Tamaro presenta la Fondazione Studi e Ricerche creata dalla famiglia Benetton

Marco Tamaro presenta la Fondazione Studi e Ricerche creata dalla famiglia Benetton

''Per un grande gruppo che voglia avere un profilo internazionale, avere nel proprio portafoglio una Fondazione che si occupa di sviluppo e promozione culturale è un segno distintivo nel mondo''. Così Marco Tamaro, direttore di Fondazione Benetton Studi Ricerche, spiega quale possa essere per una grande impresa il vantaggio di un investimento in questo settore...
Il direttore ci racconta la storia e le attività di Fondazione Benetton Studi Ricerche e ci spiega perché un grande gruppo internazionale come Benetton investa nel settore della cultura
MILANO – “Per un grande gruppo che voglia avere un profilo internazionale, avere nel proprio portafoglio una Fondazione che si occupa di sviluppo e promozione culturale è un segno distintivo nel mondo”. Così Marco Tamaro, direttore di Fondazione Benetton Studi Ricerche, spiega quale possa essere per una grande impresa il vantaggio di un investimento in questo settore. Tamaro ripercorre con noi la storia della Fondazione, che ha la sua sede nel centro di Treviso, ci illustra l’ambito di studio entro cui vengono condotte le attività di ricerca, incentrate sul governo e il disegno del paesaggio, e le iniziative promosse come centro culturale. 
Ci può raccontare brevemente la storia della Fondazione? Quando nasce e con quali intenti?
La Fondazione nasce nel 1981 per iniziativa dei quattro fratelli Benetton ed è in una prima fase legata alla loro grande passione per lo sport. La Fondazione prosegue con questa caratterizzazione fino al 1987 – sei anni in cui l’idea dei fondatori trova riscontro nella realizzazione degli impianti sportivi della Ghirada , la città dello sport, e nelle esperienze con la pallavolo e il rugby. Nel 1987, la Fondazione assume una configurazione analoga a quella esistente, di centro studi. Attorno alla figura di Luciano Benetton, che ne è l’ispiratore, si stringono studiosi del calibro di Gaetano Cozzi, grande storico della civiltà veneta, Domenico Luciani, architetto e paesaggista, e Tobia Scarpa, architetto e designer figlio del famoso Carlo Scarpa. Il centro studi ha inizialmente due anime: una legata alla figura di Domenico Luciani che rivolge il proprio interesse al paesaggio, una legata agli studi storici. Con l’inizio degli anni Novanta e la morte del dottor Cozzi, l’interesse per questo ambito di studi purtroppo si affievolisce – anche se ne resta una traccia importantissima nei nostri studi sulla storia del gioco, che fanno capo a Gherardo Ortalli, allievo di Cozzi – mentre si rafforza la caratterizzazione della Fondazione come centro studi sul paesaggio. Nel 2003 viene istituita una Fondazione omonima, che è un S.r.l. e si occupa di iniziative culturali: le due coesistono fino al 2007, quando il Consiglio amministrativo decide di unificarle. Da allora la Fondazione Benetton è un centro studi molto legato ai temi del paesaggio, del territorio e dell’ambiente, con una vocazione anche di centro culturale attento alle sollecitazioni che vengono dalla comunità, con relazioni internazionali e iniziative portate avanti ciclicamente – come il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, giunto alla 25sima edizione.
Abbiamo un gruppo di lavoro interno – composto da ricercatori e geografi che si occupano di questi temi –, e un ufficio edizioni che pubblica ogni anno libri che sono il risultato delle nostre ricerche.
Come mai l’azienda Benetton ha deciso di investire in questo settore?
L’Articolo 41 della Costituzione parla di responsabilità sociale d’impresa, principio cui l’azienda si ispira per questa attività. I fratelli Benetton hanno ritenuto giusto da parte loro reinvestire in un’iniziativa di utilità sociale parte degli utili provenienti dall’attività imprenditoriale – e hanno peraltro l’ulteriore merito di non aver mai usato la Fondazione per farsi pubblicità. Hanno ritenuto che fosse un bel modo per restituire alla società qualcosa di quello che avevano realizzato anche grazie a questa.
Quali sono i benefici che un’impresa può trarre da una Fondazione culturale di questo tipo?
Per un grande gruppo che voglia avere un profilo internazionale, avere nel novero delle sue attività anche una Fondazione si occupa di sviluppo e promozione culturale è naturalmente un fiore all’occhiello. La Fondazione e Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton Group, sono un segno distintivo importante del Gruppo nel mondo. Avere nel proprio portafoglio anche attività di questo tipo è quel che contraddistingue una grande impresa. 
La Fondazione riserva un’attenzione particolare anche al mondo della scuola…
Sì, offriamo la possibilità di integrare i programmi curriculari con attività legate al mondo della musica e da due anni operiamo in sinergia con il Ministero della Pubblica Istruzione per portare avanti un progetto legato ai valori insiti nell’Articolo 9 della Costituzione. 
Può spiegarci meglio di che cosa si tratta?
L’Articolo 9 recita: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Questo è da sempre una linea guida del nostro lavoro, perché tiene insieme la cultura, la ricerca e il paesaggio, come è nello spirito del nostro lavoro. 
Abbiamo così invitato i ragazzi delle scuole superiori a partecipare a un concorso che prevedeva la produzione di un elaborato multimediale sui temi dell’Articolo 9, e abbiamo organizzato anche incontri nei luoghi di cultura di tutta Italia, con relatori di grande spessore, attori, registi. Insieme si ragionava dell’importanza di una diffusione della cultura. Siamo stati molto soddisfatti del risultato: si tratta di un progetto di grande respiro che nell’ultimo anno scolastico ha coinvolto 450 classi e circa 10 mila ragazzi di tutta Italia. Ci è stato vicino e ci ha sostenuto anche il Sole 24 Ore – la Domenica del Sole 24 Ore ha riservato sempre uno spazio a questa iniziativa. 
 
Per quanto riguarda le vostre pubblicazioni, a chi si rivolgono e in che modalità vengono diffuse?
Non sono libri per il grande pubblico, sono destinati più che altro agli studiosi e pubblicati in coedizioni. Trattano quelli che sono i temi di ricerca della nostra Fondazione, il paesaggio e la storia del gioco. Si trovano anche in libreria, ma noi facciamo un’opera di ampia diffusione spedendoli in omaggio a studiosi, università e biblioteche.
Com’è articolato il vostro centro di documentazione e quali materiali vi vengono conservati?
Il centro di documentazione è la spina dorsale della Fondazione. Si tratta di una biblioteca legata al tema del paesaggio, su cui convergono varie discipline – territorio, architettura, storia dell’arte. Conserva numerosissimi libri – circa 60 mila, il primo è stato acquistato nel 1987 –, numerose fotografie, è abbonata a 150 testate periodiche e ha un fondo cartografico molto importante. È aperta a tutti i tesserati, che in questo momento sono 3.500. Anche la nostra biblioteca, come tutte la altre, sconta in questo momento una difficoltà dovuta all’estrema facilità di reperire materiali in rete, cui anche gli studenti universitari ricorrono spesso – e la qualità dello studio ne risente. Molti docenti però insistono perché i ragazzi vengano a documentarsi presso la nostra biblioteca, riconoscendone l’eccellenza.
Può dirci qualcosa della attività di divulgazione che vengono organizzate?
Il centro culturale naturalmente cerca di parlare un linguaggio “consanguineo”  a quello del centro di ricerca, ma rivolgendosi a un pubblico più ampio. Del resto siamo in pieno centro a Treviso, abbiamo sale espositive, un auditorium, un giardino aperto al pubblico: c’è una vocazione di rapporto con la comunità locale che è connaturata alla Fondazione.
Organizziamo incontri e presentazioni di libri in cui si discute di temi legati alle nostre ricerche, ma non solo. 
Da quattro anni teniamo anche un cineforum, che ultimamente si è molto incentrato su documentari e film di finzione – un linguaggio che permette di ragionare sui temi del paesaggio e del territorio attraverso un medium diverso, che riesce a coinvolgere anche i non addetti ai lavori.
11 ottobre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione Riservata