Sei qui: Home » Società » Manuela Kron del Gruppo Nestlé in Italia, ”Gli investimenti nel settore culturale assicurano alle aziende risorse umane preparate”

Manuela Kron del Gruppo Nestlé in Italia, ”Gli investimenti nel settore culturale assicurano alle aziende risorse umane preparate”

DONNE E LIBRI, SPECIALE 8 MARZO - Il lavoro della comunicazione aziendale implica la capacità di costruire narrazioni efficaci. In questo campo, i libri costituiscono un modello di riferimento importante, perché insegnano le tecniche e i tempi del racconto. Ad affermarlo è Manuela Kron, sin da bambina grande amante della lettura e oggi Direttore Corporate Affairs del Gruppo Nestlé in Italia...

Il Direttore Corporate Affairs del Gruppo Nestlé in Italia parla della sua passione per i libri e di come le sue letture l’abbiano aiutata nella carriera professionale

MILANO – Il lavoro della comunicazione aziendale implica la capacità di costruire narrazioni efficaci. In questo campo, i libri costituiscono un modello di riferimento importante, perché insegnano le tecniche e i tempi del racconto. Ad affermarlo è Manuela Kron, sin da bambina grande amante della lettura e oggi Direttore Corporate Affairs del Gruppo Nestlé in Italia, che ragiona con noi sul valore della cultura nella vita di un’azienda.


Com’è nata la sua passione per la lettura?

La mia passione per la lettura è nata con me. Da bambina ero molto vivace, e mia madre per tenermi tranquilla mi metteva davanti all’allora neonata televisione. Andava in onda un programma dal titolo “Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta”, che insegnava agli italiani a leggere e scrivere.  A tre anni, davanti a quel programma, ho imparato a muovere i primi passi nel mondo della scrittura e della lettura. Tra le prime promozioni di marketing in Italia, poi, ci fu l’iniziativa di allegare a una serie di marche di formaggini dei libricini che contenevano racconti molto semplici e brevi. Mia mamma mi portava con sé a sbrigare le sue commissioni e mi chiedeva di leggerle quelle storie mentre l’accompagnavo. Mi sono così resa conto che leggere mi piaceva tantissimo. Da quel momento ho iniziato a svaligiare la biblioteca di quartiere: prendevo un libro e lo riportavo indietro il giorno dopo, per poterne portare a casa uno nuovo. La bibliotecaria un giorno mi rimproverò anche, domandandomi perché continuassi a prendere in prestito libri se poi non li leggevo – all’epoca avevo dieci anni. Ma io li leggevo davvero! Dopo avermi interrogata per accertarsi che non dicessi una bugia, mi “elesse” sua beniamina: a fine settimana mi permetteva di prendere anche tre o quattro libri invece dei due di norma concessi in prestito. Ho letto così tutti i classici dell’infanzia. Le mie letture poi sono cresciute con me e i libri sono diventati una sorta di seconda natura: se non leggessi non sarei la persona che sono.


A distanza di tanti anni, lei oggi ricopre un ruolo di alta responsabilità all’interno di una grande azienda, che fa parte di un gruppo internazionale. In che modo i libri l’accompagnano e l’aiutano oggi nella sua vita professionale?

Il mio lavoro è quello della comunicazione, che ha molto a che fare con il saper raccontare, con il saper costruire narrazioni efficaci, e i libri sono ottimi esempi di grandi narrazioni. Le letture che ho fatto sono per me un riferimento importantissimo: quando devo comunicare una notizia, penso a come siano stati raccontati fatti simili di cui ricordo di aver letto. Naturalmente nel caso dei romanzi si tratta di storie inventate, mentre nella nostra professione dobbiamo render conto di fatti e notizie relativi alla realtà dell’azienda, per cui lo stile che usiamo deve essere più vicino alla saggistica. In ogni caso, le letture ci mettono a disposizione un bagaglio enorme a cui riferirci. Del resto la narrazione è qualcosa di connaturato all’uomo. Le nostre tradizioni più antiche – non penso solo a quelle omeriche, ma ancor prima alla tradizione sanscrita e hindu – nascono letteralmente con l’uomo. Il “Mahābhārata” [uno dei più grandi poemi epici indiani – N.d.R.] racconta la storia dell’umanità ed è un libro che ha più o meno 4 mila anni – e tra l’altro prima di essere messo per iscritto è stato a lungo tramandato oralmente. La narrazione, oggi, è alla base anche di qualsiasi attività aziendale, perché l’azienda deve raccontare all’esterno i suoi prodotti e i suoi processi. Comprendere i meccanismi e l’efficacia della narrazione è una competenza indispensabile, perché consente all’azienda di raccontarsi, di decidere come, in che tempi e che cosa narrare di sé. Recentemente mi è capitato in mano un piccolo libro scritto da un autore italiano, Donato Carrisi,  “La donna dei fiori di carta”, che è una sorta di compendio dell’arte narrativa. Ho obbligato tutto il mio team a leggerlo, in modo che tutti ci allineassimo su cosa si debba intendere per narrazione e sugli effetti che possiamo aspettarci dalla nostra bravura a raccontare.

Secondo la sua esperienza, un’azienda potrebbe puntare sulla lettura per creare spirito di gruppo?
Assolutamente sì, e noi lo facciamo anche. Tantissime volte, quando ci si trova con i colleghi e si devono prendere insieme delle decisioni, fare riferimento a una narrazione che tutti conosciamo è d’aiuto. Ovviamente non si può pretendere che tutti amino leggere e si dedichino alla lettura nel loro tempo libero. Ma possiamo pretendere che tutti i testi da noi prodotti debbano avere uno stile narrativo comune e debbano risultare piacevoli, ben scritti, suggerendo la lettura di libri come attività facoltativa attraverso cui migliorare le proprie capacità.

Nella vostra azienda per esempio è stata creata un piccola biblioteca…
Sì, è stato un esperimento e un invito che ha coinvolto soprattutto gli amanti della lettura. La presenza di questo spazio ha contribuito a creare una piccola comunità e a fare gruppo tra gli appassionati di libri.


Dal suo punto di vista la cultura è un settore a cui le aziende possono guardare con interesse?

La cultura offre ai cittadini strumenti critici e interpretativi, insegna loro a considerare la realtà da tanti punti di vista, in maniera non unidirezionale. Che gli investimenti culturali possano avere una ricaduta diretta sull’attività di un’azienda è magari difficile da verificare. Ma è auspicabile anche per le realtà aziendali che questi vengano visti non come voce di costo, bensì come uno dei fattori che consentono l’evoluzione e la stabilità di un Paese. Se pensiamo per esempio alle nostre assunzioni, il fatto di essere un Paese con un alto grado di istruzione è importante, perché ci consente di assicurarci risorse umane preparate e capaci.

 

8 marzo 2013

© Riproduzione Riservata