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Elisabetta Sgarbi su La Milanesiana, ”La cultura arricchisce la città, anche materialmente”

Per le aziende private collaborare all'organizzazione di festival come La Milanesiana, non solo finanziariamente ma mettendo anche a disposizione i propri luoghi e facendone un simbolo della propria attività, contribuisce ad avvicinarsi ai cittadini, ottenendo un ritorno economico e di immagine. Ce lo spiega Elisabetta Sgarbi, ideatrice e direttrice del festival...
L’ideatrice e direttrice del festival ci presenta l’edizione di quest’anno, dedicata al tema “il segreto”

MILANO – Per le aziende private collaborare all’organizzazione di festival come La Milanesiana, non solo finanziariamente ma mettendo anche a disposizione i propri luoghi e facendone un simbolo della propria attività, contribuisce ad avvicinarsi ai cittadini, ottenendo un ritorno economico e di immagine. Ce lo spiega Elisabetta Sgarbi, ideatrice e direttrice del festival, che presenta l’edizione di quest’anno, gli incontri e gli ospiti internazionali di primo piano.  

Qual è la particolarità che contraddistingue la Milanesiana rispetto ad altre rassegne e festival culturali italiani, e in particolare milanesi?
Con la Milanesiana, sin dall’inizio, ho provato a fare un festival dei festival, un festival che intrecciasse non solo la Letteratura, ma anche il Cinema e la Musica, e poi, più avanti, la Scienza. Via via è cresciuto, anche grazie al seguito di un pubblico intelligente. Bookcity è qualcosa, mi pare, di ancora differente, ma si sta ancora consolidando. Al momento mi pare un festival degli editori, o meglio delle proposte editoriali. E questo mi sembra una ulteriore aspetto, anche dal punto di vista di me come editore, di enorme interesse.

Quali sono le novità dell’edizione di quest’anno?

Più che di novità in generale, mi piace parlare di tre registi diversissimi tra loro che arrivano alla Milanesiana e che esprimono tutto l’amplissimo raggio degli interessi del festival: Renato Pozzetto [questa sera alle 21 alla Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera – N.d.R.], Marco Bellocchio, Lav Diaz.
E poi un incontro straordinario, quello tra Claudio Magris e il Premio Nobel Gao Xingjan. Hanno scritto un libro a quattro mani, ma non si sono mai incontrati, si incontreranno alla Milanesiana.
E l’incontro tra Umberto Eco e le Mondine di Novi. E, infine, ma solo per finire questa domanda, il più grande scrittore coreano vivente, Yi Munyol.
 
Come mai si è scelto “il segreto” come tema della presente edizione?
Perché il segreto è il vero volto della trasparenza. Ci sono quei versi di Novalis: "Capitò a uno di sollevare il velo della dea di Sais. E cosa  vide? Meraviglia delle meraviglie, vide se stesso". Al fondo di tutte le cose sta un segreto, che è un qualcosa di positivo, che invita alla conoscenza ma con rispetto.
 
Lei è anche direttrice editoriale di Bompiani, e vanta quindi una consolidata conoscenza di una realtà aziendale, oltre che culturale. In base alla sua esperienza, quali vantaggi può ricavare un privato investendo e collaborando a eventi di questo tipo, che coinvolgono direttamente i cittadini?
Insisto molto su un aspetto importante, che sono i luoghi. Una azienda vive anche di luoghi, che sono reali e insieme diventano simbolo. Pensi Via Solferino per il Corriere.
Così è per la Pirelli: Calabrò sta lavorando, con la  Fondazione Pirelli, a dare spessore culturale alla Bicocca. All’Hangar e, con la Milanesiana, alla torre di raffreddamento. Qui, per il secondo anno portiamo la sezione Filosofia della Milanesiana.
Lo stesso abbiamo fatto con la Sala Buzzati, quando stava avviando la sua attività. La cultura, insieme alle grandi aziende, può arricchire la città. E dico arricchire sia in senso materiale che in senso spirituale.
 
Milano è la capitale italiana dell’editoria, ma anche qui libri e cultura stanno risentendo attualmente di una crisi profonda. Qual è l’interesse e il coinvolgimento delle amministrazioni pubbliche nella realizzazione di rassegne culturali come La Milanesiana, a livello economico e organizzativo?

Le istituzioni hanno ancora un ruolo centrale, anche se già non più sufficiente per costruire manifestazioni culturali di un certo respiro. E col tempo la situazione è destinata se non a peggiorare, almeno a stabilizzarsi. Ma questo non è necessariamente un male. Le istituzioni devono trovare un loro ruolo da giocare nella cultura. Lo devono reinventare.

20 giugno 2013

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