Colleen Hoover ha un modo tutto suo di raccontare il dolore, senza fronzoli e giri di parole. Famosa per “It end with us”, la scrittrice romance più amata del mondo lascia anche questa volta il segno con una voce in prima persona, un ritmo serrato, e dei segreti che fermentano in silenzio, fino al momento clou.
“Without Merit”, così s’intitola il libro, è forse il suo romanzo più concentrato sul tema della famiglia — meno romance, più adulto —: un viaggio nell’antro di casa e una chiesa sconsacrata ribattezzata Dollar Voss, dove ogni angolo nasconde una bugia. È anche uno di quei libri con cui la scrittrice texana, esplosa grazie a BookTok, ha affinato quel mix di stile accessibile e temi pesanti che la critica trova tanto magnetico quanto divisivo.
Scendiamo più nel dettaglio
Merit Voss è la figlia “senza meriti”: colleziona trofei non vinti, vive in una ex chiesa e cerca disperatamente di tenere in piedi una famiglia che sta crollando. La madre malata si è barricata in cantina, il padre ha sposato l’ex infermiera della moglie, i fratelli fingono che sia tutto normale, e lei — persa e pungente — si innamora del ragazzo sbagliato nel momento peggiore. Sembra che la facciata perfetta possa reggere, finché un segreto enorme non fa cedere le fondamenta. A quel punto, Mer(it) deve scegliere: distruggere tutto o finalmente dire la verità.
Tra segreti e perdono, la testa
A livello di contenuto, il libro parla di segreti di casa, salute mentale e perdono. Il dolore non è buttato lì per scioccare, ma fa da sfondo a una protagonista che si scontra con la depressione, agisce d’impulso e—la cosa più importante—impara a chiamare le cose con il loro nome. La critica di Kirkus l’ha definita una “solida introduzione” ai problemi della malattia mentale, con una “delicata storia d’amore” che scorre sotto traccia: non la trama centrale, ma un contrappunto che sa di vero.
I tre motivi per cui funziona
1) La casa è anche un simbolo
Ambientare tutto in una chiesa abbandonata è una trovata geniale: l’architettura dovrebbe promettere verità e salvezza, ma i Voss la usano per nascondersi. È una metafora chiarissima del romanzo: il luogo che dovrebbe curare è diventato una scenografia. Finché Merit non “spacca l’altare” dei non detti, la vita familiare resta una finzione.
2) Il linguaggio semplice che non sminuisce
La Hoover usa una prosa diretta: dialoghi veloci, immagini alla mano, battute che smorzano la tensione. Questo stile “leggero” che affronta temi pesanti è spesso criticato dagli osservatori, ma è proprio la sua immediatezza ad attirare i lettori e a rendere Without Merit una porta d’accesso a questioni difficili senza fare la morale. È la caratteristica che l’ha resa amata e contestata: Vox la definisce uno “stile frizzante sui traumi seri”, che alcuni trovano manipolatorio e altri una liberazione.
3) Depressione e cura: dare un nome alle cose
Il romanzo non rende la depressione una specie di estetica romantica della rovina: la inserisce nel caos di tutti i giorni, tra scuola, fratelli e un padre troppo rigido. Kirkus evidenzia come il libro offra uno sguardo facile da comprendere sulla sofferenza psicologica adolescenziale, senza demonizzare la terapia o abbellire l’impulsività. Il finale — sebbene melodrammatico — punta chiaramente sulla responsabilità che è di tutti.
Dove stona (e perché non smette di piacere)
Nessun libro della Hoover è esente dall’accusa di avere troppe coincidenze o colpi di scena da soap opera; “Without Merit” non fa eccezione. La sfilza di rivelazioni potrebbe sembrare studiata per massimizzare l’effetto, e qualcuno potrebbe trovare un po’ troppo semplificati i conflitti tra adulti visti attraverso gli occhi di una diciassettenne. Eppure, persino i critici più severi ammettono che l’autrice sa come orchestrare il “rilascio emotivo” in modo quasi perfetto. E quando la scrittura si attacca alla voce di Merit — fatta di ironia, rabbia e vergogna nascosta — il romanzo suona incredibilmente autentico.
“Without Merit” nel “caso Hoover”
Per capire bene “Without Merit”, bisogna inquadrarlo nel fenomeno Hoover: un successo editoriale e culturale immenso, culminato con la presenza fissa in classifica e l’inclusione tra le 100 persone più influenti del 2023 secondo Time. Questa popolarità ha generato un dibattito feroce su cosa ci aspettiamo dalla narrativa pop quando tocca traumi veri. Vox riassume la divisione: per alcuni, Hoover “gioca” con l’abuso e i tabù per far piangere; per altri, riconosce alle lettrici il diritto di sentire e pensare allo stesso tempo. Without Merit sta nel mezzo: non usa allegorie pesanti, preferisce il gesto d’istinto; e non si finge un manuale di clinica, ma una storia sul coraggio di confessare.
A confronto: “Without Merit” contro “It Ends with Us”
Il paragone è d’obbligo. “It Ends with Us” (2016) è il libro-simbolo della Hoover: affronta di petto la spirale della violenza domestica e nasce da una spinta autobiografica (l’autrice l’ha definito il suo libro più difficile). Il suo successo — prima letterario, poi cinematografico — ha messo la Hoover sotto i riflettori, dove ogni sua mossa viene passata al setaccio (basti pensare alle polemiche sulla promozione del film).
In sostanza, “It Ends with Us” è un romanzo di scelte etiche: mette Lily davanti a un limite invalicabile e ne analizza le conseguenze; il suo patto con il lettore è di realismo emotivo. “Without Merit”, invece, è un romanzo sulle verità nascoste: non c’è un unico “cattivo”, ma un groviglio di omissioni e vergogne che scoppiano. Il conflitto non è “lui contro lei”, ma “noi contro ciò che non riusciamo a dire”.
Personaggi: Merit, non la solita “ragazza arrabbiata”
Merit è una narratrice che rifiuta di cadere nella trappola della “ragazza problematica” affascinante. È sarcastica, spesso ingiusta, capace di fare cavolate. Ma proprio perché la sua voce non cerca scuse — non si giustifica a ogni pagina — i suoi errori risultano credibili. Sagan, il ragazzo che le piace, non è un salvatore che arriva e sistema tutto; al massimo, è una persona che le ricorda che parlare è sempre meglio che implodere.
Melodramma sotto controllo
Il libro alterna momenti di vita normale a esplosioni emotive. Hoover sa come costruire i capitoli perché siano delle “trappole” che ti fanno girare la pagina e usa bene gli oggetti—i trofei, la chiesa, la porta chiusa in cantina—come simboli che tornano. Chi non sopporta il melodramma troverà degli eccessi; ma in questo caso, il melodramma ha uno scopo: spinge i personaggi a smettere di mentire a sé stessi. È la caratteristica che, nel bene o nel male, ha portato milioni di persone a leggere (e a litigare online per) la sua narrativa.
Giudizi e contesto
All’uscita, “Without Merit” ha avuto un ottimo riscontro dalla stampa di settore: Kirkus ha scritto una recensione positiva, lodando il modo rispettoso di trattare la depressione; Booklist gli ha dato la “starred review”, sottolineando come la luce della riconciliazione filtri attraverso una “casa di disfunzioni”. La pagina dell’editore Simon & Schuster raccoglie le lodi e include una guida alla lettura che ne conferma la vocazione da “club del libro”: discutere di segreti, perdono e terapia.
Dire le cose
Leggendo il libro s’impara che dire le cose non è un obbligo morale, ma un vero e proprio atto di cura. Rimane la consapevolezza che la famiglia è il primo luogo dove si mente — e, se si è fortunati, anche il primo dove si impara a perdonare.
