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Marina Valensise (Direttrice Istituto Italiano di Cultura a Parigi), ”Chi vuole imparare l’italiano lo fa per amore della nostra lingua”

Nell'ambito delle nostre interviste agli Istituti di Cultura Italiani all'estero, dopo aver intervistato quello di Los Angeles, oggi è la volta di Marina Valensise, Direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura a Parigi. Ecco come ha risposto alle nostre domande...

Gli Istituti Italiani di Cultura sono presenti in più di novanta Paesi del mondo per promuovere, sotto la guida di Consolati ed Ambasciate, il patrimonio culturale Italiano, con l’organizzazione di corsi di lingua ed iniziative di vario genere, spesso in collaborazione con importanti enti ed organizzazioni locali

MILANO – Nell’ambito delle nostre interviste agli Istituti di Cultura Italiani all’estero, dopo aver intervistato quello di Los Angeles, oggi è la volta di Marina Valensise, Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura a Parigi. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Cosa significa per lei essere direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura? Ci racconti la sua esperienza e come è giunta fin qui.

E’ un grande onore e una grande gioia perché dirigere l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi significa promuovere, diffondere, far conoscere la cultura italiana in tutte le sue forme e aderire all’attenzione di un pubblico molto qualificato. Parigi infatti è una grande capitale culturale dove l’Italia viene considerata, e a giusto titolo, una grande potenza culturale, sebbene ne sembri inconsapevole.

Quali eventi organizzate nel vostro Istituto? Ho visto che puntate molto sul cinema, sull’arte e sul cibo, ad esempio con l’appuntamento mensile “Voyage en Italie. La cuisine au quotidien”. Non rischiate di essere “in competizione” con l’offerta francese?


No, perché la nostra offerta vuole essere complementare rispetto all’offerta culturale francese. Il nostro programma verte soprattutto sulla musica, sul design, sull’architettura, sul cinema e in parte anche sulla gastronomia, perché abbiamo aperto uno spazio di cucina dove ogni mese invitiamo i grandi chef italiani per rappresentare le eccellenze italiane delle varie Regioni d’appartenenza. Il nostro programma non mira ad essere concorrenziale rispetto a ciò che accade abitualmente nei cinema, nei teatri o nelle sale di spettacolo francesi, bensì vuol essere un’occasione per presentare al pubblico francese artisti poco conosciuti, classici dimenticati e figure di innovatori, giovani talenti, le promesse dell’arte. Tra gli artisti poco conosciuti ci sono ad esempio gli artisti residenti (Les Promesses de l’Art, dal 10 ottobre 2012 al 31 dicembre 2014, n.d.r.), che abbiamo lanciato con la mia Direzione: ogni mese l’Istituto accoglie per una residenza a Parigi un giovane artista che presenta un’opera, realizza un progetto inedito e lo presenta al pubblico francese; vive nell’Hôtel de Galliffet dove l’Istituto dispone ormai di due foresterie che abbiamo restaurato grazie al contributo di molte imprese nazionali che hanno voluto scegliere la nostra sede come vetrina permanente d’eccellenza del design, del Made in Italy. Aggiungo che il giovane artista viene selezionato da una serie di esperti e che ogni mese cambia il settore d’appartenenza: nel 2014 abbiamo avuto un coreografo, un flautista, un violinista, un pianista, un gruppo di designers, una compositrice, uno scrittore, un commediografo e un’attrice, uno scultore, una fotografa, e di nuovo una pianista. L’artista non viene scelto da noi, bensì da consulenti nei vari settori che lavorano spesso a titolo gratuito per selezionare l’artista dell’anno, il più interessante della sua generazione . E’ un modo questo per far conoscere non solo le tendenze, le correnti dell’arte italiana ma anche quelle della critica visto il tandem che si crea tra l’artista e il critico/esperto selezionatore.

Rispetto alla vostra programmazione e al pubblico che frequenta il vostro Istituto, cosa preferiscono i francesi?

Il nostro Istituto è frequentato da un pubblico misto: ci sono francesi interessati a conoscere l’italiano e la nostra cultura, tanto nei suoi aspetti più contemporanei quanto in quelli più tradizionali legati alla storia dell’arte, dell’archeologia, della letteratura e via dicendo. E poi ci sono gli italiani che rispetto ai francesi sono però una minoranza. L’Istituto di cultura è anche un centro qualificato per l’insegnamento della lingua italiana; ogni anno abbiamo un numero crescente di allievi (nell’ultimo anno le iscrizioni ai corsi di lingua sono aumentate del 30%) che desiderano conoscere e studiare l’italiano con i nostri professori (reclutati con un concorso per titoli ogni 2 anni). Sotto la mia direzione abbiamo inaugurato i corsi di lingua applicata: al canto, all’arte, all’archeologia, alla storia dell’arte, adesso anche al cinema, alla regia cinematografica, al teatro e alla traduzione. In novembre, abbiamo inaugurato una piccola biblioteca per i bambini, un angolo all’interno della biblioteca Italo Calvino, che è una delle più importanti fuori d’Italia col suo fondo di 40.000 volumi, in cui sono affluiti i libri di Calvino, della famiglia Croce, dello storico Piero Melograni e di tanti altri donatori che lasciano all’Istituto le loro collezioni private. La biblioteca dei bambini è un nuovo spazio ed è progettata da un architetto palermitano con studio a Parigi, Salvator John Liotta, in collaborazione con una cooperativa di artigiani siciliani (MYOP – Make your own path) che hanno realizzato questi strani scaffali diagonali, lavorando esclusivamente sul progetto digitalizzato.

Per quanto riguarda la letteratura, anche in rapporto ai vostri corsi, chi tra i tanti autori italiani, classici e moderni, è quello più letto in Francia?

Non c’è un nome su tutti ma ci sono più autori; autori classici, come Dante nelle traduzioni di Jacqueline Risset, e poi Boccaccio, Macchiavelli con il suo Principe, Leopardi, Malaparte, Italo Calvino, Pasolini, Moravia, Sciascia e anche Corrado Alvaro, autore poco conosciuto ma molto letto in Francia, anche grazie alla numerose ristampe; tantè che in gennaio organizziamo una tavola rotonda intorno alla grande specialista Anne Christine Faittrop-Porta, che ha curato in Italia ben 7 raccolte di scritti dello scrittore calabrese.

Con la continua evoluzione dei mezzi di comunicazione (Internet, smartphones ecc.) qual è secondo voi il futuro della lingua italiana? Andrà perdendosi oppure no?

Non credo. Chi impara l’italiano lo fa per amore, per amore della nostra lingua, che è anche la lingua dell’opera, del bel canto, dell’arte, della poesia, della bellezza del paesaggio come luogo dell’immaginario. Da parte nostra, cerchiamo di sostenere senza complessi la promozione e la diffusione della lingua italiana; per esempio qui da noi gli ospiti italiani sono tenuti a parlare in italiano, perché il pubblico francese viene per ascoltare la bella lingua delle personalità della cultura, e ha poca indulgenza per un francese a orecchio, e approssimativo, come quello di Alberto Sordi, per noi esilarante, alle prese col “Le jardin de ma…zie” , (dialogo del film “Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo” del 1956 diretto da Mauro Bolognini n.d.r) ignaro che la zia in francese è la “tante”…meglio parlare la propria lingua, l’italiano, in modo impeccabile che sfidare il ridicolo.

23 dicembre 2014

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