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“Anna Karenina”, il classico intramontabile di Lev Tolstoj

Buon compleanno a Lev Tolstoj, autore di uno dei massimi capolavori letterari di tutti i tempi: "Anna Karenina".

Buon compleanno a Lev Nikolàevič Tolstòj, che nasceva in Russia il 9 settembre 1828 e ci ha regalato alcuni fra i massimi capolavori del canone letterario mondiale. “Anna Karenina” è uno di questi. Un libro che ha appassionato milioni di lettori in ogni dove.

“Anna Karenina”, la sinossi

Combattuta tra l’amore per il figlio, il vincolo matrimoniale e la passione per un altro uomo, Anna Karenina sarà travolta da un conflitto tanto drammatico da trascendere i confini del personaggio per divenire emblematico, che la accomunerà ad altre tormentate figure di donne, come Madame Bovary, per citare la più famosa.

Ispirandosi con inconfondibile potenza creativa a un fatto di cronaca, Tolstoj trasfuse in Anna Karenina l’ansia e il desiderio di chiarezza etica che dominarono la sua vita. Costruito con un raffinato gioco d’incastri narrativi, e tuttavia con la consueta scorrevolezza stilistica dei capolavori tolstojani, il romanzo presenta una bruciante problematica morale, lasciando al lettore il giudizio definitivo.

Una storia d’amore senza tempo

In “Anna Karenina” si intrecciano due storie d’amore diametralmente opposte: quella legittima di Kitty e Levin, giovane possidente che vive lontano dalla frenesia della città e si gode le piccole gioie domestiche, e quella illegittima di Anna e il giovane conte Aleksej Vronskij, nata in un contesto del tutto diverso e destinata, infatti, a tutt’altro epilogo.

Anna Karenina conosce Vronskij dopo aver sposato Karenin. I due non riescono a fare a meno di ammirarsi, riconoscersi e amarsi, sin dai primi incontri, durante cui già sanno leggersi nella mente:

Quante volte, negli ultimi giorni e ancora qualche istante prima, si era ripetuta che per lei Vronskij era solo uno fra le centinaia di giovanotti tutti uguali che ovunque si incontrano, e che mai si sarebbe permessa di pensare a lui. In quel momento, invece, in quel primo attimo, si scoprí orgogliosa e felice dell’incontro. Non aveva bisogno di chiedergli perché era lí. Lo sapeva perfettamente, come se lo avesse sentito uscire dalla sua bocca, che era lí perché lí c’era lei.

– Ignoravo che doveste partire. Come mai siete in viaggio? – gli chiese comunque, lasciando ricadere la mano con la quale avrebbe voluto aggrapparsi alla maniglia dello sportello. E sul suo viso passò un lampo di esultanza e di gioia irrefrenabili.

– Come mai, mi chiedete? – ripeté lui, fissandola. – Se sono partito, se sono qui, è perché qui ci siete voi, – disse. – Non posso fare altrimenti.

E in quello stesso istante, quasi gli fosse finalmente riuscito di scavalcare un ostacolo, il vento fece piovere la neve dal tetto della vettura e andò a scuotere una lamiera divelta, mentre in testa al treno riecheggiò il fischio denso della locomotiva, cupo e lamentoso. Quella bufera tremenda le parve, ora, ancora più bella. Vronskij aveva detto esattamente ciò che il cuore voleva sentire ma la ragione temeva. Anna non rispose, ma sul suo viso Vronskij colse i segni della battaglia che si combatteva dentro di lei.

“Anna Karenina”, un’eroina romantica

Un amore così, travolgente, passionale e proibito – perché, diciamocelo, il gusto della proibizione ha sempre il suo fascino – non può durare per sempre nella realtà. Sulla carta, sì. Ma nella vita di tutti i giorni, in cui Anna Karenina e Vronskij sperimentano l’isolamento sociale, la profonda gelosia e l’immaturità nell’affrontare i loro sentimenti.

Il capolavoro di Tolstoj ci mette dinanzi a un’importante verità: spesso, se non sempre, l’immagine che abbiamo di una persona scaturisce dai desideri che proiettiamo nello sguardo di quest’ultima. Il suo volto, il suo carattere, perfino i suoi sogni e i suoi sentimenti, nascono dall’idea che ci facciamo noi. E quando l’idea si scontra con la realtà, non è semplice tornare a galla e riaffiorare dal mare della delusione.

Anna Karenina ha deciso di lasciarsi andare, abbandonandosi al suicidio e diventando l’eroina immortale della letteratura russa. Una di quelle che, pur di non mettere via i suoi sogni, preferisce mettere da parte se stessa.

La “colpa” di Anna

Così ha raccontato la natura della scelta di Anna Karenina il traduttore Gianlorenzo Pacini:

“Qual è il vero peccato di Anna, quello che non si può perdonare e che la fa consegnare alla vendetta divina? È la sua prorompente vitalità, che cogliamo in lei fin dal primo momento, da quando è appena scesa dal treno di Pietroburgo, il suo bisogno d’amore, che è anche inevitabilmente repressa sensualità; è questo il suo vero, imperdonabile peccato.

Una scoperta allusione alla sotterranea presenza nel suo inconscio della propria colpevolezza è il sogno, minaccioso come un incubo che ritorna spesso nel sonno o nelle veglie angosciose, del vecchio contadino che rovista in un sacco borbottando, con l’erre moscia, certe sconnesse parole in francese: Il faut le battre le fer, le broyer, le pétrir […].

Il ferro che il vecchio contadino vuole battere, frantumare, lavorare, cioè distruggere, è la stessa vitalità, il desiderio sessuale, l’amore colpevole e scandaloso di Anna; e così essa lo sente e lo intende come la colpa che la condanna.

Ed è l’immagine minacciosa di quel brutale contadino, conservatasi indelebilmente nella sua memoria, che le riappare davanti e la terrorizza alla vista di quell’altro vecchio contadino, un qualsiasi frenatore, che passa sul marciapiede sotto il suo finestrino curvandosi a controllare qualcosa; ed è quel vecchio a farle improvvisamente comprendere cosa deve fare: distruggere quella vitalità, e cioè distruggere se stessa per espiare la sua colpa”.

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