“Una farfalla vola il suo bianco” è un’intensa poesia di Mariangela Gualtieri. L’autrice dà vita non solo a un inno naturale e primaverile che ci invita a godere della bellezza primordiale di ciò che ci circonda, ma anche una celebrazione della scrittura e del suo ruolo salvifico.
“Una farfalla vola il suo bianco” di Mariangela Gualtieri
Una farfalla vola il suo bianco.
Il cielo respira nel sereno.
È mattino pieno in questa parte
e c’è una mano sul tavolino
una mano poggiata alla fronte.
Ansima un cane molto vicino.
Un’aria fresca dalla finestra.
Un vetro riflette una cima
di pianta da cui parte un filo
luccicante di ragnatela.
Popolata è la terra di sostanze
le belle forme ricoprono il pianeta
e la mano che scrive è così lieta ora
che pensa “offro questa pace
a chi è dentro una pena grande”.Si spicca in quel mentre un volo
e quel niente che accade
pare un andare a bere
nell’intera sostanza che nutre.
Una preghiera pare tutto
il cielo. Una preghiera il verde
delle piante.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Una farfalla vola il suo bianco”
“Una farfalla vola il suo bianco” è racchiusa all’interno di “Bestia di gioia”, forse la raccolta più celebre nata finora dalla penna di Mariangela Gualtieri.
Uscita nel 2010, “Bestia di gioia” raccoglie, in maniera più articolata del solito, cinque sezioni che trattano argomenti ben precisi: Naturale sconosciuto, Un niente più grande, Sponda degli insonni, Per solitario andare e Mio vero.
La poesia che abbiamo appena letto fa parte della prima sezione dell’opera, Naturale sconosciuto.
L’armonia nella scrittura
La poesia di Mariangela Gualtieri si sviluppa attraverso un linguaggio essenziale ma profondamente evocativo, ricco di figure retoriche che amplificano la percezione sensoriale e il valore simbolico delle immagini.
L’anafora dell’articolo indeterminativo (“una farfalla”, “un vetro”, “un’aria fresca”) conferisce un senso di universalità, come se ogni elemento fosse un frammento di un tutto armonioso.
La sinestesia gioca un ruolo cruciale: il cielo che “respira” nel sereno trasforma un dato visivo in un’esperienza tattile, quasi corporea, mentre il volo di una farfalla diventa l’espressione di un movimento etereo che sfiora l’invisibile. L’assenza di punteggiatura nella chiusura dei versi contribuisce a un flusso continuo, come se le immagini si rincorressero senza soluzione di continuità, lasciando spazio alla meditazione del lettore.
Inoltre, la personificazione della terra che è “popolata di sostanze” e del cielo che sembra una “preghiera” conferisce agli elementi naturali una dimensione sacrale, avvicinandoli all’esperienza umana. In questo modo, la scrittura di Gualtieri si configura come una fusione tra osservazione e introspezione, tra realtà e incanto, in un equilibrio che riflette il mistero della vita stessa.
La natura, magica protagonista
“Una farfalla vola il suo bianco” si nutre di un’immersione totale nella natura, la cui presenza è discreta ma ineludibile, diffusa nei dettagli che compongono la scena: la luce del mattino, l’aria fresca, la ragnatela luccicante.
La primavera, evocata senza essere nominata esplicitamente, si manifesta attraverso l’abbondanza di segni vitali, nel respiro del cielo e nel battito d’ali della farfalla.
La bellezza non è grandiosa né eclatante, ma risiede nelle minuzie che l’occhio attento riesce a cogliere: un filo di ragnatela che si illumina per un istante, la cima di una pianta riflessa nel vetro, un volo che si spicca senza clamore. La natura qui non è un mero sfondo, ma una compagna silenziosa che suggerisce una verità più ampia, un senso di interconnessione tra le cose.
Tutto pare immerso in una calma che sfiora il mistico, come se l’intero paesaggio fosse un organismo che respira e si nutre di un’energia condivisa.
La poesia diventa così un inno alla bellezza dell’impercettibile, alla grazia di ciò che esiste senza bisogno di essere celebrato, alla delicatezza con cui la natura si offre allo sguardo di chi sa contemplarla.
La vocazione della scrittura
Ma il cuore del componimento si trova forse in quel gesto umile e potentissimo: la scrittura che si fa dono per chi soffre.
“Offro questa pace a chi è dentro una pena grande” non è solo un pensiero, ma un atto di trasmissione, quasi un passaggio di energia capace di alleggerire il dolore altrui. La poesia, in questo senso, non è solo un mezzo espressivo, ma diventa uno strumento di cura, un luogo in cui il linguaggio si trasforma in balsamo per l’anima ferita.
La bellezza della natura, tradotta in versi, non rimane un’esperienza privata, ma si dilata per accogliere chi ne ha più bisogno.
Il cielo stesso si fa preghiera, come se l’armonia del mondo potesse rispondere, anche solo per un attimo, alle domande di chi si sente smarrito. In questa dimensione, la scrittura poetica si rivela un atto di resistenza alla sofferenza, un modo per trasformare l’angoscia in qualcosa di condivisibile, di luminoso, di fertile.
Mariangela Gualtieri ci invita così a credere che la poesia, con la sua capacità di cogliere il sacro nell’effimero, possa realmente portare conforto, come un soffio lieve che arriva proprio quando serve di più.