“Stringiti a me” di D’Annunzio, poesia che svela come il vero l’amore è dirsi tutto

11 Dicembre 2025

Scopri le parole di “Stringiti a me” di Gabriele D’Annunzio, la poesia in prosa che svela quanto l’amore abbia bisogno di verità per non dissolversi.

“Stringiti a me” di D’Annunzio, poesia che svela come il vero l'amore è dirsi tutto

Stringiti a me di Gabriele D’Annunzio è una poesia in prosa che porta alla luce il nucleo più vulnerabile e più assoluto dell’amore: il bisogno di verità. In queste righe non c’è seduzione, non c’è trionfo estetico, ma un’implorazione nuda, quasi dolorosa, a non fuggire, a non nascondere il tormento, a scegliere la sincerità come unica condizione possibile per restare.

D’Annunzio afferra l’amata con le parole non per possederla, ma per salvarla dalla solitudine del non detto, perché l’amore, nel suo pensiero, vive soltanto quando ogni ombra è condivisa e ogni ferita è detta. La poesia è la dichiarazione radicale che un rapporto non si fonda sulla passione, ma sulla trasparenza totale che sfida il tempo e la paura.

È questo il nucleo della sua forza: un’invocazione alla sincerità assoluta che brucia anche fuori dal romanzo, trasformando poche righe in un manifesto lirico sulla fragilità e sul bisogno reciproco.

Stringiti a me è in realtà un frammento poetico estratto capitolo “L’Impero del silenzio” del romanzo Il fuoco di Gabriele D’annunzio, pubblicato per la prima volta nel 1900. Il libro era progettato come primo volume della trilogia I romanzi del melograno, ma i volumi successivi non furono mai scritti.

Leggiamo questa stupenda poesia in prosa di Gabriele D’Annunzio per viverne le emozioni e comprenderne il significato.

Stringiti a me di Gabriele D’Annunzio

Stringiti a me,
abbandonati a me, sicura.
Io non ti mancherò
e tu non mi mancherai.

Troveremo, troveremo
la verità segreta
su cui il nostro amore potrà riposare
per sempre, immutabile.

Non ti chiudere a me,
non soffrire sola,
non nascondermi il tuo tormento!

Parlami,
quando il cuore ti si gonfia di pena.
Lasciami sperare
che io potrei consolarti.

Nulla sia taciuto fra noi
e nulla sia celato.
Oso ricordarti un patto
che tu medesima hai posto.

Parlami
e ti risponderò
sempre senza mentire.

Lascia che io ti aiuti,
poiché da te
mi viene tanto bene!

Dimmi
che non hai paura di soffrire…
Credo la tua anima
capace di sopportare
tutto il dolore del mondo.

Fa che io non perda la fede
in questa tua forza di passione,
per cui tu mi sei parsa
divina
più d’una volta.

Dimmi
che non hai paura di soffrire…

Non so; forse m’inganno…
Ma ho sentito in te un’ombra,
come una volontà disperata
di allontanarti,
di sottrarti,
di trovare un termine…

Perché?
Perché?…

E dianzi,
mentre guardavo
questa terribile desolazione
che ci sorride,
un grande spavento
mi ha stretto il cuore
all’improvviso

perché ho pensato
che anche il tuo amore
potrebbe mutare
come tutto,
passare,
dissolversi.

«Mi perderai.»

L’amore vive solo nella verità

Stringiti a me è una poesia di Gabriele D’Annunzio che mette al centro un’idea radicale dell’amore. Per il Vate un legame autentico può sopravvivere soltanto nella trasparenza. L’appello a non chiudersi, a non soffrire soli, a non nascondere il tormento diventa una richiesta di totale esposizione emotiva. L’amore non è custodito nei gesti di passione né nelle promesse di felicità ma nella scelta di dire ogni ombra, ogni tremore, ogni ferita.

Il poeta chiede che nulla sia taciuto e nulla celato perché il silenzio emotivo è il vero pericolo che corrode il rapporto. La sincerità diventa quindi un atto di coraggio che sfida il tempo e la paura. Stringiti a me è la dichiarazione che un legame non si regge sulla forza dei sentimenti ma sulla verità condivisa che permette ai sentimenti di non dissolversi.

Il contesto di Stringiti a me

Stingiti a me è in realtà un frammento  tratto dal capitolo intitolato L’Impero del silenzio del romanzo Il fuoco. È uno dei momenti più intensi della relazione tra Stelio Effrena, alter ego letterario di D’Annunzio, e La Foscarina, ispirata a Eleonora Duse.

Le parole della poesia nascono in uno dei punti più vulnerabili della storia tra Stelio e La Foscarina, quando la loro unione, fino ad allora vissuta come energia creatrice, si incrina sotto il peso della paura e della stanchezza. Venezia, con la sua luce dorata e la sua malinconia autunnale, diventa lo specchio di questa crisi.

Poco prima della poesia, Stelio ritrova La Foscarina nella Basilica di San Marco. È sola, appoggiata alla porta della cappella del Battistero. Il volto è consunto, gli occhi sono fissi sui mosaici come se vi cercasse una risposta. In quel momento emerge con forza un tormento che non riesce più a contenere. Quando Stelio le parla, lei pronuncia parole che svelano l’esaurimento emotivo in cui vive: chiede di essere lasciata sola, tenta di sottrarsi, sembra fuggire non dall’uomo ma dal peso di sé stessa.

La fuga prosegue nella città. Camminando nella laguna e nei luoghi della loro memoria, La Foscarina attraversa una serie di paesaggi che diventano proiezioni dei suoi pensieri. La bellezza di Venezia appare amplificata dal suo male: ogni riflesso, ogni figura scolpita, ogni dettaglio assume un significato inquieto.

Dentro di lei cresce l’ombra di Donatella, la giovane la cui lettera riapre il timore del confronto, della giovinezza che torna a reclamare il suo spazio. È questo il nodo che incrina la sua certezza e la spinge verso il silenzio e la solitudine.

Durante il lungo tragitto in battello verso Fusina, la tensione si fa insostenibile. La Foscarina è seduta accanto a Stelio, ma sembra distante, quasi assente. Ogni gesto rivela fatica, ogni sguardo rivela paura. La sua crisi non è più nascosta. Stelio percepisce che qualcosa si sta allontanando, che il legame rischia di dissolversi, che la donna che lo ha amato con dedizione totale sta pensando a una rinuncia definitiva.

È in questo momento che il tono della prosa si spezza e si trasforma. Le parole del frammento poetico nascono come risposta immediata alla possibilità della perdita. Sono un appello urgente, una mano che tenta di trattenere ciò che sta cedendo. La poesia non è dunque una parentesi lirica, ma l’espressione più pura di quel punto di rottura.

Stringiti a me è il tentativo di salvare l’amore nel momento esatto in cui l’amore sembra farsi cenere.

L’amore si salva solo quando tutto viene detto

La poesia di D’Annunzio  rivela una verità che attraversa tutta la poetica dannunziana. L’amore non sopravvive grazie alla passione ma grazie al coraggio della sincerità. Fin dall’inizio, l’invocazione “Stringiti a me” è il tentativo di impedire che il silenzio diventi distanza. Non è una richiesta di abbandono fisico ma una domanda di verità. La promessa “Io non ti mancherò e tu non mi mancherai” non costruisce un’immagine di felicità, costruisce un impegno morale.

La ricerca della “verità segreta” diventa allora il centro emotivo del testo. Stelio vuole fondare l’unione su qualcosa che non cambi, che non ceda, che sia più forte del tempo. Ma questa immutabilità può esistere solo se nulla resta nascosto. Per questo chiede che la pena sia detta, che il tormento sia consegnato, che nessuna ombra rimanga dentro di lei. È l’idea che l’amore si salva soltanto quando tutto viene rivelato.

Il momento più alto della poesia coincide con l’esaltazione della forza dell’amata.

Credo la tua anima capace di sopportare tutto il dolore del mondo

Il verso non è un elogio della sofferenza, è un modo per riconoscere una grandezza spirituale che ha già reso la donna «divina» ai suoi occhi. L’unione si eleva quando il dolore non divide ma accende una potenza interiore.

Poi il testo si incrina. La confessione “Forse m’inganno…” introduce la frattura. Le domande “Perché? Perché?” mostrano l’ingresso del dubbio, la percezione che un movimento sotterraneo stia allontanando la donna. La «terribile desolazione» che li circonda non è un paesaggio ma un simbolo. È l’immagine dell’amore quando passa dalla sicurezza al timore.

La chiusa «Mi perderai» è il punto di verità estrema. La forza invocata all’inizio si dissolve nella paura della caducità. L’uomo che aveva chiesto trasparenza come atto salvifico deve riconoscere che l’amore può cambiare «come tutto», che nessuna verità è abbastanza solida da trattenere ciò che sceglie di svanire.

In questa pagina vive il nucleo più fragile e più umano dell’amore. L’imperativo chiede eternità, ma la voce confessa vulnerabilità. È proprio questa contraddizione a rendere la poesia così potente. Stringiti a me è il luogo in cui l’assoluto si scopre mortale e in cui la sincerità diventa l’ultimo tentativo di trattenere ciò che sta già sfuggendo.

L’amore vero esiste solo dove si ha il coraggio di non nascondere nulla

Stringiti a me è il punto in cui l’amore dannunziano si rivela per ciò che è davvero: un confronto radicale con la verità. In queste parole si comprende che l’amore non è una forza che protegge dall’esistenza, ma un luogo che obbliga a guardare l’esistenza senza filtri. La trasparenza non viene invocata come virtù morale, ma come necessità vitale.

Per Stelio, ovvero per Gabriele D’Annunzio, amare significa parlare, mostrare ciò che ferisce, confessare il timore e il desiderio, non lasciare che il silenzio diventi una forma di distanza. L’unione è salda solo quando ogni ombra viene condivisa. Per questo il brano chiede che «nulla sia taciuto» e che «nulla sia celato». L’amore, nella sua forma più alta, non si costruisce sul non detto, ma sul coraggio di esporsi.

Ma la verità porta con sé anche un rischio. Nel momento stesso in cui pretende assolutezza, la voce poetica scopre l’inquietudine dell’irreparabile. La frase «Mi perderai» non è soltanto l’eco della paura, è il riconoscimento che nessun legame umano è immune al mutamento. L’immutabilità che Stelio desidera si incrina davanti alla consapevolezza che l’amore può cambiare, può affievolirsi, può dissolversi come ogni cosa.

È qui che il frammento poetico assume la sua grandezza. Non celebra un amore trionfante, ma un amore che deve lottare contro il tempo, contro la stanchezza, contro le ombre dell’anima. La poesia rivela che amare davvero significa accettare la possibilità della perdita. E che la sincerità, pur non garantendo la salvezza, è l’unica forma possibile di fedeltà.

Stringiti a me resta così una confessione luminosa e ferita. Una pagina che mostra come la verità renda l’amore più fragile, ma anche più profondo. Perché solo ciò che viene detto fino in fondo può sperare di restare.

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