“Adesso sono una pioggia spenta” è una poesia breve ed essenziale che, in pochi versi, riesce a esprimere l’intera poetica di Alda Merini, fatta di perdite, inciampi, e bisogni.
Tratta dalla raccolta “La volpe e il sipario”, si esprime a noi con “tu” evocativo, facendo in modo che l’intera lirica sia quasi un discorso a noi rivolto — o rivolto a qualcuno accanto a noi.
In “Adesso sono una pioggia spenta” Merini affronta il tema della perdita, del dolore come strumento di conoscenza e del bisogno di attraversare la sofferenza per poter davvero comprendere l’altro: un percorso necessario quanto l’accettazione di un lutto, che deve aver interiorizzato nei suoi anni trascorsi in degenza.
“Adesso sono una pioggia spenta” di Alda Merini
Adesso sono una pioggia spenta
dopo che l’orma del tuo cammino
si è fermata ai miei occhi.
Che ciglio devastante il tuo!
Come mi penetri le ossa!
Se piangessi, tu verresti a riprendermi.
Ma io ho bisogno del mio dolore
per poterti capire.
Merini non descrive semplicemente una condizione di dolore: la trasforma in una chiave di accesso al mistero dell’altro. Il “tu” di questi versi può essere un amante, una figura di riferimento, persino un ricordo — da qui il parallelismo con la perdita e il lutto; ma non importa la sua identità specifica: la presenza, e ancor più l’assenza, sono le tessere principali della poesia.
Il sentimento che esprime Merini diventa “devastante” (V. 4), penetra “nelle ossa” (V. 5) e lascia un segno che non si cancella. E, per paradosso, l’autrice lo scaccia: afferma di averne bisogno (V. 7), perché solo attraverso di esso riesce a capire (V. 8) — a capire quel “tu”.
Passaggi chiave
Il verso d’apertura, “Adesso sono una pioggia spenta”, che dà il titolo alla poesia, introduce subito un’immagine di desolazione: la pioggia, solitamente simbolo di purificazione o rinascita, in questo caso è “spenta”: un’acqua che non bagna più e che, se lo fa, non è associata né al battesimo (purificazione/rinascita), né alla nascita (uno sciabordio delle acque che ricorda l’utero materno). Non rinnova, ma rimane immobile, spenta appunto. È l’immagine di un’anima svuotata, incapace di generare vita.
“Dopo che l’orma del tuo cammino si è fermata ai miei occhi”
Il riferimento al cammino suggerisce un percorso condiviso che però si è interrotto. Gli occhi, specchio dell’anima, diventano il punto in cui questa orma si ferma: come se la visione fosse ormai solo memoria, e non più presenza.
“Se piangessi, tu verresti a riprendermi”
Dopo aver parlato del “ciglio devastante” (V. 4) capace di penetrarle nelle ossa (V. 5), emerge un ipotetico legame tra il dolore espresso (le lacrime) e la possibilità di essere recuperata da quello stesso ciglio — quantomeno dal suo proprietario. Come se il pianto fosse una chiamata, un grido capace di riportare la presenza.
“Ma io ho bisogno del mio dolore per poterti capire”
L’autrice non piange: ha bisogno del suo dolore per capire, e la poesia raggiunge il suo culmine. Il dolore non è un nemico, ma un mezzo. È il linguaggio attraverso cui l’altro si rende comprensibile.
Poetessa dei Navigli
Alda Merini, nata a Milano nel 1931, visse gran parte della sua vita nei quartieri popolari dei Navigli. La sua produzione poetica è segnata da un’esistenza travagliata: le ripetute degenze in ospedali psichiatrici, le difficoltà economiche, le passioni amorose spesso travagliate…
Merini ha conosciuto il dolore in forme estreme, eppure ha saputo trasformarlo in arte. La sua poesia è sempre stata un atto di resistenza, un modo per non soccombere. Ne “La volpe e il sipario”, raccolta che appartiene alla maturità, questa forza si fa ancora più lucida: l’autrice non idealizza il dolore, non lo nega, ma lo accoglie come parte integrante della vita e dell’amore.
Non è un caso che la poetessa dichiari di avere “bisogno” del dolore: nella sua esperienza personale, la sofferenza è stata spesso l’unico legame con la realtà e con gli altri. Non a caso parlava dei suoi amori come di “piaghe” e insieme di “rivelazioni”. In questi versi la dimensione autobiografica si intreccia con una riflessione universale: chi non ha mai sentito, almeno una volta, il bisogno di restare nel proprio dolore per dare senso a un’assenza?
Amore e dolore
La poesia “Adesso sono una pioggia spenta” di Alda Merini è un frammento che contiene un universo intero. In otto versi la poetessa condensa la sua visione della vita: l’amore e il dolore non sono opposti, ma facce della stessa medaglia.
Per amare e capire, occorre passare attraverso la sofferenza, lasciarsi ferire, accettare di non guarire del tutto.
Nella sua voce risuona l’eco di un’esperienza personale drammatica, ma anche la consapevolezza che la poesia può dare forma a ciò che appare indicibile. Questa lirica è un inno alla fragilità umana, ma anche alla sua forza: perché solo chi accetta il dolore può arrivare a un’autentica comprensione dell’altro.