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“Sono nata il ventuno a Primavera” di Alda Merini, la geniale poesia può nascere dalla follia

Scopri il significato di "Sono nata il ventuno a Primavera", la poesia autobiografica di Alda Merini sulla primavera metafora della follia creativa.

Sono nata il ventuno a primavera di Alda Merini è una poesia autobiografica in cui la poetessa mette in scena la sua vita e la stretta connessione tra il giorno della sua nascita, l’arrivo della primavera, e la tempestata vita che ha dovuto affrontare.

La primavera è la stagione della rinascita, della vita. Ma, marzo è anche il mese “pazzerello”, contiene quel simbolico pizzico di follia, che coincide con la purtroppo tormentata “esistenza della poetessa dei Navigli.” Era il 21 marzo 1931 quando veniva alla luce la grande poetessa milanese e durante il percorso della sua vita ha dovuto versare lacrime amare.

Sono nata il ventuno a primavera è contenuta nella raccolta di poesie Vuoto d’amore di Alda Merini, curata da Maria Corti e pubblicata nel 1991.

In occasione della Giornata Mondiale della Poesia, istituita durante la Conferenza Generale UNESCO nel 1999, leggiamo questa breve ma intensa poesia di Alda Merini per viverne le emozioni e comprenderne il significato.

Sono nata il ventuno a primavera di Alda Merini

Sono nata il ventuno a primavera
ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
Così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
Forse è la sua preghiera.

La primavera diventa metafora della follia esistenziale

Sono nata il ventuno a primavera è una poesia di Alda Merini attraverso la quale la poetessa riflette proprio sul legame tra la sua vita tormentata, tempestosa, folle e la data della sua nascita, coincidente appunto con l’inizio della stagione più fiorita, ma pure più irrequieta; un po’ folle, per l’appunto.

Dichiara la poetessa in un’intervista a cura di Luciano Minerva per la Rai:

Il 21 marzo è la festa mondiale della poesia, ma il 21 come inizio della primavera è un caso, primavera è folle perché è scriteriata, perché è generosa. Però incontra anche il demonio. E io l’ho incontrato il demonio. Era il manicomio.

Un’esistenza che incontra la folle primavera della vita

Nove brevi versi, ma ricchi di significato e di sentimento. In Sono nata il ventuno a primavera poesia, follia, primavera si fondono in un’unica cosa per donare un componimento dal tono è delicato ma carico di significato simbolico.

Il primo verso della poesia  sottolinea la nascita della poetessa in un giorno di primavera, il ventuno marzo, data che coincide con l’inizio della stagione della rinascita. Tuttavia, la sua nascita non è solo un evento naturale, ma anche un atto che porta con sé qualcosa di imprevedibile: la follia, che può essere letta sia come genialità che come sofferenza interiore.

La poetessa riflette sulla sua pazzia e si domanda perché nascere folle, “aprire le zolle”, ossia essere fuori dagli schemi, possa suscitare scandalo. “Aprire le zolle” però significa anche rompere la terra per far emergere qualcosa di nuovo.

La follia, riconosce la stessa Alda Merini, non è qualcosa di oscuro, ma è qualcosa di vitale, che l’ha portata ad essere l’artista che tutti noi conosciamo ed amiamo. Così la poetessa si pone delle domande: “perché questa pazzia, che non nuoce a nessuno, è stata considerata come un’erbaccia cattiva da estirpare, che avrebbe avvelenato e distrutto il resto del raccolto, come una tempesta che rovina e spazza via i frutti della terra?”.

In un’immagine allegorica ed ermetica, due tratti tipici della scrittura di Merini, la poetessa cita Proserpina. L’immagine di Proserpina, dea della primavera ma anche regina dell’oltretomba, richiama il tema della dualità: vita e morte, luce e ombra, gioia e dolore. Sono i tratti tipici della follia.

Proserpina vedendo piovere sui suoi frutti, “sui grossi frumenti gentili”, scoppia a piangere. Le sue lacrime sono cariche di dolore, ma anche di speranza, proprio come una preghiera.

È proprio la speranza che ha sempre accompagnato la vita della poetessa, che ha fatto in modo che lei continuasse a lottare, nonostante il dolore, il demonio del manicomio, per affermare la primavera che aveva in sé.

Una poesia breve ma che affronta importanti temi

1. Il giorno della nascita sembra segnare il destino della vita

La poetessa apre la poesia con un’affermazione semplice e diretta:”Sono nata il ventuno a primavera”. Questa nascita viene subito connotata con un significato particolare. Non è solo l’inizio della vita, ma anche l’ingresso in un destino segnato dalla follia e dalla sofferenza. Non scegliamo noi di nascere, ma nel momento in cui si arriva in Terra, ci si ritrova ad affrontare ciò che la vita pone davanti.

La primavera è per eccellenza la stagione della rinascita, del rinnovamento e della vitalità, ma per Alda Merini non è solo sinonimo di gioia. La “bella stagione” porta con sé anche un’energia caotica, che può scatenare tempeste. Il verbo “scatenare” suggerisce un evento incontrollabile, come se il suo stesso venire al mondo avesse avuto conseguenze imprevedibili e tumultuose.

Il tema del destino diventa evidente. Alda Merini sembra suggerire che la sua esistenza fosse già segnata sin dalla nascita, destinata a essere fuori dall’ordinario, caratterizzata da una sensibilità estrema e da una forma di “follia” che non è solo negativa, ma anche creativa.

2. Dietro ogni forma di grande creatività c’è sempre un pizzico di follia

“Ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta.” Il concetto di follia è centrale in tutta l’opera di Alda Merini, sia come esperienza personale, il suo internamento in manicomio, sia come metafora della genialità e dell’estrema sensibilità.

La follia è una condanna. La società tende a escludere e stigmatizzare chi è diverso. Il fatto di vivere la follia, per la la poetessa è una chiara manifestazione che Alda Merini ha avuto dentro di sé qualcosa di incontenibile e incompreso.

Quindi la follia diventa energia creativa, offre la possibilità di vedere il mondo in modo diverso, di aprire orizzonti nascosti agli altri. “Aprire le zolle” è un’immagine legata alla terra, al seminare, al far nascere qualcosa di nuovo. Chi fa poesia è colui che scava in profondità e porta alla luce verità nascoste. La “Tempesta interiore”, ovvero la creatività e la follia possono generare bellezza, ma anche dolore e caos. L’immagine della tempesta richiama il turbamento psicologico, ma anche l’impeto dell’ispirazione poetica, che può essere travolgente. La sensibilità estrema può essere un dono e una condanna al tempo stesso.

3. La dualità è intima nell’animo di chi incontra la follia

Il riferimento mitologico a Proserpina è molto significativo. Nella mitologia romana, Proserpina, Persefone nella mitologia greca, è la dea della primavera, ma è anche costretta a passare metà dell’anno negli Inferi dopo essere stata rapita da Plutone.

Proserpina diventa quindi un simbolo della dualità tra luce e oscurità, vita e morte, gioia e dolore. Questo si riflette nella figura della poetessa stessa, sospesa tra momenti di creatività e periodi di sofferenza profonda.

La frase “piange sempre la sera” rende evidente il momento della sofferenza, quando ci si ritrova soli a dover subire le contraddizioni della vita. Per certi versi il pianto di Proserpina è il simbolo di chi è costretto a vivere diviso tra due mondi, tra la bellezza della vita e il peso delle sue ombre.

4. La sofferenza è anche rinascita

L’ultimo verso, “Forse è la sua preghiera”, lascia aperta un’interpretazione profonda: Il pianto può essere come preghiera. La sofferenza non è solo dolore sterile, ma può diventare un modo per comunicare con il divino, per cercare conforto. Anche la stessa poesia può diventare preghiera. Il semplice atto di esprimere in versi il proprio dolore può avere un valore spirituale, una sorta di elevazione dell’anima.

Il dolore della vita, per Alda Merini, potrebbe avere un senso più grande: la sofferenza può trasformarsi in una forma di dialogo con l’infinito.

Grazie splendida poetessa dei Navigli, da parte nostra ringraziamo il 21 marzo, perché ci ha donato i tuoi natali. Buon Compleanno, ovunque tu sia.

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