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Giosuè Carducci e “Sole d’inverno”, l’amore che illumina la vita

"Tu sei come il sole d'inverno, che fa scomparire le nuvole di tristezza". Con la romantica poesia "Sole d'inverno" ricordiamo Giosuè Carducci in occasione dell'anniversario della sua scomparsa.

Il 16 febbraio 1907 scompariva a Bologna Giosuè Carducci, poeta, scrittore e rinomato critico letterario. Lo ricordiamo leggendo “Sole d’inverno”, una sua poesia che, seppur non essendo annoverata fra i componimenti più celebri e amati scritti dall’autore, rappresenta un meraviglioso esempio della vocazione di Carducci, che in “Sole d’inverno” descrive con dolcezza la forza dell’amore. La poesia, che in un primo momento era stata pubblicata con il titolo di “Nel solitario verno dell’anima”, è racchiusa nella raccolta “Terze odi barbare“.

L’amore che spazza via la tristezza

Con la bellissima “Sole d’inverno”, Giosuè Carducci ci racconta la straordinarietà dell’amore. Che si rivolga alla donna amata o alla sua musa ispiratrice di versi e poesie, è chiaro che la presenza de “la dolce imagine” che “spunta nel solitario verno de l’anima” rende la vita del poeta degna di essere vissuta:

“Nel solitario verno de l’anima
spunta la dolce imagine,
e tócche frangonsi tosto le nuvole
de la tristezza e sfumano.

Già di cerulea gioia rinnovasi
ogni pensiero: fremere
sentomi d’intima vita gli spiriti:
il gelo inerte fendesi”.

L’amore è in grado di spazzare via ogni tristezza, ogni oscurità, ogni gelido inverno che, metaforicamente, allude alle difficoltà della vita. L’amore che prova Carducci possiede una forza che sembra essere addirittura innaturale, e che spicca nel cuore dell’autore rispetto alle esperienze già trascorse. Siamo dinanzi a versi di bellezza inaudita, che esprimono sentimento e gratitudine grazie alla metafora dell’inverno e del sole che scalda e risolve:

“Scendono, e in limpido fiume dilagano,
ove le rive e gli alberi
e i colli e il tremulo riso de l’aere
specchiasi vasto e placido.

Tu su la nubila cima de l’essere,
tu sali, o dolce imagine;
e sotto il candido raggio devolvere
miri il fiume de l’anima”.

“Sole d’inverno” di Giosuè Carducci

“Nel solitario verno de l’anima
spunta la dolce imagine,
e tócche frangonsi tosto le nuvole
de la tristezza e sfumano.

Già di cerulea gioia rinnovasi
ogni pensiero: fremere
sentomi d’intima vita gli spiriti:
il gelo inerte fendesi.

Già de’ fantasimi dal mobil vertice
spiccian gli affetti memori,
scendon con rivoli freschi di lacrime
giú per l’ombra del tedio.

Scendon con murmuri che a gli antri chiamano
echi d’amor superstiti
e con letizia d’acque che a’ margini
sonni di fiori svegliano.

Scendono, e in limpido fiume dilagano,
ove le rive e gli alberi
e i colli e il tremulo riso de l’aere
specchiasi vasto e placido.

Tu su la nubila cima de l’essere,
tu sali, o dolce imagine;
e sotto il candido raggio devolvere
miri il fiume de l’anima”.

Chi è Giosuè Carducci

Giosuè Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello, vicino Lucca. Dopo i primi studi, nel 1853, viene ammesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa dove uscirà, laureato in Filologia, nel 1856.

Partecipa agli incontri della società “Amici Pedanti” che si batte per un immediato ritorno al classicismo della letteratura contro la modernità e le nuove idee del Romanticismo. Dopo la morte del fratello, nel 1870 Giosuè Carducci perde la madre e uno dei figli avuti nel primo matrimonio, eventi che sconvolgono la vita del poeta e segnano profondamente la sua produzione.

Nel 1890, Giosuè Carducci diventa il vate dell’Italia umbertina e viene nominato senatore del Regno. La sua carriera viene coronata dall’ottenimento del premio Nobel per la letteratura nel 1904. A pochissimi anni da questo meritato successo, Giosuè Carducci viene a mancare per una broncopolmonite: è il il 16 febbraio del 1907.

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