“Si arriva qui” (2024) di Mariangela Gualtieri, la poesia da leggere in un tempo che fugge

24 Giugno 2025

“Si arriva qui”, una poesia breve e intensa di Mariangela Gualtieri, ci insegna a sostare, a vivere i momenti di silenzio come forma di preghiera. Un invito profondo alla consapevolezza.

“Si arriva qui” (2024) di Mariangela Gualtieri, la poesia da leggere in un tempo che fugge

Viviamo in un tempo veloce. Un tempo che chiede risposte prima ancora che ci sia stata una domanda. Eppure, ogni tanto, qualcosa ci sospende. Una parola, un paesaggio, un gesto semplice che ci costringe a stare. A sentire. A esserci davvero. La poesia “Si arriva qui” di Mariangela Gualtieri, contenuta nella sezione Selvatico sacro della raccolta Ruvido umano (Einaudi, 2024), è una di quelle rare creazioni che ci riportano al centro.

Al silenzio che parla, alla domanda che precede ogni risposta. Una poesia piccola, sette versi. Ma dentro c’è il mare, c’è l’uomo, c’è il sacro. C’è il senso di una sosta che può cambiare tutto.

“Si arriva qui” di Mariangela Gualtieri

Si arriva qui, sulla punta estrema
del molo. Si sosta un po’ –
lunga occhiata lontano. E poi
si torna indietro. Cosa si viene
a prendere – o a portare, cosa
si lascia? cosa si domanda?
Questo il nostro pregare. Senza
che noi stessi lo sappiamo.

Il significato di questa poesia

Sulla soglia del mondo

La poesia si apre come una scena in pellicola lenta: “Si arriva qui, sulla punta estrema / del molo”. È un gesto archetipico, quasi rituale. Si cammina fino al margine, dove la terra finisce e comincia l’acqua, il movimento.

Il molo è un luogo liminale, simbolico: non è più terraferma, ma non è ancora mare. È una soglia, e le soglie – nella poesia di Mariangela Gualtieri – sono luoghi di verità.

Ci si ferma, “si sosta un po’”. Il verbo è impersonale, collettivo. Non “mi fermo”, ma si sosta. Questo gesto assume un valore universale: è dell’essere umano, non solo del poeta.

Il verso successivo, “lunga occhiata lontano”, è un’intuizione cinematografica e spirituale. Guardare lontano non è solo ammirare l’orizzonte, ma chiedere al mondo – e a sé stessi – qualcosa che non ha ancora nome.

Domande senza padroni

La seconda metà della poesia si articola in domande. Non ce n’è una che abbia risposta certa: “Cosa si viene / a prendere – o a portare, cosa / si lascia? cosa si domanda?”

Mariangela Gualtieri non offre una soluzione, non guida il lettore, ma accende la consapevolezza che ognuno, anche senza saperlo, si porta dentro queste domande. Non appena si entra in uno spazio di sosta – che sia un molo, un tramonto, una pagina bianca, o anche solo il respiro profondo che precede una scelta – ecco che qualcosa si muove.

Queste domande sono esistenziali, ma non gridate. Sono poste a voce bassa, come si fa quando si è vicini al sacro. E proprio qui arriva il verso che dà profondità all’intera poesia: “Questo il nostro pregare. Senza / che noi stessi lo sappiamo.”

È una dichiarazione potente, ma lieve. La preghiera, nella poetica Mariangela Gualtieri, non ha nulla di confessionale o dogmatico. È il gesto stesso del fermarsi, del sentire il mondo con attenzione. Il pregare diventa un’azione dell’anima che non ha bisogno di templi, solo di spazio. E soprattutto: avviene spesso all’insaputa di chi prega. È una vibrazione del vivere consapevole.

Una poetica del sacro immanente

Mariangela Gualtieri, fondatrice del Teatro Valdoca e voce limpida della poesia italiana contemporanea, ha fatto della parola un rito. In tutta la raccolta Ruvido umano – e in particolare nella sezione Selvatico sacro – emerge un’idea di spiritualità incarnata, concreta, vicina alla terra e alla natura.

Il sacro non è un altrove: è qui, nei gesti minuti. In quel “sostare” che ci salva dalla deriva. La poesia Si arriva qui non è solo un testo da leggere. È un invito a vivere diversamente il tempo. A restituire valore alle pause, ai bordi, alle soglie.

A comprendere che anche un gesto semplice, come camminare fino al molo e guardare lontano, può essere un atto sacro. Una preghiera senza parole, senza dogmi, senza scenografie.

Una lettura per chi cerca profondità

In un mondo che ci spinge continuamente avanti, Gualtieri ci invita a tornare indietro. A sostare. A chiederci cosa portiamo e cosa lasciamo.

È una lettura perfetta per chi sente il bisogno di rallentare, di ritrovare uno spazio in cui ascoltare il silenzio, in cui riconoscere la presenza viva del momento. Ruvido umano, la raccolta che ospita questa poesia, è uno dei libri più intensi e necessari del 2024.

Pubblicato da Einaudi, si colloca nella scia del lavoro poetico più maturo di Gualtieri, intrecciando tensione civile, attenzione ecologica, spiritualità laica e linguaggio corporeo.

Da rileggere nei giorni stanchi

“Si arriva qui” è una poesia da portare con sé come una conchiglia, da rileggere nei giorni stanchi, nei momenti in cui il mondo sembra rumore. È un testo che non urla, ma accompagna.

Che non spiega, ma risveglia. E ci ricorda che, anche quando non lo sappiamo, stiamo pregando. Pregare, forse, è solo questo: guardare lontano, fermarsi un attimo, lasciare che qualcosa dentro si faccia domanda. E questo, oggi più che mai, è un atto rivoluzionario.

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