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“Scansatini” (2018) di Giovanna Cristina Vivinetto, una struggente poesia per imparare ad amarsi

Una struggente poesia per celebrare la diversità. Una poesia per celebrare il Coming Out Day: "Scansatini", della giovane e promettente Giovanna Cristina Vivinetto.

La poesia che abbiamo scelto di condividere con voi questa sera si intitola “Scansatini“, ed è stata composta da una giovane autrice siciliana, Giovanna Cristina Vivinetto. Racconta, attraverso l’anafora del lemma dialettale “Scansàtini”, il dolore che abita le membra di chi vive la disforia di genere e per questo viene discriminato, posto ai margini della società.

In occasione del Coming Out Day, scopriamo gli emozionanti versi di Vivinetto pensando a quanto sia difficile, sebbene siamo figli dell’epoca della liquidità, vivere la propria identità di genere con serenità e senza discriminazioni socio-culturali.

“Scansatini” di Giovanna Cristina Vivinetto

Al mio paese esiste una parola
nitida come un chiodo
un motivo che scongiura il male.

«Scansatini» è una preghiera,
un inno altissimo alla preservazione
di se stessi. «Fa’ che non accada»,
sentivo bisbigliare spesso
«Fa’ che non diventi così», e poi
all’improvviso le labbra si serravano
e le parole assumevano un accento
arcano, quasi inviolabile.

Eppure gli «Scansatini, Signuri»
tornarono uno ad uno: il male
da scansare fu concepito tutto
nel mio grembo – ma non ci furono nuovi
spergiuri da formulare, parole
che annullassero parole, mani
da alzare al cielo per fingersi
inutilmente sorpresi, feriti.

Allora ci fu solo da sbrogliare
gli anni subìti, mettere a posto
le parole e liberare all’aperto
quello che a mani giunte si temeva.
E quel mostro che in tanti anni
avevo allontanato, fu assai più
docile quando, abolite le catene,
lo presi infine per mano.

Il significato di “scansatini”

Giovanna Cristina Vivinetto attinge all’immaginario collettivo e al vocabolario siciliano per raccontare una storia che appartiene a lei e a tanti altri giovani che scoprono la propria disforia di genere. “Scansatini”, infatti, è una delle sei poesie che compongono la raccolta “Dolore minimo“, interamente dedicata alla tematica.

“Scansatini”, che viene ripetuto a mo’ di cantilena lungo tutto il componimento, è un termine dialettale che viene pronunciato dalla gente quando ci si trova dinanzi ad una situazione che non si vorrebbe mai sperimentare, e che dunque si allontana con uno scongiuro:

«Scansatini» è una preghiera,
un inno altissimo alla preservazione
di se stessi. «Fa’ che non accada»,
sentivo bisbigliare spesso
«Fa’ che non diventi così», e poi
all’improvviso le labbra si serravano
e le parole assumevano un accento
arcano, quasi inviolabile.

Tutta la poesia si costruisce attorno alla “preghiera”, che suona come una formula magica, e ad una patina di non detto che cela il grande dolore dell’io lirico.

La protagonista sente dentro di sé un groviglio, una somma di dolori, sguardi, pregiudizi e paure che la attanagliano e la fanno sentire un mostro.

Poi, l’incredibile ed emozionante scoperta che chiude il componimento, e fa sentire un po’ mostri, un po’ docili, anche noi: gli anni di pregiudizi, di occhiate curiose e maliziose, di chiacchiere di cortile hanno accresciuto la paura di avere le sembianze di un mostro.

Con tanto lavoro e dedizione, l’io lirico di “Scansatini” però ha capito. C’era solo da guardarsi allo specchio, da accarezzare le ferite, per scoprire la vera identità di quel “mostro”, che altro non è che una docile creatura, spaventata ma pronta a vivere di luce nuova.

Ancora troppe discriminazioni

Quando Giovanna Cristina Vivinetto parla del chiacchiericcio della gente come di un male che si instilla nella parte più profonda delle sue viscere, usa l’immagine del grembo, che di solito è simbolo di vitalità ed energia positiva, per raccontare il pregiudizio come una grave malattia che si radica nel corpo della società come farebbe un fastidioso parassita.

Quanti parassiti esistono, ancora oggi. Qualcuno potrebbe obiettare che da qualche anno le cose sembrano essere cambiate, che i pregiudizi nei confronti delle identità di genere sta via via scemando.

Questo è soprattutto vero se pensiamo alle nuove generazioni, che fanno della fluidità e della libertà in ogni sua forma il loro ideale più alto. Il nostro paese, però, non è fatto di giovani. In Italia, l’indice di vecchiaia ha sfiorato due anni fa il 188%. I ragazzi sono in assoluta minoranza. I genitori e i nonni, nella maggior parte dei casi, continuano a pensarla come il popolo descritto in “Scansatini”.

Alla difficoltà di comprendersi, di scoprirsi diversi, si somma non di rado il disagio di dover comunicare le proprie scelte e la scoperta della propria identità di genere a una famiglia che non capirebbe, che si sentirebbe crollare il mondo addosso. Così ci si ammala, si fanno pensieri negativi, si soccombe per non dare dispiacere agli altri. Si preferisce snaturarsi, piuttosto che dire la verità a se stessi e agli altri.

Per queste ragioni Giovanna Cristina Vivinetto è una voce preziosa: non solo per il valore altissimo delle sue poesie, ma anche perché ha avuto il coraggio e la forza di affermare se stessa, urlando a gran voce che i problemi non si nascondono sotto il tappeto per paura del giudizio; è chi giudica che dovrebbe vergognarsi.

E condividendo la sua preghiera, speriamo anche noi che certe dinamiche, che rendono la nostra società malata, smettano di esistere, e che con il tempo – speriamo non troppo – ciascuno sia libero, libera, liber* di essere chi è.

Giovanna Cristina Vivinetto

Giovanna Cristina Vivinetto è una giovane poetessa ed insegnante siciliana. Nata a Siracusa nel 1994 e laureata in Lettere moderne con una tesi Letterature comparate sull’irradiazione letteraria del mito di Fedra, Vivinetto si è poi specializzata in Filologia moderna a Roma con l’idea di intraprendere la strada dell’insegnamento.

Nel frattempo, coltiva la sua più grande passione, la poesia. I temi prediletti dalla poetessa sono quelli intimistici, dell’identità di genere. In Italia è la prima voce in assoluto ad aver trattato in versi la tematica della transessualità e della disforia. Ha pubblicato con Interlinea “Dolore minimo” (2018) e con Bur “Dove non siamo stati” (2020).

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